Accadde oggi: Milan-Liverpool, ovvero la disfatta di Istanbul

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Il 25 maggio 2005 il Milan di Carlo Ancelotti si ripresentava in finale di Champions League, a Istanbul, appena due anni dopo quella storica e vittoriosa finale del 2003 contro la Juventus. A sfidarlo c’era il Liverpool di Rafa Benitez, che nel suo percorso aveva già eliminato la Juventus di Fabio Capello.

Nella città del Bosforo, davanti a oltre 60.000 spettatori, Ancelotti schiera la sua formazione migliore. Dida, difesa con capitan Maldini, Nesta, Stam e Cafu, centrocampo a rombo con Pirlo vertice basso e Seedorf e Gattuso al centro. Kakà è il trequartista a ridosso dei due attaccanti, Crespo e Shevchenko. Pronti via, passano 53 secondi e il Milan è avanti. Paolo Maldini con un tiro al volo batte il portiere Jerzy Dudek, capitalizzando l’assist su punizione di Pirlo. Maldini, il più anziano in campo con i suoi 36 anni appena compiuti, gloria eterna del calcio italiano, ha già spezzato l’equilibrio della massima finale europea. Sembra tutto già scritto nel destino.

Anche perché il Milan domina. E colpisce ancora. Dopo un gol annullato a Shevchenko, al 38′ Kakà imbecca l’ucraino che rasoterra serve Crespo. Da rapace d’area, l’argentino in torsione batte nuovamente Dudek. Passano cinque minuti, e ancora Kakà lancia in contropiede Crespo. Palla con il contagiri e tocco sotto del numero 11 rossonero, 3-0. “The difference between the two teams is massive”, dice il telecronista inglese. Intervallo.

Nei primi minuti della ripresa il copione non cambia, è il Milan ad avere in mano la partita. O così sembra. Fino ai famigerati sei minuti di follia. Al 55′ la prima indecisione: uno svagato Stam resta a centro area a guardare il cross avversario. Poco lontano da lui Gerrard, inspiegabilmente solo, segna di testa il 3-1. Sembra soltanto un attimo di sbandamento dopo un’ora di dominio milanista, ma un minuto più tardi Smicer calcia dalla distanza un tiro senza pretese. Dida fa l’arrosto, arriva sul pallone ma non riesce a respingerlo con forza. La sfera schizza in porta, è 3-2.

Passano cinque minuti e l’incubo si materializza, con l’ennesima ingenuità.  Barros fa sponda per Gerrard che di gran corsa si è incuneato nella voragine apertasi nella difesa rossonera. Gattuso lo insegue disperatamente, e finisce per stenderlo. Rigore netto. Xabi Alonso va dal dischetto, Dida si fa perdonare e respinge, ma sulla ribattuta lo spagnolo mette dentro. 3-3.

La partita dopo questi folli sei minuti torna sui binari del primo tempo, ma la dinamica psicologica è ribaltata. Sugli spalti, il tifo milanista è terrorizzato, quello dei reds galvanizzato. In campo, il Milan diventa contratto, ansioso, inceppato, per quanto il Liverpool faccia pochissimo per cercare il gol. Ma nonostante questo, i rossoneri hanno le forze per spingere ancora. Dudek la stava per combinare su un cross di Kakà, il pallone gli sfugge ma è Traore che chiude lo specchio alla conclusione di Shevchenko a porta vuota. E nel finale, Kakà da due passi non riesce a deviare adeguatamente una sponda di Stam sugli sviluppi di un corner. Supplementari.

Supplementari dove non accade praticamente nulla, fino al 118′. Serginho crossa dalla trequarti, Hyypia va a vuoto, Shevchenko schiaccia di testa al limite dell’area piccola. La palla rimbalza davanti a Dudek, che riesce a respingere in avanti. Sull’inerzia della corsa Shevchenko raggiunge per primo la respinta e calcia al volo da un metro, con Dudek che si sta ancora rialzando. Incredibilmente, il portiere polacco respinge ancora, forse d’istinto, alla cieca, con i pugni, forse con l’avambraccio. Rigori.

“Quando subimmo le prime due reti avvertimmo lo schiaffo, poi dopo la terza non potevamo semplicemente credere ai nostri occhi. Una volta arrivati ai rigori, capii che era già persa” (Cafù)

Ai rigori i rossoneri si ritrovano contro un Dudek versione ballerino, galvanizzato dall’ultimo intervento miracoloso. Il precedente è di un altro portiere del Liverpool, Bruce Grobbelar, nella finale dell’Olimpico di ventun anni prima, contro un’altra italiana, la Roma. All’epoca, Bruno Conti e Graziani spararono alto di fronte alle provocazioni del numero 1 sudafricano. A Istanbul, prima Serginho manda sopra la traversa, poi Pirlo si fa ipnotizzare e calcia male dal lato che vuole Dudek.

A battere il quinto rigore si presenta Shevchenko. Si aggiusta i capelli, come a voler darsi un tono, a voler esser impeccabile. D’altronde, è il Pallone d’Oro in carica. Ma a quel rigore non sembra crederci più neanche lui. Calcia centrale, non forte, con l’idea di spiazzare il portiere. Un colpo d’astuzia, perché non c’è altra risorsa fisica e mentale a cui attingere, per provare a mandare in porta quel pallone che vuol dire continuare a sperare. Dudek va a sinistra, pare battuto, ma la palla si muove leggermente verso la sua direzione. Con il braccio di richiamo la respinge. Liverpool batte Milan 3-2 ai calci di rigore, dopo il 3-3 alla fine dei tempi supplementari. Istanbul è l’inferno del diavolo rossonero.