Accadde oggi: scoppia la “Guerra del Calcio”

C’è una citazione attribuita a Wiston Churchill sugli italiani, il calcio e la guerra. Dice che “vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse una guerra”. L’ex primo ministro britannico, simbolo della vittoria alleata durante la seconda guerra mondiale, chissà cosa avrebbe avuto da dire riguardo a El Salvador e Honduras. I due paesi, pochi anni dopo la sua morte, si sarebbero affrontati in un breve ma sanguinosissimo conflitto. Innescato da una partita di calcio.

La “Guerra del Calcio” tra i due paesi centroamericani non è affatto un’iperbole. Non si parla di una partita dura, o solo di scontri fra tifoserie rivali o fra ultras e forze dell’ordine. Si parla di un vero e proprio conflitto armato, durato appena quattro giorni e detto anche “guerra delle cento ore”. A scatenarla, le tre sfide (andata, ritorno e spareggio) delle semifinali per le qualificazioni dei Mondiali, zona CONCACAF, giocate tra l’8 e il 26 giugno.

Le partite furono già caratterizzate da una tensione fortissima per le strade e sugli spalti, a causa della complicata situazione politica e diplomatica tra i due paesi. A spuntarla sul campo da gioco fu El Salvador, vincitore per 3-2 dopo i supplementari nel campo neutro di Città del Messico, dopo che ciascuna nazionale si era imposta sulla rivale nello stadio di casa. Poche ore dopo il termine del match, l’Honduras ruppe le relazioni diplomatiche con il paese vicino.

Storicamente, i due Stati non sono mai stati in buoni rapporti. Entrambe nell’orbita USA, erano due nazioni prevalentemente agricole, dominate dal latifondo e dalle multinazionali. El Salvador, per una felice congiuntura economica e condizioni più favorevoli, cresceva a ritmi più elevati, forte di maggiori investimenti americani. La sua fase economica favorevole era però inficiata dalle ridotte dimensioni del territorio, privo peraltro di uno sbocco sull’Atlantico. El Salvador così si ritrovò con una sovrabbondanza di popolazione rispetto alle risorse di cui disponeva.

Nel 1967 il paese fece emigrare oltre 300 mila agricoltori nel vicino Honduras, più povero e con maggiore disponibilità di terra, in seguito a un accordo con esso stipulato. A causa di forti tensioni interne, lo Stato honduregno requisì, solo due anni dopo, le terre incolte che aveva assegnato agli emigrati salvadoregni, espellendoli. L’afflusso di un così gran numero di contadini infatti aveva immiserito ulteriormente gli agricoltori locali, visto il rifiuto da parte del governo di procedere ad una riforma agraria. La maggior parte delle terre del paese rimanevano in mano a multinazionali americane e grandi latifondisti, e per abbassare la pressione sui contadini più poveri si puntò proprio a quei terreni messi a coltivazione dai salvadoregni.

Le partite non furono altro che la sede per le prove generali dello scontro. El Salvador, il 14 luglio 1969, compì un attacco preventivo contro l’Honduras. Il livello di violenza fu altissimo, con varie vittime su entrambi i fronti. Due settimane dopo il 3-2 di Città del Messico, iniziò dunque la “guerra del calcio”.