Buona la prima, attesa (in)finita

Prima

Nonostante i mille impedimenti e una condizione mondiale al limite, a prendersi le scene dell’ultimo weekend è tornata la Serie A. Fosse stata una stagione “normale”, avremmo potuto scrivere “finalmente, dopo tanta attesa”. Ma dalla chiusura della scorsa stagione sono passati poco meno che cinquanta giorni e il mercato è ancora aperto, cosicché l’attesa perde tutte le sue caratteristiche temporali, per vestirsi di puro sentimento, quello che ci pervade quando non vogliamo altro che vedere le nostre squadre in campo.

In campo, per prime, ci sono finite Fiorentina e Torino: hanno aperto le danze. È arrivata la prima vittoria meritata per la Viola, inevitabilmente la prima sconfitta per il Torino.
La partita si è mantenuta per molto tempo in costante equilibrio, sembrava non potesse prevalere nessuno, soprattuto perché Sirigu si è confermato il Sirigu delle passate stagioni, tra i primi tre portieri del campionato. Tra le due squadre si è aperto, però, improvvisamente uno scarto segnato dall’intensità e dalla brillantezza. In quello scarto a fare la differenza è spesso la tecnica, come quella di Castrovilli, nuovo numero 10 viola, che ha firmato il gol vittoria.

L’impressione è che abbia vinto la continuità. La Fiorentina si conosce molto bene, il Toro ancora non sa chi è, né chi diventerà. Sa molto bene cosa è stato e teme di esserlo ancora.
Iachini l’anno scorso ha avuto il merito di acciuffare il campionato per i capelli, ora sembra tenere ancora la presa perché non vuole ritrovarsi a farlo. Confermarlo è stata una scelta criticata, lo accusano di essere portatore di un calcio vecchio. Lui gioca in base a ciò che ha, si difende bene, attacca con cinque/sei giocatori. Lasciamolo lavorare.

Sospendiamo il giudizio su Giampaolo.

La prima giornata ha visto il suo sabato chiudersi a Verona. La Roma ha fatto visita all’Hellas, ne è uscita a mani vuote, ma lo hanno fatto anche gli ospiti. Lo 0 a 0 andato a referto al Bentegodi, non è uno 0 a 0 che si aspetta chi non ha visto la partita. I giallorossi di Fonseca hanno giocato un buon calcio, hanno costruito, però hanno sciupato troppo, tra traverse ed errori di misura. Hanno anche sofferto, nel secondo tempo. A Juric puoi togliere giocatori ma non puoi togliere il pressing e l’intensità. L’Hellas è andato almeno tre volte vicino al gol vittoria, ha preso due legni, uno con Tameze e l’altro con Dimarco. Il risultato ci sta.

Non ci sta una Roma che sembra denutrita, smagrita, spuntata. Dzeko non ha giocato perché in partenza, avrebbe segnato quasi sicuramente. Il problema non è, però, la mancanza del bosniaco, è la mancanza di un sostituto. Milik è difficile per varie vicissitudini, e dov’è l’alternativa? Manca già terribilmente il fisico e il senso di gioco e di squadra di Kolarov. Il resto dell’undici è un undici sufficiente, niente di diverso da molte altre. Niente di diverso per poter incidere.

Da Parma, invece, nella prima della domenica, ci sono arrivati due flash: Liverani che sconfessa Liverani e Super Osimhen. Il primo tempo tra i ducali e gli azzurri è stato scialbo, c’era meraviglia. La sensazione è che Liverani avesse sorpreso Gattuso ma non come ci si poteva aspettare. Chi aveva ancora negli occhi il Lecce, attendeva un Parma spregiudicato ed aggressivo. Gattuso era tra quelli, voleva attaccare da subito la profondità con Lozano, poi si è ritrovato il pallino del gioco e gli avversari arroccati in un castello difensivo e pronti alle ripartenze. Gli azzurri erano delusi e hanno deluso, soprattuto a centrocampo. Poi è entrato Osimhen ed è saltato il banco. Il nigeriano è un calciatore di un livello differente: nessuno poteva tenerlo. Ampiezza, verticalità, sostanza, quello che ha messo l’ex Lille ha permesso a Mertens e Insigne di andare al gol.

La domanda sul Parma è perché Liverani si è sconfessato? Ritiene di non avere i giocatori giusti? Oppure ha dubbi sulla sua filosofia? In entrambi i casi dovrebbe avere alla prima già le risposte. Il Napoli ha bisogno solo di consapevolezza, una volta ritrovata, se la vedrà con le migliori.

Ha sorpreso nella prima il Genoa di Maran. Lo ha fatto con Destro redivivo, Pandev immortale e, soprattuto con i nuovi acquisti Zappacosta, Pjaca, Badelj e Zahic. Gli avvii dei rossoblù non fanno meraviglia, il problema è sempre la continuità mancata che sfocia in annate troppo sofferte. C’è del potenziale, vedremo già alla prossima contro il Milan se sarà sfruttato o dilapidato. Troppo timido il Crotone, non potevamo chiedere di più all’esordio, bisogna prendere le misure, bisogna prenderle alla svelta. La Serie A ha un’altra dimensione.

Hanno mantenuto le attese De Zerbi e Di Francesco, chiedevamo spettacolo l’abbiamo ottenuto. In realtà le bollicine le hanno offerte i padroni di casa. I neroverdi non hanno dimenticato come si gioca a calcio e come si produce calcio: 17 tiri effettuati verso la porta di Cragno solo nel primo tempo né sono una prova maestra. È mancata cattiveria, questo è un difetto che segna spesso chi è bello: quello di non ballare. Caputo e Berardi mancano di lucidità, forse devono solo ritrovarla. Nel frattempo poteva compromettere quanto di buono fatto, la reta di Simeone. Sarebbe stata una beffa. Merito al Cagliari di esser rimasto in partita, con maggiore esperienza e qualità può essere una squadra seria. Nota su Locatelli: è diventato un giocatore di un altro livello.

Buona la prima come si dice in gergo per Andrea Pirlo in regia, o, meglio, in panchina. La Juve ha giocato la sua prima vera amichevole stagionale dopo la sgambata con il Novara. Allo Stadium la Sampdoria è stata poco più che una comparsa, uno sparring partner. I bianconeri volevano ritrovare l’entusiasmo, l’obiettivo è stato raggiunto. I ragazzi in campo dimostrano una voglia che sembrava persa, ciò che hanno fatto per il nuovo allenatore e già molto di più rispetto a quanto fatto per Sarri. Coprono bene il campo, si muovono in linea, riconquistano e propongono in verticale e in velocità, con una frenesia sconosciuta a Torino da troppo tempo.

Giudicare, però, troppo positivamente potrebbe essere un’errore: gli avversari hanno fatto troppo poco. I blucerchiati sono stati troppo brutti per essere veri, sono sembrati inadeguati, mancanti di qualità. Ranieri è uomo di miracoli, ma l’organico che ha tra le mani è scarso, manca di tecnica e superiorità, c’è ordine e poco più. Sarebbe un bene Keita, sarebbe un bene avere Gàston Ramirez sempre in campo.