Cairo e Lotito, la Guerra dei cent’anni con il calcio sullo sfondo

Lotito e Cairo

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Quella tre Regno d’Inghilterra e Regno di Francia, in realtà, di anni ne durò centosedici, con lunghe parentesi di pace tra un conflitto e l’altro. Edoardo III d’Inghilterra, sovrano straordinariamente longevo (rimase in carica dal 1327 al 1377) rivendicava, in quanto nipote di Filippo IV di Francia, la corona di Re di Francia. E le cose, si misero assai bene per lui, capace di mettere in ginocchio i francesi nel volgere di un decennio, tanto passò tra la battaglia di Crécy (1346) e quella di Poitiers (1356). Con la cattura di Giovanni II di Francia, la fine sembrava vicina. Quattro anni dopo, nel 1360, Edoardo III rinuncia però alla corona di Francia, garantendosi però il controllo dell’Aquitania e del prezioso porto di Calais. Ovviamente, non finì lì, altrimenti sarebbe passata alla storia come la Guerra dei vent’anni, non dei cento. Ossia quanto rischia di durare quella tra Cairo e Lotito.

Uno scontro, più che una guerra, che dura da anni, seppure è deflagrato solo negli ultimi mesi. Il calcio fa da sfondo, ma più che le vicende di campo, a pesare sul conflitto tra i due sono gli equilibri politici. Lotito, arrivato alla presidenza della Lazio nel 2004, ha scalato le gerarchie, tessendo rapporti e relazioni importanti dentro la Lega. Cairo acquista il Torino un anno dopo, ma la sua ascesa è un po’ più lenta. A viaggiare veloce, invece, è il peso imprenditoriale nel contesto mediatico italiano, arrivando a controllare una televisione (La7), e il Gruppo RCS, ossia Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport.

Il potere politico contro il potere mediatico: potremmo riassumerla così l’infinita querelle tra Cairo e Lotito. Uno dei tanti scontri che, da decenni, lacerano l’Italia. In mezzo, in questo caso, il calcio, piegato a strumento di potere, o poco più. Tanto che alla fine il motivo della disputa si fa sempre più sfumato, e ogni cosa diventa il giusto pretesto per riprendere il conflitto. Che vede i due presidenti ai lati opposti della barricata praticamente in ogni situazione. Nel 2014, a tirare la volata a Tavecchio alla guida della Figc fu Lotito, ad ostacolarlo Cairo. Un anno fa, quando la pandemia costrinse l’Italia al lockdown, tra i tanti, tantissimi, che chiedevano lo stop definitivo al campionato, c’era Cairo. Al lato opposto della tavolata, Lotito, quasi solo, ma capace di riportare i vertici del calcio italiano ad una visione razionale della situazione.

Momenti di frizione che, ovviamente, vivono  e si amplificano sulle pagine dei giornali, con La Gazzetta dello Sport spesso usata come una clava. La questione tamponi, che a novembre ha coinvolto i risultati delle analisi di alcuni giocatori della Lazio, è stata emblematica. Vero che mesi dopo è arrivato il deferimento per il presidente Lotito, ma quella apparecchiata dalla rosea, all’epoca, fu una vera e propria gogna mediatica, supportata solo dal sospetto. E che tutto sia successo proprio con TorinoLazio, vinta dai biancocelesti in rimonta, nel mezzo, non fa che aumentare i dubbi. A fare chiarezza, ci penserà la Giustizia, non i giornali, come spesso succede in Italia.

E sul fronte tamponi e regole, come un ironico karma, si è consumato anche l’ultimo scontro. Niente 3 punti a tavolino per i biancocelesti: LazioTorino si deve recuperare, così ha deciso il Giudice Sportivo. Ritenendo valide le cause di forza maggiore, ossia l’impossibilità a disputare la partita in base allo stop imposto dalla Asl cittadina. Finisce qui? Neanche per sogno, perché Lotito, come ampiamente anticipato, è deciso a portare avanti la sua battaglia in tutte le sedi opportune. Esacerbando così lo scontro con Cairo.

Il presidente della Lazio è convinto che il Protocollo di cui la Lega si è dotata per tornare in campo nell’epoca della pandemia, sia stato disatteso. E che il Torino avesse tutte le possibilità di scendere in campo, con i negativi al tampone e qualche ragazzo della Primavera, come tante squadre prima hanno fatto in questi mesi. Chi la spunterà? Difficile dirlo, speriamo solo di non dover vivere una guerra lunga cent’anni, che non fa il bene del calcio, né di due squadre nobili e gloriose come Lazio e Torino.