Da Best a Maradona, da Cantona a Zlatan: da calciatore a star

Zlatan Ibrahimovic

(Photo by Alexander Hassenstein/Getty Images)

“22 miliardari che corrono dietro ad un pallone”. Questa è, senza dubbio, la semplificazione repentina di tutti coloro che, per fortuna o sfortuna, non sono stati trafitti dalla freccia cupidiana di uno sport intenso ed intrigante come il calcio. Nella loro complessità, le regole fondamentali del calcio si fondano su due principi base di immediata lettura. 11 contro 11, vince chi fa entrare più volte la palla in porta. Tutto parte da qui, da questi due parametri, per poi culminare in uno scenario che avvolge milioni di cuori. Una narrativa che, indirettamente, influisce sulla vita di tutti gli appassionati. Il calcio è lo specchio della vita, perché, in modo terribilmente diretto, sa scandire con chirurgica precisione l’anima e il carattere di chi ne è coinvolto. I calciatori non sono tutti uguali, men che meno i tifosi. Ci sono i tifosi accaniti, quelli scaramantici, quelli sfrontati, quelli conservativi, quelli aziendalisti, quelli negativi, quelli ottimisti di natura. Allo stesso modo i calciatori. Ci sono quelli timidi, quelli bravi ma pigri, quelli laboriosi ma deficitari, quelli arroganti, quelli individualisti. Poi ci sono loro, quelli “sacri”. Quelli come George Best, Maradona, Pelé, Ibrahimovic, Cristiano Ronaldo e, qualcuno, starà pensando “fenomeni”, ma in realtà, si parla di star.

La star che va oltre il calcio

Sì. Perché se il calcio è lo specchio dell’anima, l’anima è la propaggine dell’essere umano. E quindi, capita che, in mezzo a statistiche, numeri, palmares, albi d’oro, alcuni calciatori vadano oltre. Oltre lo sport, perché col pallone tra i piedi, hanno toccato l’uomo prima del tifoso. Sono quei giocatori che fanno impazzire, che sembra quasi vivano nella nostra quotidianità, senza che neppure sappiano i nomi dei loro tifosi. Perché la loro presenza finisce per sublimarsi in qualcosa che, verosimilmente, non è più direttamente collegata al calcio. Ovviamente, non tutti lo fanno nello stesso modo: c’è chi lo fa affiggendo il proprio nome ad una partita particolare, ad una frase, un trofeo, una causa, una storia da raccontare. Ed è così che Maradona, simbolo del riscatto argentino, della rivincita sull’Inghilterra dopo l’invasione delle Falkland, dell’orgoglio di Napoli verso il Nord Italia, diventa il Dio del calcio, pur avendo vinto meno della metà di Messi. È così che Cantona, con la sua anima maledetta, la sua avversione verso le regole ed il conformismo, la sua lingua lunga, la sua sicurezza da guerriero, entra nell’Olimpo del calcio senza aver mai vinto un Pallone d’Oro.

Uomini dentro l’anima degli uomini

E così pure per Zlatan Ibrahimovic, uno che, come Cantona, non ha mai visto un Pallone d’oro, neppure il podio. Nemmeno una Champions League, pur avendo giocato in squadre gloriose come Juventus, Inter, Barcellona, Milan, Manchester United e Psg. Ibrahimovic è entrato nel gruppo delle star del calcio perché, esattamente come gli altri citati, è entrato nell’anima dell’uomo, prima del tifoso. Perché quella specifica “freddura” detta in tv, oltre a far ridere, riflette il sentimento della quotidianità. Tale da diventare ospite fisso a Sanremo e, siccome si parla di star come Ibrahimovic, si sono già aperti ambi dibattiti, contrastanti nelle opinioni e nel registro. Perché le star fanno sempre parlare, in un senso o nell’altro.

Attenzione. Non si parla di esempi, di modelli di vita o quant’altro. Sarebbe terribilmente errato e moralista dare questo ruolo ad un calciatore, così come ad un attore, un cantante o chiunque sia sotto i riflettori. Gli esempi sono altri. Quelle star, semplicemente, sono persone che entrano nella cultura di massa, scindendo dalla propria professione. Perché, differentemente da altri più vincenti e, magari anche più bravi calcisticamente, portano anche il loro carattere insieme ai piedi. Lo fanno creando un contatto diretto, suscitando emozioni ancor più intense che possono anche essere negative come l’odio, il disprezzo, il rancore. Questi calciatori esistono ed esisteranno sempre, destinati a stare sul palcoscenico, non solo quello del pallone, ma quello dell’ordinarietà di tutti noi. Gli dei del calcio li benedicano e li mandino sulla terra, sempre.