De Zerbi: “Ritorno in Italia? Oggi non ci sono le condizioni”

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(Photo by Adam Hunger/Getty Images for Premier League)

Considerato ad oggi l’allenatore italiano del momento, Roberto De Zerbi ha compiuto nella precedente stagione con il Brighton un grande cammino in campionato, riuscendo ad ottenere una storica qualificazione in Europa League. In un’intervista rilasciata alle colonne de La Gazzetta dello Sport, il tecnico ex Sassuolo ha parlato di alcuni importanti argomenti, come il potenziale ritorno in Italia: “A oggi non ci sono le condizioni, ma tornerò sicuro, sono italiano e amo l’Italia. Qui ho altri 2 anni di contratto e mi trovo bene, ma sono un meteoropatico. Ho bisogno del Sole, della luce“.

Sulla stagione della conferma del Brighton, approdato in Europa dopo ben 122 anni: “L’angoscia mi accompagna da sempre in questo mestiere. Al momento stiamo iniziando la stagione più importante, quella della conferma, e abbiamo perso tre giocatori determinanti, Mac Allister, Colwill e Caicedo. Penso però che i grandi club possono comprare chi vogliono, ma non l’anima: quella non è in vendita. E questa è la squadra che meno mi assomiglia calcisticamente ma più mi assomiglia come anima“.

De Zerbi: “Spalletti sempre affamato di migliorarsi”

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(Photo by Mike Hewitt/Getty Images)

L’allenatore del Brighton, Roberto De Zerbi, continua la sua intervista alla Rosea, elogiando il lavoro compiuto a Napoli da Luciano Spalletti, consigliandolo alla Nazionale: “Spalletti se lo merita, farà benissimo. Il suo Scudetto è la vittoria del gioco. È un allenatore non più giovane ma sempre affamato di migliorarsi, come me ma con vent’anni di meno. Se mi guardo tra vent’anni, non mi rivedo così intenso. La cura del dettaglio è la peculiarità che lo fa grande. Simili anche in questo“.

Su Guardiola: “Quando sono arrivato in Inghilterra mi ha telefonato Guardiola. “Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi”. Un grandissimo gesto, all’arrivo qui io ero uno zero. Ora siamo amici. I suoi elogi mi inorgogliscono: posso sembrare uno molto pieno di sé, ma sono onesto e so che non sono arrivato fin qui per caso o per fortuna“.

Sulla parentesi allo Shakhtar Donetsk: “La parentesi più formativa della mia vita. Una squadra fortissima, quella che più si adattava alla mia idea di calcio. Avevo detto ai calciatori che in due, tre anni li avrei portati in semifinale di Champions. La cosa più brutta da accettare non fu la guerra ma che la tua squadra, da un giorno all’altro, non c’era più. Cancellata. Sparita“.