De Zerbi: “Ho deciso di mettermi alla prova allo Shakhtar”

(Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

In una lunga intervista al Corriere dello Sport Roberto De Zerbi si racconta, iniziando naturalmente dall’esperienza al Sassuolo. Tanti anni di soddisfazioni in cui ha saputo valorizzare alcuni dei giovani più promettenti del calcio italiano:

Di Raspadori mi ha colpito il fatto che sia riuscito a convincere anche i più scettici, quelli che si immaginavano che un centravanti fosse solo di 1,85 cm e 80 kg. Giacomo è forte, ha forza e la stessa gamba di Cassano. Con tecnica, impegno e professionalità ha fatto cambiare idea a molti. Manuel Locatelli ha una sensibilità non comune e una sana consapevolezza di sé. Evidenzio sana. Non è presunzione, ma a quel pizzico di narcisismo che seve per sentirsi il più forte di tutti e gestire bene questo aspetto. E’ un ’98, ma ha una maturità fuori dal comune. Il suo inserimento nella Juventus è più che naturale. Locatelli è un malato di calcio, vuole lavorare sempre: farlo star fuori alla ripresa degli allenamenti il martedì era impossibile. Domenico Berardi è un ragazzo d’oro, introverso, silenzioso e chiuso. Ma avete visto con che personalità si è imposto in Nazionale?! Per le qualità che ha, se avesse voluto avrebbe potuto fare una carriera diversa. All’Europeo ha fatto molto bene, nella finale di Wembley è entrato dopo poco meno di un’ora ma è andato sul dischetto per primo dimostrando di avere carattere. E’ il punto sul quale insisto sempre io: non è importante andare in Nazionale, è importante farlo da protagonisti. Sensi è un altro giocatore strepitoso. Non so che problemi fisici abbia, ma mi piacerebbe allenarlo di nuovo. In realtà li rivorrei tutti: Berardi, Locatelli, Magnanelli, Peluso, Consigli…”.

Poi un commento sulla nuova esperienza in Ucraina, con l’obiettivo di crescere come allenatore con nuovi obiettivi e nuove responsabilità. Per un giorno fare il definitivo salto di qualità e arrivare alla panchina di una big europea:

Avevo bisogno di fare quest’esperienza, a Sassuolo sapevo che non avrei potuto dare di più. Cercavo una nuova realtà con uno spogliatoio dove si parlassero più lingue, la Champions, 8 partite da preparare e giocare in 25 giorni. Non è stato semplice lasciare Sassuolo perché mi ero affezionato a tutti, ma volevo affrontare una difficoltà maggiore. Ed effettivamente lo sto facendo: ci sono momenti in cui fatico di più e mi domando chi me l’abbia fatto fare. Ma quando mi fermo e rifletto rispondo dicendomi che era questo quello che cercavo. Il livello cambia i metodi e le prospettive. Ci sono molti modi di allenare, tutti legati agli obiettivi della società. Si allena per vincere scudetti, per andare in Europa o per salvarsi. Oggi devo vincere, e basta. Misurandomi con le idee“.