Serie A

ESCLUSIVA – I segreti del settore giovanile dell’Empoli

L’Empoli e il suo settore giovanile è una delle più belle realtà del calcio italiano degli ultimi anni, inutile negarlo. L’esplosione dei vari Ricci, Asllani, Viti e Baldanzi ne è la prova tangibile. Il progetto Azzurro, però, viene da molto più lontano. Noi di Calcio in Pillole abbiamo voluto toccare con mano quella che è la realtà di Monteboro (qui per vedere la nostra esperienza) e per farlo abbiamo intervistato il responsabile del settore giovanile, Federico Bargagna. Ecco le sue parole in esclusiva.

La casa dei giovani: dagli anni 80 allo scouting di oggi

(Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

Da cosa nasce la grande attenzione che si pone alla crescita giovanile dell’Empoli?

“Il percorso inizia circa 30 anni fa, quando l’Empoli agli inizi del percorso del nostro presidente ha iniziato a valorizzare i giovani calciatori del settore giovanile, basti ricordare i vari Caccia, Di Francesco, Montella, Galante, Birindelli, Ficini e tutti quelli che hanno iniziato a fare la storia del settore giovanile nella fine degli anni 80 inizio anni 90″.

Il lavoro si scouting che c’è dietro

Negli Azzurri lo scouting parte da Empoli e dintorni. Il locale e il regionale è il bacino più ampio dell’Empoli, come afferma il responsabile Bargagna ai nostri microfoni.

“Alla base abbiamo un ottimo gruppo di lavoro: lo scouting del settore giovanile e nell’attività di base. Bisogna poi scindere il lavoro di settore giovanile puro dallo scouting, oppure riuscire a farli convivere insieme. Noi cerchiamo di avere un ottimo scouting sul territorio, così da poter lavorare per più anni con i ragazzi. Perché un conto è farli arrivare nell’Under 17, un conto è che ti arrivino a 10/11 anni. Il percorso permette di lavorare su di loro, farli crescere sia dal punto di vista calcistico che umano. Se andiamo a vedere gli ultimi che l’Empoli ha ceduto hanno avuto un percorso di tantissimi anni qua con noi nel settore giovanile: Asllani, Viti, Ricci. Questo è il percorso che noi proviamo a fare. Non sempre ci riusciamo, però è il nostro progetto”.

Il settore giovanile dell’Empoli, una grande “famiglia”…nel vero senso della parola

(Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

Se un giovane sbaglia, se si comporta male, se ci sono situazioni dove il giovane rischia di perdere la testa come si comporta l’Empoli?

“L’input che parte dalla nostra società è quello di creare il calciatore, ma di saperlo aspettare anche come uomo. Ci permettono di lavorare con il giusto mix di pressione e questo fa sì che possiamo aspettare il ragazzo sei mesi in più, cercando di lavorare sulle sue lacune, riuscendo a dargli una chance in più. Se un ragazzo per la quale abbiamo tracciato un percorso, quest’ultimo incontra delle difficoltà, cerchiamo di allungare questo progetto ancora di un anno e aspettiamo finché riusciamo a far sì che cresca nella maniera che ci aspettiamo”.

Come si gestisce il connubio tra scuola e calcio per i ragazzi del settore giovanile dell’Empoli?

“Cerchiamo di far andare le due cose di pari passo. L’istruzione è fondamentale per la crescita di un ragazzo. Il vantaggio che possiamo avere qui per i ragazzi che arrivano da fuori è che cerchiamo di avere una gestione professionale. La società investe molto sul settore giovanile anche come strutture, però cerchiamo di far vivere a questi ragazzi che arrivano da fuori l’Empoli come una grande famiglia. La società è molto “snella”. I ragazzi che vivono qua nel centro sportivo possono vedere continuamente il presidente, il direttore della prima squadra, i responsabili. Cerchiamo di stargli vicino. Dal punto di vista di studio abbiamo i nostri tutor che li seguono giornalmente. Cerchiamo di fargli pesare il meno possibile il distacco dalla famiglia e dal paese d’origine, e quindi essere presenti nella quotidianità senza dare pressioni che possono diventare pesanti per i quindicenni o sedicenni”.

Come si cerca di aiutare il ragazzo dal punto di vista mentale al momento del passaggio da Primavera a prima squadra? Le pressioni aumentano, le TV, i media…

“Il percorso dell’Empoli fa sì che il ragazzo che ha potenzialità e che merita, il passaggio dal settore giovanile alla prima squadra sia più veloce. Tutto questo per i ragazzi che meritano è sicuramente più veloce rispetto ad altri club. Qui l’arrivo in prima squadra c’è se uno lo merita. L’Empoli negli anni è abituato ad accompagnarli in questo passaggio senza dargli troppe pressioni e senza far sì che cambino le loro abitudini. Magari quello che arriva in prima squadra mantiene le stesse situazioni di vita: per esempio continua a condividere l’appartamento con altri ragazzi del settore giovanile. Il passaggio deve essere fatto per gradi accompagnandoli in questo percorso di crescita. C’è grande sinergia tra prima squadra e settore giovanile. I ragazzi che arrivano conoscono già l’ambiente, conoscono i dirigenti, i calciatori. Siamo tutti molto vicini, non c’è un distacco tra le parti. Questo anche grazie al lavoro del direttore Accardi, di Mr. Zanetti, del presidente. I ragazzi sono messi nelle migliori condizioni per lavorare”.

Rimane la vicinanza quando un giocatore cresciuto nel settore giovanile dell’Empoli va in una big o all’estero?

Come detto, l’Empoli è una grande famiglia e lo si percepisce anche dai racconti che trasuda Monteboro. Basti pensare a Di Lorenzo che potrebbe alzare uno Scudetto da capitano del Napoli o Asllani all’Inter; due giocatori che hanno fatto il grande salto di qualità e che puntualmente tornano a salutare chi li ha cresciuti. La maggior soddisfazione dell’Empoli, oltre al mero lato economico è il vedere un talento che ha cresciuto e coccolato fare lo step di alto livello.

“Chi passa da Empoli rimane legato. Tutti quelli che hanno fatto un percorso nei grandi club li vedo tornare a salutare. Sono presenti. Alla base tutti noi abbiamo grande passione verso questo sport. Queste sono soddisfazioni che rimangono. Stare tanti anni assieme e crescere in una società dove c’è questo senso di appartenenza, diventa fondamentale in un percorso. Vivere tanti anni la società ci permette di far crescere i ragazzi con i valori dell’Empoli e dei colori Azzurri. L’altro obiettivo nostro è riuscire a tracciare per ogni calciatore un percorso. Oltre a quelli che dal settore giovanile arrivano direttamente in prima squadra, dobbiamo essere in grado anche di gestire quel calciatore che finisce la primavera e deve fare una tappa in Serie C, poi Serie B, per poi tornare alla base e alla prima squadra. È un giro più lungo, però deve essere fondamentale anche quello per ogni calciatori del settore giovanile”.

Il commento al “problema” dei giovani italiani sollevato da Mancini

La risposta a questo quesito è subito chiara: l’Empoli non giudica l’operato delle altre società, bensì guarda nel proprio orto e cerca di fare il miglior lavoro possibile. Secondo Bargagna, infatti, il discorso di Mancini non può essere fatto per l’Empoli, che da anni si impegna a mettere i suoi mattoncini nello scacchiere della Nazionale.

“Non posso giudicare i progetti delle altre società. Da noi è abbastanza chiaro che le linee guida da parte del presidente e del direttore della prima squadra sono quelle di andare a creare prima degli uomini, poi dei calciatori, per cercare di far arrivare quelli che hanno potenzialità in prima squadra velocemente. Tutti quei ragazzi che abbiamo citato sono degli esempi. Cerchiamo di far raggiungere la prima squadra nei tempi giusti, anche perché troppo velocemente può portare degli svantaggi, ma appena l’Empoli vede che qualcuno è pronto cerca di accelerare il percorso e avere più giovani possibili del settore giovanile in prima squadra. Alla stagione della vittoria della Serie B metà della squadra era cresciuta nel settore giovanile“.

Quali sono gli obiettivi del settore giovanile dell’Empoli? Molte squadre mettono avanti il risultato in campionato, piuttosto che la crescita del singolo…

“Credo che fino a certe categorie sia fondamentale la crescita del ragazzo e del gruppo. Pian piano quando ci si avvicina alla Primavera e al passaggio nelle prime squadre, va trasmesso al calciatore il senso di competitività e del raggiungimento del risultato. Prima va costruito come uomo, partendo dai valori morali, poi va costruito come calciatore, e nell’ultima parte gli va dato anche l’abituarsi ai campionati con retrocessioni, playoff e playout. Il grande livello di competitività a cui è arrivato oggi il campionato di Primavera 1 fa sì che spesso il campionato venga vissuto più come un’appendice della prima squadra, dove il senso della competitività è molto alto”.

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Published by
Federico Draghetti