Italia, Donadoni: “Italia-Svizzera sfida delicata ma andremo al Mondiale”

A poche ore dalla sfida decisiva dell’Italia contro la Svizzera, per qualificarsi a Qatar 2022, è stato intervistato Roberto Donadoni dalla Gazzetta dello Sport. Si accendono gli animi, la tensione inizia a salire. L’ex c.t guidò la nazionale nel 2007, dove vinse per 2-1 contro la Scozia a Glasgow. Quel successo regalò una qualificazione agli azzurri a discapito degli avversari. Ora c’è Italia-Svizzera, un’altra sfida da dentro o fuori, e Donadoni ha provato a raccontarla.

Su Italia-Svizzera

“Gara delicata, l’Italia merita di andare in Qatar per tutto quello che ha fatto. La Svizzera è competitiva, ma io ci credo. Abbiamo qualcosa in più, andremo al Mondiale. Anche gli episodi finora sono andati bene”.

Perché si fatica dopo la vittoria dell’Europeo?

“Dopo un trionfo c’è un accumulo di stress che ti complica le cose. Noi ne siamo sempre usciti bene, questo dice la storia della Nazionale. Nei momenti difficili abbiamo ottenuto grandi risultati, soprattutto al Mondiale”.

I rischi

“Abbiamo da perdere più di loro, ma non facciamoci assillare dal risultato. Giochiamo mentalmente liberi, senza pensare che non ce la facciamo”.

Se si dice: Italia-Scozia 3-1 nel 1993, gol di Donadoni al 3′ cosa le viene in mente?

“Queste sono partite in cui l’aspetto caratteriale diventa quasi più importante di quello tecnico. Giochi contro squadre fisiche e grintose. Sono imprese che ti fanno dare il massimo, io ci riuscivo. Da queste partite capisci il tuo valore assoluto”.

Chiesa e Insigne sono oggi le ali dell’Italia. Sono molto diversi dal Donadoni calciatore?

“L’Insigne degli ultimi tempi, quello che taglia al centro, supera l’uomo in dribbling, rifinisce, un po’ mi somiglia. Io però ero più portato alla fase difensiva, mentre lui è molto più bravo in attacco e segna tanti gol. Chiesa ha questo carattere immenso, si sacrifica per la squadra, arretra e, correndo a mille, a volte va un po’ fuori giri. Allegri dice che se lo ritrova esaurito dopo un’ora perché non sempre gestisce le energie, ma questa è una cosa bella. Chiesa si entusiasma, io i giocatori li preferisco così”.

Federico Chiesa somiglia a suo padre Enrico?

“I geni solo quelli, soprattutto nel modo di tirare in porta. Enrico era più attaccante, io non vedo ancora Federico centrale, fa fatica, non ha riferimenti”.

Si ricorda la sfida da c.t contro la Scozia vinta per 2-1?

“Ricordo molto bene; è stata una gara tosta, delicata. Ricordo in particolare gli occhi di quelli in panchina: avevano la stessa luce di chi doveva giocare, volevano vincere a tutti i costi. Ci siamo qualificati con questo spirito. Oggi è più facile perché, con cinque cambi, ne fai giocare di più, e nazionali e top club hanno tanta qualità da inserire”.

Italia-Svizzera 3-2 a Roma, qualificazioni a Euro ’88, la sua seconda presenza azzurra con gol al 1’. Cosa le viene in mente?

“Segnai su punizione laterale. Altobelli, che poi segnò due gol, mentre sistemavo la palla mi disse: “Adesso mi giro, ti do le spalle e vado sul primo palo. Tu seguimi con lo sguardo e tira forte lì, io vado in anticipo e segno”. Non ce ne fu bisogno, tirai forte e la palla entrò in porta”.

Il modo di giocare a calcio di Mancini ha cambiato anche il campionato italiano?

“È una mentalità ormai diffusa grazie anche a Mancini che ha avuto la forza il coraggio di puntare sui giovani. Prima c’erano molte più timore, ora tutto il sistema sta cercando di imitarlo e ha preso coraggio. Pensare di giocare soltanto sull’avversario oggi sarebbe un limite. A volte sei costretto a difenderti, ma solo per differenza di qualità”.

C’è la possibilità che l’Italia non vada al Mondiale?

“Non mi passa neanche per la testa. Dopo l’Euro non possiamo non essere al Mondiale”.

Si immaginava un Mancini allenatore quando giocava con lui?

“Quando giochi non sai se farai l’allenatore. Cominci a pensarci verso fine carriera”.

Ha ancora voglia di allenare?

“Ho ancora tantissima voglia di allenare qualche anno. Spero che qualcuno mi cerchi”