La Dea si umanizza: l’analisi della disfatta europea degli orobici

(Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

L’Atalanta è uscita dalla Champions League. La partita contro il Villarreal si è da subito manifestata come un’altalena di emozioni, in cui sono emerse tutte le bellezze e le lacune degli orobici. Il match è finito con il punteggio di 3-2 per i “sottomarini gialli”, che dopo circa 70 minuti erano avanti di tre reti a zero. La Dea ha risvegliato la sua divinità solamente negli ultimi minuti, che non sono bastati per recuperare uno svantaggio cosi grande, in una partita che fotografa perfettamente l’attuale situazione dei ragazzi di Gasperini.

 

IL PERCORSO 

I bergamaschi hanno iniziato il cammino nella fase a gironi con un buon pareggio in terra di Spagna ed una bella vittoria casalinga contro gli svizzeri dello Young Boys, costruendo le giuste premesse per un passaggio del turno. Il momento cruciale della qualificazione, però, passava dal doppio confronto con il Manchester United di Cr7, un impegno che avrebbe certamente testato la maturità dei nerazzurri. Le due sfide con i “Red Devils” si sono tradotte in una sconfitta ed un pareggio, frutto di mancanza di gestione del risultato e di tante occasioni sprecate. La scalata verso la qualificazione si sarebbe potuta raddrizzare nelle partite di ritorno contro Young Boys e Villarreal, ma anche in questi casi l’Atalanta ha gestito i match in maniera rivedibile, mostrando poca solidità ed una concentrazione non sempre al massimo nei 90′ minuti. In Svizzera finisce con un pirotecnico 3-3, mentre l’ultima sfida, a Bergamo contro i ragazzi di Emery, si conclude con un 2-3 dal forte sapore di rammarico, in cui la Dea si è svegliata solamente negli ultimi minuti di partita.

 

I PROBLEMI

Sebbene gli orobici abbiano mostrato i loro meravigliosi artigli anche in questa edizione della Champions, saltano all’occhio degli evidenti problemi. In primis, i nerazzurri non sono riusciti quasi mai a gestire i risultati, subendo rimonte o trovandosi spesso a dover rimontare, e questo tipo di situazioni aumenta esponenzialmente il tasso di difficoltà in ottica qualificazione. Il doppio confronto con il Manchester United mostra chiaramente quanto l’Atalanta, potenzialmente, sia in grado di far male a chiunque (dimostrazioni che la Dea ha dato anche in passato, e con avversari più forti), ma ha anche fatto emergere l’instabilità che i nerazzurri si stanno portando dietro da diverrso tempo. Le assenze hanno avuto certamente il loro peso, ma i problemi relativi all’approccio ed alla concentrazione nei 90 minuti vanno attribuiti al gruppo intero e non certo ai singoli. Per riassumere, l’Atalanta si è dimostrata “Dea” ad intermittenza, un fatto dovuto anche ai fisiologici cali fisici di tanti giocatori, che, con questi ritmi, per il calcio proposto dai bergamaschi, non possono essere sempre lucidi e freschi. Le prestazioni altalenanti rappresentano uno step transitorio in un percorso di crescita, e questa fase sarà di certo un punto di ripartenza per il futuro.