La regola del gol in trasferta: obsoleta o dura da accettare?

Regola gol trasferta

(Photo by Vitalii Vitleo via Imago Images)

La dura legge del gol. L’ancor più dura regola del gol in trasferta, quel gol che vale doppio e stravolge gli equilibri della qualificazione nelle coppe. Quante lacrime, Quante gioie. Quanti dibattiti. Già, perché la sua utilità è al vaglio da sempre ma, negli ultimi giorni, complice anche la beffarda eliminazione della Juventus contro il Porto, il tema è tornato centrale. Non è semplice affrontare un argomento di questo tipo perché, in un modo o nell’altro, si finisce per essere tacciati di appartenenza ad una data parrocchia. Non solo intesa come tifo, ma anche e soprattutto come visione stessa del calcio, chi è tradizionalista e conservatore, chi punta ad uno sguardo diverso, adattabile a quello che è il calcio del XXI secolo.

La sua fondazione e lo scopo alla base

Il calcio è un pot-pourri di emozioni, di idee, di filosofie differenti che confluiscono in un rettangolo verde. Allora, a tal proposito, prima di entrare nel nucleo della questione, è utile ripartire dalla fondazione di tale regole perché, senz’altro, dietro ogni norma c’è un fine da perseguire. La regola del gol che vale doppio in trasferta fu fondata nel 1965. Un’altra era calcistica. Lo scopo era quello di dare un piccolo vantaggio all’ospite, in tempi in cui i viaggi erano molto più lunghi ed estenuanti. Tempi in cui non vi era ‘il pallone annuale della Champions’ ma quello della squadra di casa che, contrariamente ai tempi moderni, non era detto fosse di quelli standard riconosciuti per tutti, creando un vantaggio per chi giocava in casa, abituato allo stesso tipo di sfera. Vi era la volontà, inoltre, di incitare gli ospiti ad essere più offensivi perché, con un gol, avrebbero ottenuto il doppio del risultato rispetto ai padroni di casa.

Lo squilibrio di tale regola nel contesto delle ‘porte chiuse’

La regola è rimasta. Il calcio è andato avanti. Le trame del pallone, specialmente ai gloriosi livelli della Champions League, sono cambiate. Quello che – agli albori – era uno strumento di incitamento allo spettacolo, ha ottenuto l’effetto opposto nel corso degli anni. Così finisce che giochi la prima in casa e accogli uno 0-0 con soddisfazione. Finisce che, il principio base dello sport ovvero vincere, passa in secondo piano. O meglio, non può avere la stessa valenza in ambo le sfide. Tale regola è già stata contestata da molti e, quasi sicuramente, una sua abolizione metterebbe d’accordo la maggior parte degli appassionati. Addirittura, la famigerata norma ha visto l’opposizione anche di chi ne ha giovato come Il Cholo Simeone e il suo Atletico Madrid. Al termine del match contro il Liverpool della passata Champions, in cui i colchoneros vinsero ad Anfield, Simeone affermò: “Lo dico da sempre, e stasera ho avuto la conferma. La regola dei gol in trasferta è ingiusta: il Liverpool ha avuto trenta minuti in meno rispetto a noi per realizzare una rete fuori casa, che nel computo totale vale doppio a certe condizioni. Questo format oggi ha favorito noi, ma in futuro potrebbe danneggiarci. È davvero ingiusto”.

L’ingiustizia dei supplementari

Si parlava di un anno fa, poco prima che il Covid portasse la grigia atmosfera delle porte chiuse. Tale contesto, senza dubbio, rende la regola inutile e squilibrata. Quale vantaggio di ‘compensazione’ dare agli ospiti se, di fatto, chi è in casa non ha alcun vantaggio dal cosiddetto fattore campo? Difficilmente nel calcio attuale la regola trova una sua giustificazione, anzi. Ma il dibattito rimarrà anche quando – si spera – si tornerà alla normalità ed è lì che davvero la discussione si farà accesa. Abolizione? Rivisitazione? Accettazione? Una rivisitazione probabilmente è necessaria, specialmente per ciò che concerne i tempi supplementari. Troppo iniquo, anti meritocratico arrivare ai supplementari pareggiando il risultato dell’andata, per poi dover uscire magari segnando gli stessi gol nell’extra time perché uno pesa più dell’altro. Arrivare ai supplementari significa esser stati alla pari in 180 minuti. A quel punto è innegabile: inizia una partita a sé che dà l’ultima chance prima della crudele lotteria dei rigori. E si torni allora, almeno per i supplementari, alla più antica regola dello sport: ci si batta ad armi pari, specialmente se la parità di risultato è ciò che ha contraddistinto la doppia sfida.

Il vero quesito alla base dell’abolizione della regola

E si è parlato di rivisitazione. Poi? Resta il tema cruciale. Serve o non serve? Soppesare il vantaggio del fattore campo o lasciare che le due squadre si diano battaglia, senza se e senza ma. Probabilmente dipenda da come si vede il calcio e poco ha a che vedere con i risultati. “In campo come nella vita” diceva Nereo Rocco, lasciando trasparire un senso di affinità tra le vicissitudini di un campo dove gettare sangue e lacrime e la quotidianità della vita normale. E si sa: la Champions League non è solo calcio, è l’Olimpo del Calcio, il rendez-vous dei migliori. Come è altrettanto noto che non basta essere più forti, bisogna essere più bravi, accezione che porta miriadi di sfaccettature con sè. Allora l’ultimo quesito da porre è: la regola del gol in trasferta è davvero inutile e superata o è semplicemente troppo dura da accettare? Come tante altre cose della vita.