La rivelazione di Bastoni: “Volevo lasciare l’Inter, ecco perché”
Bastoni Inter – Alessandro Bastoni è intervenuto nel podcast di Andrea Ranocchia Frog Talks: le sue dichiarazioni.
Alessandro Bastoni, difensore dell’Inter, è intervenuto ai microfoni di Frog Talks, podcast dell’ex centrale e capitano nerazzurro Andrea Ranocchia.
Tra aneddoti e retroscena, Bastoni ha rivelato la sua volontà di lasciare l’Inter nell’estate 2019 per trovare più spazio altrove: il difensore, però, è stato bloccato da Antonio Conte che l’ha fatto esplodere proprio nella stagione 2019/20 dandogli molta continuità, nonostante la grande concorrenza.
Inter, le parole di Bastoni a Frog Talks
Di seguito, le sue dichiarazioni:
Sugli inizi all’Inter con Antonio Conte “Venivo dall’Atalanta, ero dell’Inter e ho fatto tre settimane qui prima di andare a Parma in prestito. Avevo rotto il menisco. I primi due anni mi ha dato problemi, ma adesso… Dopo la prima stagione a Parma ho avuto la fortuna di trovare Conte a Milano. Io ho fatto le guerre per andare via, avevano appena preso Godin, c’erano Skriniar e De Vrij. Io avevo fatto 25 partite a Parma, un buon campionato, ma lui ha insistito. Ogni tanto con Barella ne parliamo, abbiamo fatto una fatica allucinante con Conte, ma stavamo talmente bene che passava. Inzaghi ha trovato un gruppo di ragazzi perfetto, siamo tutti mentalizzati per far bene, non c’è chi non gioca e allora si allena male. A noi giovani ha fatto bene fare quegli anni dietro te (Ranocchia, ndr), Brozovic, Handanovic“.
Sull’impostazione
“A Parma giocavo con Bruno Alves, l’impostazione è sempre stata una mia caratteristica. All’Atalanta nelle giovanili non fai palestra, fai solo tecnica. Lì ho sviluppato il fatto di non aver paura di impostare. Ho vicino Calhanoglu che vuole la palla, non ha paura. C’è sintonia. A volte mi trovo quinto, a volte mezzala, a volte lui si abbassa nella linea e io vado a fare il play. Mi trovo bene”.
Il rapporto con i tifosi dell’Inter
“Il pubblico è spettacolare. Io da quando sono all’Inter non ho mai visto San Siro sotto i 70mila spettatori. Ci aiutano tanto, non ci sono più i fischi. C’è tanto sostegno. Qualche momento negativo c’è stato, qualche momento in cui non ti senti in fiducia. Il calcio, per quanto sia importante, è dietro la mia famiglia. Per cui quello conta. Le partite le giochiamo ogni tre giorni, se ne sbaglio una c’è l’altra. Mi dà fastidio quando sbaglio, faccio passare giornate brutte a casa, ma quel che mi importa è la salute dei familiari.
Io come papà? Cerco di essere più presente possibile, mi godo la mia bambina. Adesso ha appena fatto due anni, il tempo vola. Mi sembra nata ieri. Sto con Camilla da quattro anni, lei ne ha 23, uno in meno di me. Lei è di Bergamo, io ho fatto 11 anni di settore giovanile a Bergamo e ho tutte le conoscenze lì. Lei ha la famiglia lì“.
La finale di Champions “Ci ha dato tanto quella partita, venivamo da un bel percorso. Ci siamo guardati in faccia dopo aver perso dodici volte in campionato, abbiamo visto i video e c’era la gente che ci passava come treni. Ci siamo compattati, difendendo tutti assieme. Con il Manchester City abbiamo visto che possiamo stare a quel livello e quest’anno abbiamo cominciato come avevamo terminato l’anno prima. Quest’anno ci riproviamo, assolutamente. È bello arrivare lì e penso proprio sarebbe bello vincere. La finale era quasi surreale. Partiti ad inizio stagione pensavamo di vederla in tv. Invece sei lì e quasi quasi ci provi… Noi eravamo tranquillissimi e dal campo si sentiva la pressione che avevano loro di vincere. Abbiamo provato a giocarla, abbiamo avuto anche un paio di occasioni e loro sono rimasti spiazzati“.