Lo scudetto della Sampdoria e la realtà attuale senza imprese ‘romantiche’

Sampdoria

(Photo by Imago Images)

È la ricorrenza del giorno. La Sampdoria campione d’Italia 1990/91, la “Sampd’oro”. Dai racconti sulle gesta dei gemelli del gol Vialli-Mancini al mito Vierchowod. Dai voli di Gianluca Pagliuca fino alla saggezza mai banale dell’immortale Vujadin Boskov. Il ‘miracolo sportivo’ del presidente Mantovani racchiuso in una pagina di calcio vero e puro. Una ricorrenza ma anche un giorno per riflettere e pensare – come se non fosse già noto – a quanto sia cambiato il calcio. Lo scudetto della Sampdoria è, di fatto, l’ultima testimonianza del trionfo di un calcio provinciale, non di certo nella geografia considerando la città di Genova, quanto nella dimensione sportiva. Fu il primo e ultimo scudetto della Sampdoria, un anno dopo il secondo tricolore di un’altra provinciale terribile: il Napoli dell’immenso Diego Armando Maradona.

Dal 1992 ad oggi, la realtà vincente della Serie A porta solo tre accostamenti di colori: bianconero, nerazzurro e rossonero. Spezzano il monologo le romane tra il 1999 e il 2001 ma il dato è impressionante. Nelle 30 stagioni successive al trionfo blucerchiato, ben 14 titoli sono andati alla Juventus, 7 al Milan e 6 all’Inter. 1 alla Roma e 1 alla Lazio. (Quello della stagione 2004/05 non è stato assegnato a seguito dello scandalo Calciopoli nel 2006, ndr). 27 scudetti su 30 ripartiti tra due città e le tre superpotenze più titolate del nostro campionato.

Anno dopo anno la Serie A è diventata un campionato per ‘i soliti noti’ con appena due eccezioni e nessuna possibilità per le cosiddette outsider. L’Atalanta sembra essere l’unica che può spezzare ancora l’oligopolio, attualmente, la realtà è a senso unico. Niente più Napoli di Maradona, Sampdoria di Vialli-Mancini o Verona di Galderisi-Larsen. È una realtà italiana ma, sicuramente, anche europea nonostante qualche eccezione dei tempi moderni come il Leicester della stagione 2015/16, il Montpellier della stagione 2011/12 o il Wolfsburg della stagione 2008/09. Poche eccezioni a confermare in modo inequivocabile la regola: non c’è più posto per le ‘imprese romantiche’ nel calcio attuale. Giusto o sbagliato che sia.