Manchester City, la Forma Finale del genio di Guardiola

Manchester City

(Photo by OLI SCARFF, Onefootball.com)

Il Manchester City è la seconda finalista della Champions League 2022/2023. Saranno infatti gli uomini di Pep Guardiola a sfidare l’Inter nell’ultimo atto della competizione ad Istanbul il prossimo 10 giugno.

Manchester City, l’evoluzione finale del calcio di Guardiola. L’unione perfetta tra talento e una nuova organizzaizone

I Citizens hanno staccato il biglietto per la Finalissima rifilando un 5-1 complessivo ai Campioni d’Europa uscenti del Real Madrid.

Se l’andata giocata al Bernabeu (e finita 1-1) aveva raccontato una partita equilibrata e che aveva vissuto di fiammate, il massacro sportivo messo in scena dal City all’Etihad nel match di ritorno di mercoledì sera contro i Blancos ha certificato che ci troviamo di fronte alla squadra più forte del mondo attualmente.

Il Manchester City 2022/2023 sembra quasi la sublimazione totale del calcio di Guardiola. Una sorta di mix perfetto tra il suo rivoluzionario tiki taka creato nell’epoca di Barcellona, la concretezza e l’efficacia che ha trovato al Bayern Monaco e l’intensità atletica degli anni della Premier League.

Una squadra costruita per vincere con ambizione e anche non scontate scelte esatte (e con tanti, tantissimi milioni) e che è giusto che si ritrovi ad Istanbul a giocarsi il trofeo più importante per club.

Il Manchester City è una miniera di talento individuale e pura tecnica ma anche organizzazione meccanica e moderna velocità.

Una squadra contemporanea, tra un meccanismo matematico e interpreti straordinari

Il primo tempo dell’Etihad è stato quasi un manifesto di un nuovo calcio, una visione di una squadra 3.0 dell’epoca contemporanea. Negli ultimi mesi Guardiola ha plasmato il City con un 3-2-4-1 mai visto non solo per caratteristiche degli interpreti in campo ma anche per applicazione.

Nella prima frazione il Real Madrid non ha quasi mai visto la palla (e non è un iperbole è davvero andata così), con i Blancos che hanno compiuto il primo tocco nella metà campo avversaria solo al minuto 24 e dopo aver subito la prima rete.

Un City furente che ha ridefinito il concetto di pressing offensivo e di riaggressione in zona avanzata. il Real non ha potuto mai respirare nemmeno con le sue grandi qualità di palleggio a centrocampo. Citizens sempre in movimento e sempre con la palla tra i piedi e senza non per più di 2-3 secondi.

Se il comportamento della linea dei 3 centrali di difesa (Walker, Ruben Dias e Akanji a protezione di Ederson) si può ancora considerare un approccio classico al ruolo, i due mediani Rodri e Stones (un difensore centrale riadattato a centrocampo da Guardiola) sono i primi costruttori di gioco e a turno, uno avanza col pallone e l’altro rimane dietro in copertura formando un provvisorio 4-1-4-1 e in una coordinazione senza sbavature.

Arriviamo nella linea a 4 di mezze punte. Sugli esterni ci sono a sinistra Graelish e a destra Bernardo Silva e nessuno dei due è un’ala pura e infatti l’interpretazione del ruolo è differente.

L’ex Aston Villa è un estroso dinamico che ama associarsi coi compagni e fornire assist, mentre il portoghese sente e vede la porta ed è una sorta di attaccante ombra e aggiunto del meccanismo Guardiolista.

Sulla trequarti operano invece Gundogan e De Bruyne. Entrambi definibili in tanti modi: mezzale, tuttocampisti, registi offensivi, incursori, rifinitori. Due profili ibridi e incatalogabili e quindi anche indecifrabili dalle difese. Non seguono un dettame prestabilito, ma le connessioni migliori nel momento migliore.

Il primo gol al Real nasce così: movimento all’indietro di De Bruyne quasi sulla linea mediana, filtrante capolavoro per l’inserimento offensivo dalla destra di Bernardo Silva, che taglia come il burro la difesa Merengues e poi fulmina Courtois con un mancino affilato.

Nella seconda rete cambiano dinamiche ed interpreti. Stavolta l’azione si sviluppa da sinistra, con l’esterno offensivo Grealish che rifinisce per l’inserimento scientifico del trequartista Gundogan che impegna alla parata Courtois. Sulla respinta Bernardo Silva (che era già in area) appoggia il tap-in di testa.

La corazzata Moderna di Guardiola a cui manca il sigillo Finale

In tutto questo splendore calcistico moderno, “digitale” e contemporaneo di una squadra che ha infinite armi sia in ampiezza che per vie centrali, sia per connessione di passaggi in nome della classe che nella verticalità più spinta, non si è citato il finalizzatore, il bomber e il robot.

Haaland si è divorato almeno tre gol contro il Real, tutti stoppati da tre miracoli di Courtois. Ma l’attaccante norvegese era semplicemente il pezzo del puzzle che mancava ad una rosa fortissima ma non completa. Il 9 perfetto per il profeta del “Falso Nueve”.

Il Manchester City è una squadra mai vista nel panorama calcistico attuale e che sulla carta non ha punti deboli. Un team che ha saputo anche evolversi rispetto alla delusione dello scorso anno.

Tatticamente trovando un modulo “nuovo” che incastra al massimo le pecularità dei propri giocatori e tecnicamente trovando l’attaccante più forte su piazza a colmare un vuoto su cui non si poteva intervenire.

E soprattutto mentalmente, con i Citizens che non hanno subito blackout e hanno rifilato un KO storico ai Re della Champions League. Ma che all’Etihad hanno dovuto abdicare alla rivoluzione degli Sky Blues.