Nati oggi: Jeremy Menez, dalla banlieu 94 alla Reggina

La storia di Jeremy Menez è quella di una lunga discesa nel purgatorio, e non si tratta della città calabra. Il francese, nato il il 7 maggio 1987 nella periferia parigina e cresciuto nella fantomatica Banlieu 94, era uno dei talenti più puri di quella generazione del calcio transalpino. Lui, Benzema, Nasri, Ben Arfa, tutti classe ’87. Brutti, sporchi, cattivi e notati di un talento sopraffino emerso dal cemento meticciato delle periferie parigine. Menez era considerato il più forte, si pensi. Ma è stato quello che più ha illuso, per quanto ha fatto promesso e per quanto non ha rispettato.

Cresciuto nel Sochaux, è stato il più giovane francese a firmare un contratto professionistico (nel 2003, a soli sedici anni) nonché a siglare una tripletta in Ligue1 (a gennaio 2005, non ancora diciottenne). Menez è un talento cristallino, spocchioso, quasi aristocratico. Christian Walgenwitz, tecnico dell’Under15 del Sochaux dice di lui:“Ho visto molti ragazzi talentuosi, di 14 anni e mezzo, di 15, ma di Jérémy non ne ho mai più visto uno…”.

Due anni al Monaco, da esterno di attacco segna 14 gol e abbaglia con i suoi dribbling. I difetti sono offuscati dalle giocate. Pigro, indolente, talvolta ingestibile sul piano caratteriale ed emotivo. A venti anni queste cose si perdonano ad un calciatore. Ma Menez non se le scrollerà mai di dosso. Nel 2008 passa alla Roma, Carlo Zampa lo rinomina “Houdini“. Forse non è un caso che nei tre anni nella capitale la Roma arrivi più in alto nel 2010, quando Ranieri lo usa con il contagocce. Eppure quell’anno contribuisce a ribaltare il derby, quando Sor Claudio all’intervallo leva Totti e De Rossi per mettere lui e Taddei. Il secondo si procurò il rigore del pari, Menez la punizione della vittoria. Ci penserà Vucinic a realizzarle, a proposito di calciatori indolenti.

Nel 2011 passa al Paris-Saint Germain. Fa due buone stagioni, contribuendo alla vittoria del primo titolo della gestione qatariota. Poi il terzo anno perde i galloni da titolare e sbotta contro Lucas, reo di avergli tolto il posto: “Sono qui da tre stagioni ma non sono brasiliano e non sono costato 40 milioni! Di questi tempi converrebbe essere straniero, qui al Psg”. Viene ceduto al Milan di Filippo Inzaghi, uno dei più brutti dell’ultimo ventennio. 16 gol giocando da falso nueve, alcuni colpi straordinari ma solo un decimo posto in classifica. L’anno dopo un’operazione all’ernia lo taglia fuori dai piani tattici di Mihajlovic.

Inizia a girovagare: Bordeaux, Antalyaspor, Club America in Messico, Paris FC in Ligue2. Non convince mai, non convince più. Svincolato, nella scorsa estate si accasa in serie B alla neopromossa Reggina, che già aveva puntato su operazioni di revival come Denis. Ma anche a Reggio, il solito, costante problema. “Deve lavorare di più per la squadra”.