Michael Ballack, capitano della Germania

Il 26 settembre 1976, la piccola città di Görlitz, in Sassonia, all’epoca Germania Est, dà i natali a Michael Ballack. Figlio di un ingegnere, muove i primi passi nelle giovanili del Motor Karl-Marx-Stadt, club oggi scomparso, ma che negli anni Cinquanta giocava in Coppa Campioni. La squadra, dopo la caduta del Muro di Berlino alla fine del 1989, cambia nome, e diventa Chemniz, dal nome della città che la ospita. Cambiano anche i colori di maglia: da giallo e azzurro a bianco e azzurro, quelli con cui esordisce, giovanissimo, in 2. Bundesliga, la seconda serie del calcio tedesco.

La squadra retrocede alla fine del campionato, ma con grazie anche alle 10 reti di Ballack, riconquista la 2. Bundesliga già l’anno successivo. L’impatto sulle categorie inferiori desta l’interesse del Kaiserslautern, oggi nobile decaduta del calcio tedesco, ma all’epoca neopromossa in Bundesliga. Nell’estate del 1997, Der Capitano, come verrà ribattezzato qualche anno dopo, lascia la Sassonia per la Renania.

Un giovane Michael Ballack

Nella prima stagione gioca solo qualche spezzone, ma dà comunque il suo contributo allo storico scudetto dei ragazzi di Otto Rehagel. È la prima volta che una neopromossa vince la Bundesliga, e c’è anche lo zampino del giovane Ballack. Va meglio, personalmente, l’anno successivo, quando diventa titolare inamovibile, sia in Bundesliga che in Champions League: alla fine, mette insieme 39 presenze e 4 reti.

In Germania, all’epoca, dietro al Bayern Monaco e al Borussia Dortmund, c’era un’altra squadra dalle ambizioni smisurate: il Bayer Leverkusen. Che su di lui investe 4,8 milioni di euro. Chiuderà il campionato 1999/2000 con la prima grande delusione della carriera. Al Bayer basta un pareggio contro l’Unterhaching, nell’ultima partita di campionato per vincere la Bundesliga. Arriva invece una sconfitta, propiziata proprio da un’autorete di Ballack. L’anno dopo, la reazione è veemente: chiude con 15 reti in 34 partite.

Ballack al Bayer Leverkusen

È probabilmente il centrocampista più forte in circolazione: corsa, visione di gioco, gol, non c’è nulla che non sappia fare. A parte vincere. Nel 2002 il Bayer finisce ancora al secondo posto, ad un solo punto dal Borussia Dortumnd. I giorni successivi sono calcisticamente drammatici. Prima perde la finale di Coppa di Germania, poi quella della Champions League. E a poco vale il titolo di miglior calciatore della Bundesliga, dopo una stagione gigantesca.

Non finisce qui. Ai Mondiali di Giappone e Corea, Ballack trascina la Germania alla finale. È suo il gol contro la Corea del Sud in semifinale, che qualifica i tedeschi all’atto finale. Cui Der Capitano, però, non parteciperà per squalifica. Sarà, comunque, la terza finale persa nello stesso anno.

Ballack al Bayern Monaco

Per tornare vincere, alla fine cede alla corte del Bayern Monaco. In Baviera resterà per quattro stagioni, vincendo tre volte la Bundesliga ed altrettante la Coppa di Germania. A fine contratto, nel 2006, dopo l’ennesima batosta con la maglia della Nazionale, eliminata dagli Azzurri ai Mondiali casalinghi, va al Chelsea, in Premier League. In Blues resta altri quattro anni, conditi da un Campionato e tre Coppe d’Inghilterra. Nel 2010, il romantico ritorno al Bayer Leverkusen. L’età e gli acciacchi, però, si fanno sentire, ed in due stagioni collezionerà solo 45 presenze e 5 reti.

Nel 2012 appende le scarpette al chiodo, ma resterà sempre uno dei più grandi talenti del calcio mondiale della sua generazione. Inserito da Pelè tra i migliori 100 calciatori di sempre, la Cancelliera Angela Merkel l’ha più volte citato come esempio di eccellenza teutonica, arrivando a dire: “Io sono Ballack”, per raccontare il momento brillante dell’economia tedesca nei primi anni Duemila.