Nati Oggi: Paolo Di Canio, tra Lazio, Regno Unito e mille polemiche

Paolo Di Canio

(Photo credit should read VINCENZO PINTO/AFP via Getty Images)

Paolo Di Canio nasce a Roma il 9 luglio 1968. Dalla Lazio, alla Lazio. Il ragazzo del Quarticciolo cresce attaccante nelle giovanili delle Aquile, delle quali sarà capitano, ed è forse qui che si inizia a plasmare il suo “pensiero” ed il suo temperamento: due cose che non lo avrebbero mai abbandonato, segnando i passaggi più importanti della sua carriera.

Il 15 gennaio 1989 il primo gol importante: l’1-0 decisivo nel derby, dopo tre anni di assenza della Lazio dalla massima serie. E via, sotto la curva giallorossa (e quale sennò?), con l’indice alzato.

Alla Juve, dal 1990 al 1993 non brilla, complici i dissapori con Trapattoni e quindi passa al Napoli di Marcello Lippi, dove viene ricordato per cinque gol, uno dei quali segnato al Milan dribblando due avversari del calibro di Maldini e Baresi. Proprio con i rossoneri giocherà dal 1994 al 1996, vincendo il primo scudetto. Ma anche i rapporti con Capello saranno complicati.

Nell’estate del 1996 passa al Celtic Glasgow. Annata deludente sul piano di squadra, ma di livello sotto il profilo personale. Dopo un solo anno approda in Inghilterra, casa Sheffield Weds. Nella prima stagione segna 12 gol, nella seconda spinge l’arbitro Paul Allcock e riceve una squalifica di ben undici giornate. Nel dicembre 1998 passa al West Ham dove in 4 anni e mezzo segnerà 48 gol in 118 presenze. Nel 2000 accadono due cose (tra le altre) a Di Canio: segna un bel gol al volo contro il Wimbledon il 16 marzo e poi, volente o nolente, ripulisce la sua immagina pubblica.

Il 18 dicembre, durante la trasferta sul campo dell’Everton, il portiere dei padroni di casa, Paul Gerrard, si avventura in un’uscita al limite dell’area, ma le sue ginocchia cedono e cade su sé stesso. La palla schizza verso l’ala destra dove un compagno di squadra mette al centro un cross per Di Canio, il quale poteva colpire il pallone prima di ogni altro giocatore. Invece afferra la palla con le mani fermando il gioco. Appena la folla capisce, il Goodison Park esplode in una ovazione. Di Canio per questo gesto riceve il Fifa Fair Play Award, unito a lettera ufficiale di encomio firmata da Joseph Blatter. Nello stesso anno viene inserito dai tifosi nell’undici ideale di tutti i tempi del West Ham.

Paolo Di Canio
(Mandatory Credit: Craig Prentis /Allsport)

Rimasto a Londra ma passato al Charlton, Paolo Di Canio torna agli onori della cronaca quando, nella stagione 2003/2004, dopo la trasformazione di un rigore contro il Leicester, mostra una maglia con su scritto «Onore a Fabrizio eroe vero». La dedica è per Fabrizio Quattrocchi, guardia di sicurezza privata italiana rapita e poi uccisa in Iraq in quei giorni.

Sir Alex Ferguson lo vorrebbe al Manchester United, ma Di Canio torna “a casa”nell’estate 2004, alla sua Lazio. Segna nel derby del 6 gennaio 2005 vinto per 3-1 e si ritrova sotto la curva romanista come 16 anni prima. Contro la Juventus altro episodio, come dire, discutibile. Saluto romano ai tifosi laziali, e conseguente squalifica. Per attriti con Delio Rossi e Lotito lascia definitivamente i biancocelesti nell’estate del 2006. A luglio, infatti, firma con la Cisco Roma, squadra con la quale gioca anche la sua ultima partita in carriera: contro il Benevento, il 27 gennaio 2008. Segna una doppietta, insulta l’arbitro, becca quattro giornate e alla fine la gara termina sul 4-2 per i campani.

Paolo Di Canio: dopo il ritiro da calciatore

Dopo il ritiro, Di Canio intraprende la carriera di allenatore. Riporta lo Swindon Town in League One tra gli applausi, ma dopo continui contrasti con la dirigenza del club rassegna le dimissioni. Il 31 marzo 2013 diventa allenatore del Sunderland, facendo subito dimettere un dirigente della società che non voleva lavorare con un “fascista”. Il Sunderland comunque riesce a salvarsi, ma la stagione 2013/2014 si apre malissimo ed il 22 settembre 2013 Di Canio viene esonerato.

Attualmente, Di Canio lavora da anni come opinionista a Sky, nonostante un periodo di sospensione per l’ennesimo caso, relativo al suo tatuaggio con la scritta “DUX” apparso in bella vista in diretta.