Sandro Mazzola e Pelè

L’eredità

Figlio di Valentino Mazzola, scomparso nella tragedia di Superga che nel 1949 strappa al calcio e alla vita la squadra più forte dell’epoca, Sandro Mazzola nasce a Torino l’8 novembre 1942. Arriva all’Inter nel 1957, ed il suo esordio risale alla famosa ripetizione di Juve-Inter del 1961. Quando Angelo Moratti, in segno di protesta, ordina ad Helenio Herrera di schierare la Primavera. Finisce 9-1, e a segnare, su rigore, il gol della bandiera, è proprio il diciottenne Sandro Mazzola.

Nel calcio che conta

Non è che un anticipo di quello che verrà. Nella stagione 1962/1963, dopo un avvio zoppicante, l’allenatore argentino lancia Mazzola tra i titolari, insieme ad un altro giovane, Facchetti. L’Inter trova solidità, recupera terreno sulle concorrenti e a marzo conquista la vetta, senza lasciarla fino al termine della stagione. Non è solo il ritorno, dopo nove anni, allo Scudetto, ma anche il primo mattone di quella che passerà alla storia come la Grande Inter.

La Grande Inter

L’anno successivo è quello della prima partecipazione alla Coppa dei Campioni, e Mazzola è ormai titolare inamovibile, ma ancora nel ruolo di interno di centrocampo, con licenza di dribblare e cercare la porta. Alla fine della stagione, i nerazzurri non riescono a bissare il successo in Campionato, superati nello spareggio tricolore dal Bologna. Vincono, però, la loro prima Coppa dei Campioni, superando in finale per 3-1 il Real Madrid, con due reti proprio di Sandro Mazzola, ormai ai vertici del calcio europeo.

A settembre del 1964 arriva anche la Coppa Intercontinentale (per superare l’Independiente servirono tre match, ndr) preludio alla stagione migliore di sempre. L’Inter torna a vincere sia il Campionato, in rimonta sui cugini del Milan, sia la Coppa dei Campioni, superando, questa volta, i portoghesi del Benfica (1-0) nella cornice di San Siro. Nell’autunno del 1965 l’Inter conquista la sua seconda Coppa Intercontinentale, ancora ai danni degli argentini dell’Independiente, superato all’andata per 3-0, con due gol di Mazzola. Nel 1966 arriva ancora lo scudetto, e la stagione successiva un’altra finale di Coppa dei Campioni, in cui l’Inter viene però superata dagli scozzesi del Celtic per 2-1.

Tra Nazionale e Rivera

Il ciclo d’oro dell’Inter ha superato il proprio apice, ma per Sandro Mazzola il meglio non è ancora arrivato. In Nazionale, infatti, si apre un ciclo quasi impossibile da replicare, che porta alla vittoria dell’Europeo casalingo del 1968 ed alla finale dei Mondiali del Messico del 1970. Sono gli anni in cui l’alter ego di Mazzola, Gianni Rivera, il Golden Boy del Milan, vince il Pallone d’Oro (1969), dando vita ad uno dei dualismi più belli che si siano mai visti in Azzurro. Senza acredine, e con un rispetto reciproco arrivato fino ad oggi.

Nel 1971, l’Inter torna a vincere lo Scudetto, l’undicesimo, il quarto per Mazzola, che alla fine dell’anno sfiora il successo anche nella classifica del Pallone d’Oro. Arriva secondo, dietro ad un imprendibile Johan Cruijff, che qualche mese dopo deciderà la finale di Coppa dei Campioni tra Ajax e Inter (la quarta nella storia nerazzurra, tutte con Mazzola) con una doppietta.

L’addio

Negli anni successivi, le colonne della Grande Inter – Jair, Corso, Burgnich e Bedin – lasciano il club, mentre Mazzola e Facchetti guidano, negli ultimi anni di carriera, la transizione. L’ultima apparizione, è datata 3 luglio 1977, giorno della finale di Coppa Italia contro il Milan (persa 2-0). Congedandosi dal grande calcio, il capitano nerazzurro si rivolge ai giornalisti con uno dei versi più celebri della Divina Commedia: “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”. Ricordando a tutti, che anche i campioni hanno dei limiti, ma anche che calcio e cultura possono vivere benissimo sullo stesso piano.