Robinho, quando un uomo non merita di essere definito tale

Robinho

(Photo by Friedemann Vogel/Getty Images)

Robinho. All’anagrafe Robson de Souza. Chi non conosce Robinho? Stella del Real Madrid, del Manchester City, del Milan. Per quei pochi che non hanno familiarità, in questi giorni, probabilmente stanno conoscendo la grave vicenda giudiziaria che lo riguarda. Robinho è stato infatti condannato a 9 anni di reclusione dai giudici di Milano, per uno stupro di gruppo avvenuto nel 2013 in una discoteca del capoluogo lombardo. Vestiva la maglia del Milan, maglia con cui ha conquistato uno scudetto ed una Supercoppa Italiana. Personaggio carismatico, sorridente, con la gioia stampata in faccia. Peccato che, dentro di sé, vi fosse l’anima infima di un uomo che non è un uomo. 

Pochi giorni fa, la Corte d’Appello di Milano ha reso note le motivazioni della sentenza che ha confermato la condanna il 10 dicembre 2020. Parole da brividi, che suscitano un senso di ribrezzo e assoluto sdegno. Le stesse sensazioni che, consequenzialmente, ora si possono provare nel leggere il nome del calciatore. Le parole vanno riportate, anche se fanno male. Non solo per dovere d’informazione ma anche, e soprattutto, nel rispetto della ragazza albanese ai tempi 23enne.

Robinho e i suoi complici abbiano manifestato particolare disprezzo nei confronti della vittima, brutalmente umiliata,cercando inoltre fin da subito di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata. […] Il quadro probatorio dimostra in modo inequivocabile lo stato di totale incoscienza della persona offesa prima dei rapporti sessuali, dalla stessa subiti senza essere in grado di opporsi. L’assoluta mancanza di consenso (…) era evidente e chiara agli imputati i quali ne hanno approfittato per soddisfare i propri istinti sessuali”.

Che anima può esistere in un uomo

Cresciuto nella fame, nella povertà di una favela di Sao Vicente. Robinho, nel corso della sua vita, ha vissuto momenti duri come il rapimento della madre. Momenti duri che, evidentemente, non gli hanno insegnato ad essere un uomo migliore. Nel 2009 era già stato accusato di stupro, ai danni di una studentessa. Venne rilasciato su cauzione ed in seguito scagionato. Una vita tra gli applausi, i cori, gli elogi. Lo sfarzo del successo che arriva quando il talento ti fa arrivare in alto. Quante persone innamorate della brillantezza delle sue giocate. Quante donne avranno urlato il suo nome allo stadio, in preda alla passione per la propria squadra. Senza sapere cosa vi fosse davvero nell’anima di Robinho, posto che ve ne sia una. Che anima può esserci dentro un uomo che uccide l’anima stessa di una donna, profanando la sua intimità, umiliando la sua dignità?

Il Santos, che lo aveva acquistato nell’estate del 2020, ha deciso di rescindere il suo contratto conoscendo la vicenda. Globo Esporte pubblicò delle raccapriccianti intercettazioni tra il calciatore e uno degli amici coinvolti, tale Ricardo Falco. Conversazioni in cui emerge il disprezzo. Agghiaccianti descrizioni dell’accaduto, epiteti umilianti, con la consapevolezza di essere intoccabili. Non stavolta. Perché, di intoccabile, c’è sempre e solo l’onore di una donna, come di un uomo. Che Robinho paghi per ciò che ha fatto, che il calcio sia privo di certe persone. Il calcio e, auspicabilmente, il mondo.