Spagna, da ‘Invincibile Armada’ a squadra fragile e vulnerabile

Spagna

(Photo: MB Media/Juan Jose Ubeda, via Imago Images)

Altro giro, altro pareggio. La Spagna frena ancora. Dopo lo 0-0 con la Svezia, gli uomini di Luis Enrique non riescono a trovare la prima vittoria di questo Europeo contro la Polonia. Un pareggio ancor più amaro perché, il gol siglato da Morata, invece di dare la carica ha portato ad un rilassamento costato caro nella seconda frazione con il pari di Lewandowski.  Nulla è perduto. Nell’ultima gara contro la Slovacchia, un’eventuale vittoria, può rilanciare la Spagna verso la qualificazione agli ottavi. Anche se, a questo punto, il rischio di una beffa c’è e incombe sui tifosi della Roja.

La Spagna, ancora una volta, conferma quanto visto nelle ultime uscite internazionali. Dalla clamorosa eliminazione al Mondiale in Brasile del 2014 nella fase a gironi – da campioni del mondo – alla debacle di Russia 2018 agli ottavi di finale contro i padroni di casa, bravi a portare il match ai calci di rigore, e vincerlo dopo l’1-1 dei tempi regolamentari e supplementari. Nel mezzo c’è la sconfitta contro l’Italia di Antonio Conte a Euro 2016. La Invincibile Armada in grado di dominare tra il 2008 e il 2012 non esiste più e, il cambio generazionale, non ha fatto che ridimensionare le ambizioni di un movimento calcistico che – nello scorso decennio – aveva dato l’idea di aver toccato le vette più alte della bellezza e della magnificenza del pallone, nella produzione del gioco e nella concretezza dei risultati.

Due Europei consecutivi conquistati (2008 e 2012, ndr) e il Mondiale del 2010 in Sudafrica. Una generazione di dèi del calcio come Xavi, Iniesta, Casillas, Ramos, Piqué, Torres, capace di battere i record della grande Germania degli Anni 70. Un nucleo di fuoriclasse che non ha trovato eredi all’altezza del loro genio. La Spagna, da artefice di un gioco ipnotico, moderno, intraprendente, solido, si riscopre fragile, vulnerabile e priva di carattere. Ora il match con la Slovacchia sarà cruciale ma, in ogni caso, gli iberici vanno verso la conclusione di un decennio che ha il sapore di un ritorno alla ‘normalità’ del gioco, dopo essere stati nell’Olimpo.