Svezia, il catenaccio paga: dopo l’Italia ci casca la Spagna

Svezia, la lezione di Janne Andersson

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Fa strano che, nella patria del catenaccio, si siano levati cori di stupore nei confronti della prestazione della Svezia di ieri sera. Del resto, l’Italia sa bene quanto il sublime catenaccio scandinavo sia capace di essere efficace e mortifero. Ne portiamo addosso le cicatrici, quelle del Mondiale 2018 perso nello spareggio spartiacque della storia recente della Nazionale. Non era l’Italia di Mancini, ma di Ventura, una squadra decisamente meno propositiva e bella da vedere. La Svezia, invece, è sempre la stessa, un meccanismo a suo modo perfetto, senza Ibrahimovic, paradossalmente, ancora di più. Con Isaak capace di fare reparto da solo, e un Olsen così, diventa difficile per chiunque.

Anche per la Spagna di LuisEnrique, che certo non è quella di un decennio fa, ma neanche si può paragonare all’Italia del 2017. Di fronte a due linee serrata e corte, ci vuole tanta fantasia, e a volte non basta. La domanda adesso è: dove può arrivare, così, la Svezia? Chi può dirlo? Ma qualcuno di certo ricorderà la Grecia Campione d’Europa del 2004. La Nazionale ellenica, allenata da Otto Rehagel, portò a casa l’Europeo a colpi di 1-0. Nel girone, guarda caso, c’era proprio la Spagna, che finì terza e fuori dai quarti. Certo, era un altro calcio, un’altra epoca. Ma alla fine dei conti, è sempre lo stesso sport, vince chi segna una rete in più dell’avversario. Oppure, chi ne prende una in meno, filosofia un po’desueta, ma non per questo meno valida, come sa bene Janne Andersson.