Ibrahimovic Milan

(Photo by ANDREAS SOLARO/AFP via Getty Images)

In porta

Mettiamo le mani avanti. Erano anni che in Serie A non si vedevano così tanti giovani talenti. Alcuni lanciati dalle grandi squadre, altri emersi, per necessità e talento, dalle piccole e dalle medie. In tutti i ruoli, a partire ovviamente dalla porta, vecchio orgoglio del calcio nazionale, che nel ruolo ha sfornato i migliori talenti di ogni epoca. O quasi. Dopo la “sbornia” collettiva per i portieri brasiliani, e dopo la moda europea degli spagnoli, Donnarumma, Cragno e Gollini sono lì a ricordarci che non c’è bisogno di andare lontano.

In difesa

In difesa, dove l’esperienza conta non poco, Bastoni si è guadagnato la maglia da titolare nell’Inter un pezzo alla volta. Mentre la Juve ha portato in Serie A il miglior prospetto mondiale, quel De Ligt chiamato quest’anno a confermare quanto di buono fatto vedere ai tempi dell’Ajax. Dietro di lui, Demiral, di nuovo fermo ai box, su cui però i bianconeri puntano fortemente. Così come su Cristian Romero, mandato a farsi le ossa all’Atalanta, non una scuola qualsiasi, ma una sorta di Università del calcio.

E poi, ci sono i rimpianti, legati soprattutto a Rugani, andato al Rennes a cercare la definitiva consacrazione ad alti livelli. Senza dimenticare Romagnoli, capitano del Milan e nel giro della Nazionale, giovane ma non giovanissimo, a cui manca ancora l’ultimo gradino per raggiungere una dimensione internazionale. E ancora, da Kumbulla a Koulibaly, passando per Acerbi, i difensori migliori della Serie A non sfigurerebbero con le maglie dei più grandi club al mondo.

A centrocampo

Anche a centrocampo il talento non manca. Ne è ricchissima l’Inter, con Sensi, Barella ed Eriksen, al di là degli equivoci tattici e degli infortuni, che formano un trio (ipotetico) eccezionale. Non manca al Milan, che si gode dopo una lunga attesa l’esplosione di Calhanoglu e Kessie. Ha fatto scelte diverse la Juve, ma Rabiot che ritrova la nazionale francese e Arthur che brilla con quella verdeoro non sono un caso. E ancora, De Paul, a cui ormai la dimensione Udinese sta decisamente troppo stretta, Zaniolo, prossimo (e fragile) re della Roma, Milinkovic-Savic e Luis Aberto, che da anni fanno vedere cose meravigliose con la Lazio.

La fantasia

Quindi, c’è quella categoria ibrida e difficilmente collocabile che sono in trequartisti, le mezze ali, in fantasisti. Che secondo molti non esistono più, ma che forse si sono solo momentaneamente arresi alle esigenze tattiche dominanti. Pensiamo al Papu Gomez, certo non giovanissimo, ma anche a Dybala, di nuovo ad Eriksen, alla variabile Mkhitaryan, a Lorenzo Insigne, a Federico Chiesa e a Boga, che De Zerbi ha definito, senza mezzi termini on tentennamenti il più grande dribblatore al mondo dopo Messi.

Bella, ma poco attraente

Insomma, una Serie A bella e divertente, e il merito è ovviamente di chi scende in campo. E segna. Quindi Ibra, Ronaldo, Immobile, Lukaku, campioni, senza ombra di dubbio, ma quanti di loro troverebbero spazio nei club più forti del mondo? Ecco il senso di un titolo così. Che serve a ricordarci quanto sia importante puntare sui giovani. Ma ancheq quantosia bello credere nella fantasia e nel talento, perché senza piedi buoni è più difficile giocare a calcio (principio che sta molto a cuore a De Zerbi). Ma dietro a tutto questo, c’è anche una ormai endemica incapacità di essere realmente competitivi sul mercato. I nostri club, al netto dell’affare Ronaldo, arrivato comunque a 33 anni, non riescono ad attrarre in campioni di domani. Hanno difficoltà a convincere quelli di oggi, e sembrano ormai un porto sicuro per quelli di ieri.

E questo non vuol dire togliere qualcosa alle prestazioni abnormi di due mostri sacri come Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo, ma solo sospirare, a volte, vedendo le progressioni di Mbappé e Salah, o contare i grappoli di gol di Haaland e Lewandowski. Consapevoli che giocatori din quel calibro, in questa Serie A, non arriveranno mai. Un po’ perché i fatturati non lo permettono, e c’è ben poco da fare, un po’ perché non c’è grande voglia di rischiare e soprattutto, aspettare. Proprio Haaland è un esempio calzante, perché la sua rapida crescita era evidente a tutti, e il prezzo pagato dal Borussia Dortmund, dopo pochi mesi, sembra già più che conveniente. Un altro esempio, ancora più grave, se così si può dire, riguarda Verraatti, talento fatto in casa e andato a sbocciare al Psg, che certo non ha ricoperto d’oro il Pescara.

Intanto, Tonali fa ancora fatica nel Milan, ma l’augurio è che possa crescere bene. Specie all’ombra di un grande vecchio come Ibra, circondato da ragazzi di belle speranze, chissà se futuri campioni. Quelli che, alla fine dei conti, fanno vendere i biglietti, le maglie e i diritti televisivi all’estero, in un circolo virtuoso che l’Italia del grande calcio deve necessariamente far ripartire.