(Photo by ADRIAN DENNIS/AFP via Getty Images)

Alla fine degli anni Novanta la Serie A è, senza dubbio, il campionato più ambito e prestigioso del mondo. Merito anche di un livellamento verso l’alto guidato dalla crescita esponenziale – al fianco delle big storiche Juve, Inter e Milan – di Parma, Roma, Lazio e Fiorentina. La squadra di Cecchi Gori è ambiziosa, alla guida mette un comandante navigato come Trapattoni, e in campo giocatori di altissimo livello. Su tutti ricordiamo Toldo, Rui Costa e Batistuta.

Mandatory Credit: Gary Prior /Allsport

Non sorprende, così che alla fine della stagione 1998/1999 i Viola chiudano al terzo posto, valido per i preliminari di Champions League. Che la Fiorentina supera in scioltezza, sbarazzandosi dei polacchi del Widzew Łódź, battuti 3-1 all’andata e 2-0 al ritorno. In estate, intanto, a rinforzare e allungare la rosa sono arrivati Chiesa, Mijatovic, Di Livio, Bressan, Morfeo, Adani, Taglialatela come secondo portiere. Il girone è tosto, per non dire impossibile: gli svedesi dell’AIK non fanno paura, il Barcellona e l’Arsenal decisamente di più.

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Lo scontro da dentro o fuori si gioca alla quinta giornata, il 27 ottobre 1999, nella spettacolare cornice di Wembley, che ospita le gare interne dei Gunners in Europa. A Tony Adams e compagni, in vista dell’ultimo impegno contro l’AIK, basta un pareggio. Alla Fiorentina, appaiata all’Arsenal in classifica, serve disperatamente la vittoria. Che arriva, al 75′ di una partita tiratissima, segnato, manco a dirlo, da Gabriel Omar Batistuta.

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Resterà una data storica per i tifosi della Viola, sia perché Wembley non è uno stadio come gli altri, sia perché, così, la squadra si qualifica al girone successivo. Che si dimostrerà però uno scoglio insormontabile. Pesca il Manchester United e il Valencia, che di quell’edizione sarà finalista, ma a vanificare le ambizioni di alta quota dei Viola sono i due pareggi contro il Bordeaux. Saranno gli unici due punti dei francesi nel girone, un rimpianto in più, a posteriori, per la Fiorentina.