Belgio, la ‘generazione d’oro’ stecca ancora e Martinez incolpa la pressione

Belgio

(Photo by Laurence Griffiths/Getty Images)

“Troppo bella per essere vincente”. Era ciò che si diceva dell’Olanda splendente del 1974, quella in grado di creare un calcio totale, di puro estetismo e bellezza del pallone. Un calcio da applausi, da serate di gala e champagne, ma non in grado di oltrepassare il pragmatismo cinico e solido della Germania Ovest, guidata dalla leggenda Gerd Muller. Oggi, quell’affermazione sopracitata – con le dovute proporzioni – rischia di essere affibbiata al Belgio di Roberto Martinez.

I Diavoli Rossi, ancora una volta, cadono sul grande palcoscenico. Anche se, così grande, poi non è. Questa volta era la Nations League la grande occasione, quella per dare un seguito agli elogi di un gruppo che da anni siede al cenacolo dei ‘favoriti’, tra Mondiali ed Europei, ma senza mai riuscire a lasciare il segno. La sconfitta con la Francia è di quelle che fa male. Dopo un primo tempo praticamente perfetto, dal punto di vista stilistico e della concretizzazione, la squadra di Martinez ha ceduto le redini della partita all’esperta e spietata Francia campione del Mondo di Didier Deschamps. Un’altra delusione, un’altra caduta della ‘Generazione d’oro’.

A fine partita, Martinez è andato dritto al sodo. “Il problema è stata l’emozione, la responsabilità di andare in finale. Abbiamo smesso di giocare, la responsabilità che abbiamo provato verso i tifosi. Questa generazione sente il peso di portare un trofeo in modo disperato. La pressione di non-essere un’outsider. Di essere al tavolo dei grandi, senza la storia e la tradizione dei grandi. Non basta la guida di uno dei migliori centrocampisti al mondo come De Bruyne, la grandezza di un portiere come Courtois. Non basta neppure l’esperienza e la maturità di uomini come Hazard, Lukaku, Vertonghen e Alderweireld. Il Belgio, dopo essere stato accomunato nuovamente ai grandi per il proprio potenziale, si riscopre ancora una volta piccolo e, il Mondiale in Qatar, può essere forse l’ultima chance della Generazione d’oro per lasciare il segno dopo tante promesse mai concretizzatesi.