Brentford, Eriksen: “Ero morto, risvegliarsi è stato come un sogno”

Brentford Eriksen

(Photo by Marc Atkins/Getty Images)

Christian Eriksen è tornato a parlare del malore che lo ha colpito agli ultimi Europei. Il centrocampista del Brentford ha raccontato le sensazioni vissute in quei momenti, lasciandosi andare a dei toccanti dettagli. Ecco le sue parole, riportate da Calciomercato.com.

Brentford, Eriksen torna a parlare del malore

I momenti del malore
“Potevo vedere il Parken dalla mia stanza e sentire gli applausi dal mio letto d’ospedale. Non avrebbero dovuto giocare, non dopo quel trauma. Non sapevo cosa fosse successo, non mi ero reso conto di cosa avessero visto.
Quando mi sono risvegliato ho sentito che i medici premevano su di me, ho lottato per respirare, poi ho sentito voci deboli e dottori che parlavano. Stavo pensando che non posso essere io quello sdraiato qui, sono in buona salute. Il mio primo pensiero è stato di essermi rotto la schiena. Posso muovere le gambe? Posso muovere le dita dei piedi? Piccole cose del genere. Ricordo tutto. Tranne quei minuti in cui ero in Paradiso. Quando mi sono svegliato dalla rianimazione, è stato come svegliarmi da un sogno, ero lontano. Di solito, ricordi frammenti di un sogno, ma non ricordo nulla di quando sono svenuto”.

Sul come lo ha affrontato
“Quando il nostro cardiologo ha detto che avevo 30 anni, l’ho corretto e gli ho detto: ‘Ehi, ho solo 29 anni!’. Ho ripreso conoscenza subito. Ricordo l’atmosfera. Il cordone intorno a me per proteggermi. Ho alzato lo sguardo e ho visto i fan cantare. Sono stato portato via in ambulanza, me lo ricordo bene. Fino a quel momento non mi sono reso conto di essere morto. Uno dei paramedici ha chiesto al medico della squadra: ‘Per quanto tempo è rimasto privo di sensi?’. Il nostro medico ha risposto: ‘Da tre a quattro minuti. Ho rivisto quello che mi è successo. La prima volta è stata quando ero in ospedale. Erano passati un paio di giorni prima che vedessi la scena vera e propria in cui collasso. Mi ha infastidito un po’; non c’erano segni che ciò sarebbe accaduto, quindi perché è successo? È stata una cosa molto strana da affrontare”.

Eriksen, il calcio e il Brentford
“Volevo fare tutti i test e parlare con tutti i medici per vedere se ci fosse la possibilità di tornare a giocare. Ma da allora, credo che meno di una settimana dopo, mi hanno detto ‘hai un defibrillatore, ma per il resto non è cambiato nulla, puoi continuare a vivere una vita normale e non c’è limite a ciò che vuoi fare’. È stato un sollievo, ma anche strano perché non volevo esagerare, non volevo correre rischi, quindi è per questo che sto facendo molti test per assicurarmi che vada bene. Quello che sto facendo ora non mi influenzerà tra 30 anni e quello era l’obiettivo principale. Se mi dicono che qualcosa è cambiato, allora sarà diverso. Non vedo alcun rischio. Ho un defibrillatore, se succede qualcosa sono al sicuro. Con quello non ci sono limiti; le persone possono correre maratone, fare immersioni profonde”.