Ni el mar,
que frente a ti saltaba sin poder defenderte.
Ni la lluvia. Ni el viento, que era el que más rugía.
Ni el mar, ni el viento, Platko,
rubio Platko de sangre,
guardameta en el polvo,
pararrayos.

 

 

 

 

 

Il nostro viaggio inizia così, con questi versi che nel 1928 Rafael Alberti dedicò a Franz Platko, all’anagrafe Ferenc Plattkó Kopiletz.

Rafael Alberti è stato un poeta spagnolo nato a Cadice, in Andalusia, nel 1902. Fu uno dei maggiori protagonisti della cosiddetta Generazione del ’27, un gruppo di letterati e artisti spagnoli che si fecero conoscere nel panorama culturale intorno alla Gaceta literaria fondata, appunto, nel 1927. Tra gli altri, parteciparono anche Salvador Dalí e Federico García Lorca.

Questi versi costituiscono l’incipit dell’Oda a Platko, comparsa nella prima pagina del periodico La Voz de Cantabria il 27 maggio 1928. L’ispirazione per questo componimento si deve a qualche giorno prima, il 20 maggio 1928. In quella data si giocò la finale di Copa del Rey tra Barcellona e Real Sociedad. Siamo a Santander, nello stadio El Sardinero, sotto una pioggia battente. La partita terminò 1-1 e, per questo, fu necessario ripeterla altre due volte per avere una vincitrice. All’epoca, infatti, non era stata ancora introdotta la consuetudine dei calci di rigore, pertanto in caso di pareggio si ricorreva alla ripetizione dell’incontro. Quella finale venne rigiocata con lo stesso risultato il 22 maggio, prima di avere, il 29 giugno, una vincente: con un punteggio di 3-1 il Barcellona si aggiudicò il trofeo.

Nella prima delle tre finali Alberti era sugli spalti. Rimase catturato da quello che fu l’eroe di quella partita: Franz Platko, il portiere ungherese dei blaugrana, colui che sigillò il pareggio.
Sul finale del primo tempo ci fu una buona azione della Real, che portò il centravanti Cholin a tu per tu con l’estremo difensore ungherese. Il gol sembrava inevitabile, ma Platko ci mise letteralmente la faccia: si tuffò sul piede dell’avversario proprio mentre caricava il tiro, ricevendo sulla testa il calcio destinato al pallone. Evitò la rete, ma cadde a terra con il volto insanguinato. Uscì dal terreno di gioco fortemente stordito e lasciò la sua squadra in dieci: al tempo non erano state introdotte neanche le sostituzioni. Dopo l’intervallo non tornò in campo e, ironia della sorte, si fece male anche il centravanti Samitier: i blaugrana restarono in nove.
Gli vennero applicati sei punti di sutura e un vistoso bendaggio – che perse giocando -, poi tornò in campo ricevendo un’ovazione della folla. Anche Samitier rientrò poco dopo. La partita, come detto, finì 1-1.

Rafael Alberti rimase così sorpreso dal comportamento del portiere tanto da mettere in versi la sua ammirazione.

Né il mare né il vento, Platko,
biondo Platko di sangue,
portiere nella polvere,
parafulmini.