Da scommessa mancata a centro nevralgico: la parabola azzurra di Jorginho

Jorginho

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Jorge Luiz Frello Filho o, più semplicemente, Jorginho, è senza dubbio l’uomo del momento. Dopo aver guidato il centrocampo del Chelsea vincitore dell’ultima Champions League l’ex regista del Napoli ha dettato i tempi nella mediana dell’Italia fresca trionfatrice all’ultimo Europeo. La sua avventura in Nazionale, a ben guardare, somiglia molto a un motore diesel: partenza lenta, anzi lentissima, ma oggi il bicilindrico italo-brasiliano corre che è una meraviglia.

Convocato per la prima volta da Antonio Conte e inserito dallo stesso tecnico leccese nell’elenco dei 30 pre-convocati per Euro 2016, Jorginho è rimasto fuori dalla lista dei 23 nonostante un centrocampo non certo ricco di nomi altisonanti e rimasto nel frattempo privo di Pirlo per sopraggiunti limiti di età e di Verratti e Marchisio per via dei rispettivi infortuni. La successiva gestione di Giampiero Ventura ha lasciato più interrogativi che altro. Jorginho è stato snobbato per un anno e mezzo: “Per lui non c’è posto in questa Nazionale” disse Ventura riferendosi a Jorginho, salvo poi convocarlo per lo spareggio contro la Svezia dove l’italo-brasiliano fu inserito in un contesto tattico totalmente avulso come quello del 3-5-2. Il risultato, ahinoi, è storia.

Al momento del suo insediamento sulla panchina Azzurra, invece, Roberto Mancini è partito da due punti fermi: il 4-3-3 e Jorginho nel cuore del centrocampo, con gli altri interpreti a ruotare al suo fianco. Verratti e Locatelli, Barella e Pessina o gli infortunati Sensi e Pellegrini hanno sempre dovuto fare i conti con la presenza del metronomo del Chelsea nel cuore del gioco. I risultati si sono visti nell’ultimo mese, quando il motore diesel proveniente dal Brasile ma con sangue italiano ha raggiunto il numero massimo di giri, regalando alla macchina azzurra un viaggio verso la gloria.