Dall’Europa ai diritti tv: il calcio italiano esce sempre sconfitto

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(Photo by DANIEL MIHAILESCU/AFP via Getty Images)

Dalla matematica alla religione, in molte culture il numero 3 rappresenta la perfezione. La scuola pitagorica, un movimento filosofico-scientifico nato nel I secolo avanti Cristo, considera il 3 un numero perfetto. In quanto sintesi del pari (2) e del dispari (1). Dante lo considerava perfetto perché rappresentava la santissima Trinità ed i cinesi perché numero della totalità cosmica: cielo, terra e uomo. Eppure da quest’anno il numero 3, per il calcio italiano, rappresenta la sua totale disfatta sia in campo europeo che in campo economico. Sono state infatti 3 le finali perse dalle squadre italiane nelle maggiori competizioni europee e sempre 3 sono le buste presentata dai broadcasters per l’acquisto dei diritti tv, contenenti le offerte più basse mai ricevute dalla Lega Serie A.

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(Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

Lo scarso appeal della Serie A

Lo hanno imparato nel peggiore dei modi i presidenti Gravina e Casini. Così come quei tifosi ciechi che continuano a confidare su chi occupa le poltrone del potere. Il mercato traccia in modo spietato il confine tra la sicurezza in se stessi e la presunzione, Una presunzione che la Serie A ha continuato a celebrare abbellendo a parole la propria mercanzia pur consci dello scarso valore reale della stessa. Una presunzione che ha portato gli uomini ai vertici della Serie A ad urlare a squarcia gola lo slogan “Il calcio Italiano è tornato” per poi ricevere dritta sul grugno la tanto amara quanto dura realtà.

Anni ed anni di cattive governance, totale incapacità di investire in modo intelligente da parte dei vari presidenti, scelte condizionate dalla politica. Tutto questo, a dispetto delle bugie che uno si vuole raccontare, ha portato il campionato italiano ad avere sempre meno appeal. Sia per quel che riguarda i diritti tv che il calciomercato. Il livello tecnico del campionato è decisamente basso per via dell’assenza di grandi campioni, le società non riescono ad investire come prima e i giocatori non sono più attratti dal venire a giocare in Italia. Ciò si riflette anche sulle trattative per l’acquisizione dei diritti tv, sia a livello nazionale che estero, come dimostra l’offerta presentata, meno di 600 milioni, ai vertici della Lega.

Eppure tutto ciò, a chi in questi anni ha prestato attenzione e non si è fatto ingannare dal fumo negli occhi, era palese. Stadi obsoleti, una degradante cultura sportiva che vive solo di polemiche arbitrali. Ed una giustizia sportiva che ha alterato un’intera stagione lavorando in maniera errata e frettolosa. Hanno spinto sempre di più il calcio italiano sul baratro della disfatta.

La verità purtroppo è questa. Nonostante lo splendido Napoli, che quest’anno ha proposto un buon calcio sia in Italia che in Europa, il calcio italiano continua ad essere tutto fumo e niente arrosto. I club sono costretti a cedere i propri gioielli per restare a galla e gli investimenti sono limitati. Sul campo, l’ennesima mancata qualificazione ai mondiali della Nazionale maggiore per la seconda volta consecutiva, la sconfitta dell’Under 20 al mondiale di categoria. Il mancato passaggio dei gironi dell’Under 21, che ha vanificato oltre all’Europeo anche il sogno olimpico.

Le sconfitte di Inter, Roma e Fiorentina sono lo specchio di ciò che è oggi il calcio italiano. Un calcio fatto di sole parole e di spese inutili. Atte a cercare di fare bella figura subito ricoprendo però le macerie che scaturiscono dalle decisioni sbagliate. Anziché pianificare il futuro rinnovando stadi e investendo nei settori giovanili riformando i campionati. Sfortunatamente la realtà del calcio italiano è di gran lunga più triste di quanto appaia e se le società che compongono la Serie A continueranno a farsi la guerra invece di fare fronte comune per tentare di cambiare, ben presto quello che reterà sarà soltanto un ricordo.