Dall’exploit alla crisi: che succede allo Sheffield United?

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(Photo by LAURENCE GRIFFITHS/POOL/AFP via Getty Images)

Da sorpresa della scorsa Premier League a un avvio di campionato da incubo. Lo Sheffield United che solo qualche mese fa lottava per un piazzamento europeo vive ora un momento di crisi difficile da spiegare, ma perfettamente descritto da numeri impietosi.

Difesa fragile e attacco sterile

Dopo sei giornate di campionato, i Blades sono penultimi in classifica, a 1 punto, peraltro conquistato in casa contro il Fulham, ultimo solo per differenza reti. Che, per quanto riguarda i biancorossi, recita -6, in virtù dei dei 9 gol subiti e dei soli 3 fatti. Fin qui lo Sheffield non ha mai subito più di due gol a partita (la sconfitta più netta è lo 0-2 contro il Wolverhampton, alla prima giornata), ma non ne ha mai segnato più di uno, rimanendo a secco nei primi tre impegni stagionali (i due casalinghi contro i già citati Wolves e il Leeds, e la trasferta contro l’Aston Villa). Due dei tre gol siglati finora, da Sharp contro il Fulham e da Berge contro il Liverpool, sono arrivati inoltre su calcio di rigore, a ulteriore dimostrazione di quanto la crisi dello Sheffield sia principalmente di gioco.

Il progetto di Chris Wilder

Già, il gioco. La colonna portante non di una stagione sorprendente, ma di un progetto tecnico duraturo e vincente, che ha permesso ai Blades di fare un doppio salto di categoria in sole quattro stagioni. Dalla League One alla Championship nel 2017 e dalla Championship alla Premier League due anni più tardi. Un progetto il cui fulcro è il tecnico Chris Wilder, accanito tifoso ed ex giocatore proprio dello Sheffield, ma con un curriculm tutt’altro che di primo piano al momento della nomina sulla panchina biancorossa. Una seduta decisamente scomoda viste le difficoltà finanziarie del club e la grande voglia dei tifosi di tornare nel giro del calcio che conta dopo oltre un decennio di delusioni.

Ma Wilder non si è scomposto più di tanto. Con il materiale tecnico e umano a sua disposizione ha costruito una squadra motivata e combattiva, dotata di un gioco sicuramente poco spettacolare, ma tremendamente efficace. Edulcorando un po’ rispetto alle parole spesso usate da Wilder, “senza fronzoli“. 3-5-2, tanta corsa, buona organizzazione difensiva e un’intuizione tattica, quella dei “braccetti” in sistematica sovrapposizione sulle fasce, unica nel suo genere: questi gli ingredienti dell’ascesa del suo Sheffield United. Ai quali si aggiunge la forza di un gruppo tuttora formato da tanti calciatori protagonisti di entrambe le promozioni. Rinforzato poi, di anno in anno, con pochi colpi mirati.

Un buon calciomercato

Nella scorsa stagione, a spiccare più di altri è stato il portiere Dean Henderson, già colonna della squadra promossa in Premier League, che ha però concluso la sua esperienza in prestito ai Blades per fare ritorno al Manchester United e giocarsi la porta con De Gea. Il suo posto è stato dunque occupato da Ramsdale, prelevato dal retrocesso Bournemouth, che finora non ha però garantito le stesse prestazioni del classe ’97. Di fatto, con Callum Robinson, l’unica perdita importante dell’ultimo calciomercato. Nel corso del quale sono arrivati invece diversi colpi interessanti, soprattutto in prospettiva. Da Ethan Ampadu, difensore gallese in prestito dal Chelsea, a Oliver Burke, esterno destro classe ’97, passando per Jayden Bogle, altro esterno destro classe 2000 e Rhian Brewster, talento scuola Liverpool pagato ben 25 milioni, l’acquisto più costoso della storia dello Sheffield.

I motivi della crisi

Eppure, nonostante la buona campagna acquisti, a Bramall Lane qualcosa non sta funzionando a dovere. Che sia un’amalgama ancora da trovare, o le adeguate contromisure tattiche che le altre possono aver adottato per contrastare la macchina biancorossa, è evidente che i Blades della scorsa stagione siano sostanzialmente scomparsi. Al loro posto c’è uno Sheffield oggi precipitato in una crisi da cui sembra difficile che possa risollevarsi. La squadra solida, attenta e preparata delle ultime annate ha lasciato il posto a una decisamente meno concreta davanti e più fragile dietro. Meno ordinata e più macchinosa. Spesso in affanno al cospetto anche di avversari alla portata. Una squadra che appare lontanissima dai dettami del suo allenatore. Che tuttavia, nonostante tutto, dopo la sconfitta contro il Liverpool ha elogiato i suoi calciatori per lo spirito mostrato ad Anfield, dicendo di “essersi divertito” a vederli giocare.

Per Chris Wilder, molto probabilmente, è davvero così. Ma ciò non toglie che lo Sheffield di oggi debba fare i conti con un traguardo difficilmente raggiungibile, di questo passo. Non si tratta del nono posto di agosto, frutto di una stagione da 54 punti e 4° miglior difesa della Premier League, ma di una salvezza che, giornata dopo giornata, assume sempre di più i contorni della sopravvivenza. Una lotta lunga e difficile per evitare una retrocessione che tutti, sulla sponda biancorossa del fiume Sheaf, vorrebbero comprensibilmente evitare.