Danny Murphy si racconta: dopo il ritiro dal calcio, il buio.

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L’ex giocatore di Liverpool e Fulham Danny Murphy, ora 44enne, si è raccontato in un’intervista esclusiva al Daily Mail. Centrocampista di corsa ma anche di buona tecnica, all’apice della sua carriera era arrivato anche a vestire la maglia della nazionale inglese, completando così un’ottima carriera.

La testimonianza di Murphy

“Quando giochi non pensi ad altro, pensi semplicemente di essere invincibile e io, per paura, non volevo pensare a cosa fare una volta smesso con il calcio” ha detto Murphy aprendosi per la prima volta ai media.

“Nei primi due anni dopo il ritiro me la sono cavata giocando tanto a golf e lavorando come commentatore per alcuni media. Ma quello che è successo dopo non lo raccomanderei a nessuno. Ho sofferto di depressione perché il calcio ti dimentica dopo il ritiro. Nessuno chiama, sei definitivamente fuori dal giro. Ho iniziato a rifugiarmi nell’alcool, nella droga e nel gioco d’azzardo. Ho mandato in frantumi il matrimonio e solo con grande forza di volontà e un lungo lavoro terapeutico ne sono riuscito a venir fuori” questo il racconto dell’ex giocatore dei Reds.

Un appello ai più giovani

Avendo vissuto il breve confine che esiste tra la gloria da giovane calciatore alla depressione che attanaglia le vite di alcuni ragazzi una volta deciso per il ritiro, Murphy sa cosa significa e fa un appello, accorato, alle nuove generazioni: “Questa è la prima volta che racconto le mie difficoltà e spero che possa aiutare la prossima generazione di giocatori che sono al crocevia delle loro carriere. Se impedirò a uno di loro di cadere vittima delle peggiori insidie ​​del ritiro, ne varrà la pena. Avevo passato tutta la mia vita pensando che fosse da deboli chiedere aiuto. Sono cresciuto con tre fratelli maggiori e la cultura era ‘non piangere’. I calciatori generalmente hanno un grande ego. Non volevo accettare di sentirmi vulnerabile, mentre ora mi rendo conto che in realtà è più da forti allungare la mano ed essere afferrato che affondare da soli.”

Un racconto a cuore aperto che non può certo passare inosservato: il calcio, più di ogni altro sport, può davvero portare le stelle dritte all’inferno.