De Silvestri è carico: “Abbiamo qualità! Miha vuole atteggiamento”

OneFootball - (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)

In attesa che termini il giro delle sfide nazionali, i giocatori rimasti in patria lavorano per il prosieguo della stagione. Tra questi Lorenzo De Silvestri, uomo d’esperienza del Bologna e leader della mentalità targata Sinisa Mihajlovic. Nel corso dell’intervista rilasciata a “La Gazzetta dello Sport”, il terzino è partito dal forte rapporto con il tecnico serbo, per poi fissare gli obiettivi del suo Bologna.

In merito alla fama di pupillo di Mihajlovic, dovuta ai tanti anni di lavoro condiviso in più squadre, De Silvestri ha così replicato: “Detto che delle etichette in fondo me ne frego, un po’ mi infastidisce che passi per il suo ‘cocco’. Spesso si pensa che abbia una corsia preferenziale. Tra di noi c’è un rapporto importante, di cui vado orgoglioso. Sicuramente, è successo ben poche volte che due si trovino per quattro volte nella stessa squadra. Però, c’è da dire che in due occasioni lui è venuto dove c’ero già io. Siamo due a due”.

De Silvestri ha ripercorso le tappe della loro carriera insieme

A Firenze venne lui da me… Con Prandelli avevo già giocato la Champions e raggiunto la Nazionale. Ma dovevo ancora migliorare e crescere: e non lo capivo. Sinisa non mi faceva giocare, mi fece fuori: fu la classica terapia d’urto che ti apre gli occhi. Era un periodo in cui avevo lacrime, parlavo da solo: a volte questo sport fa così…”.

Alla Samp ricordo il suo discorso, prima che andasse al Milan. Quell’anno andammo in Europa, fu un campionato in cui ci martellò costantemente. Alla fine ci disse che era orgoglioso di noi”.

A Torino, il giorno dopo il suo esonero e, senza che nessuno si mettesse d’accordo, ci ritrovammo in una manciata di compagni al campo a salutarlo. Sembravamo tutti vecchi amici”.

Dopo essersi ritrovati ancora una volta insieme, stavolta al Bologna, De Silvestri ha spiegato come sia stato importante Mihajlovic nella scelta di approdare in Emilia Romagna, nonchè di come il duro percorso di salute del tecnico, abbia insegnato tanto all’intero gruppo: “A Torino ho passato anni belli, ma quando ho saputo che il Bologna di Sinisa mi voleva davvero, beh, ho fatto di tutto per raggiungerlo aprendomi un nuovo tragitto di vita. Calcistico, mentale, culturale. Nella sua battaglia contro la malattia, Miha ci ha fatto riflettere sulla vita. Tutti, nessuno escluso. Sinisa picchia su una questione: l’atteggiamento. Quello non va sbagliato da nessuno”.

Prospettive future al Bologna tra un progetto giovane e un po’ di scetticismo

Vorrei che questo viaggio fosse una bella scoperta, anche di me stesso. Mi sento ancora molto giocatore, anche se il grosso è alle spalle. Ho capito due cose: sono arrivato in una struttura all’avanguardia, con un’organizzazione super. Inoltre, qui c’è un’altissima qualità nei giovani, un potenziale enorme. Io loro tutor? Avere esperienza è anche questo: mettersi al servizio degli altri. Un calciatore vero si vede nei momenti difficili. Posso facilitare la crescita di questi ragazzi”.

Sinisa ci ha chisto di superare i 47 punti dell’anno scorso. Non guardiamo la partita di Benevento, ne ho viste mille in cui vince chi non merita di vincere. Continuiamo a lavorare sui giovani, vedremo dove ci porterà. Scetticismo? Io non l’ho notato, anzi vedo una tifoseria per bene, educata ed intelligente che capisce ciò che si sta facendo”.

Sassuolo? Loro hanno un’identità precisa, gli faccio i complimenti. Ma anche il Bologna ce l’ha, siamo stati solo meno fortunati finora. Lazio? Solo due pensieri: di come ero io e di Gabbo… per il quale il ricordo è sempre vivo”.

Il terzino del Bologna, infine, ha concluso parlando della sua laurea e sulla possibilità di diventare allenatore in futuro, nonchè della situazione in Italia relativa al Covid ed il conseguente rischio di un nuovo lockdown: “Innanzitutto, il primo obiettivo che ho è superare le 400 presenze in Serie A. La laurea l’ho presa anche per far felice mia madre e comunque, in futuro, mi vedo nel calcio più con giacca e cravatta che sul campo: ho tanti amici che le indossano, io ancora non posso e rosico…”. (ride)

Non temo un altro lockdown, ma vedo troppa confusione. Di nuovo troppa. Una cosa è certa: gli stadi senza gente sono un pianeta troppo a parte. Quando feci uno dei miei viaggi più belli, quello sulla Route-66, mi colpirono molto le cosiddette ‘Ghost-town’, le città abbandonate. Gli stadi senza tifosi sono così: ma non c’è nulla di bello”.