È passato più di un anno da quando il Covid-19 è entrato nelle nostre vite e ci ha praticamente sconvolto l’esistenza di ogni singolo individuo. Il pallone, poi, ne è uscito completamente trasformato. Manca circa un mese all’inizio della nuova stagione e l’unica cosa certa è proprio l’incertezza. La portata principale del menù riguarda l’apertura degli impianti, con l’ombra del Green Pass che sta movimentando l’opinione pubblica e che rischia di spaccare ancor di più il nostro paese. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport Valentina Vezzali spinge per l’apertura degli impianti al 75%, anche perché il distanziamento di un metro impone almeno due seggiolini vuoti tra uno spettatore e l’altro. Ad oggi resta un privilegio pure andare a vedere un’amichevole.

NESSUN MOVIMENTO. E poi c’è il mercato, che questa volta dorme parecchio. In un primo momento tutti hanno dato la colpa all’Europeo, ma stavolta nemmeno le scintille continentali hanno fatto schizzare in alto le valutazioni dei top player. Nessuno acquista, anzi c’è chi cerca di sbolognare i vari esuberi, macigni sul bilancio che rischiano di schiacciare i club. La passività rischia di immobilizzare un po’ tutto il football del Vecchio Continente, con le solite squadre a crearsi top team da videogiochi. Per maggiori informazioni chiedere dalle parti di Manchester e Parigi. Pure il Barcellona fa fatica tanto da far restare disoccupato, seppur per poco tempo, Lionel Messi. Un grido d’aiuto, un campanello d’allarme che deve far riflettere su come il calcio sia rientrato nel discorso crisi economica, una delle tante conseguenze di una pandemia. Il castello di carte creatosi con un sistema che oggettivamente non si autoalimenta cade inesorabilmente portando con sé tante lacrime, ma soprattutto tanti rimpianti per non aver adottato misure preventive. Robe da “te lo avevo detto”, frase scomoda e fastidiosa ma che a volte si insinua in un discorso anche con un’alzata di sopracciglio, come quella del buon Carletto Ancelotti. 

PRONTI, PARTENZA, VIA. Manca un mese, o quasi. La Juventus ha riabbracciato Massimiliano Allegri, uno dei più classici ritorni al passato che infiamma i cuori bianconeri. L’Inter è orfana di Conte, Simone Inzaghi è alle prese con un’eredità pesante, da non dilapidare in uno dei maggiori palcoscenici del calcio italiano. La Lazio e la Roma hanno voluto inasprire e infiammare il Derby della Capitale con due allenatori che rappresentano due filosofie completamente opposte, l’eterna lotta tra bel gioco e risultato a tutti i costi, tra il Guardiolismo e il Cholismo, tra Sarri e Mourinho. Ne vedremo davvero delle belle. Per non parlare di Napoli e Atalanta, una l’opposto dell’altra. Un bel gioco delle coppie che ci farà capire quanto sarà in grado Luciano Spalletti di reinventarsi e quanto Gasperini riuscirà a riconfermarsi. E per finire il Vecchio Diavolo, ritornato direttamente dall’inferno e con la voglia di zittire gli scettici. Un campionato esaltante, una stagione ricca e piena di polemiche, partite e nuovi format, senza lasciare indietro la questione diritti TV, playoff e riforma del campionato. Per non farci mancare nulla.

INCERTEZZA. La mancanza di basi solide però pesa parecchio. Ognuno di noi cerca nel suo piccolo di raccontare la propria verità semplicemente per andare avanti. E non importa chi urla più forte su una vicenda delicata, la cosa fondamentale resta quella di guardarsi allo specchio e farsi coraggio, soprattutto per chi ha la responsabilità di girarsi dall’altra parte e dover regalare un sorriso a chi è più fragile, sotto ogni punto di vista. Il mercato dorme, l’incertezza c’è e regna sovrana. L’estate non sta finendo, ma ci si avvicina al tramonto. E meno male che tra meno di un mese ci sarà ancora una volta un pallone che rotolerà in mezzo al campo. Lo amiamo, talvolta lo odiamo. Ma lui è sempre lì, anche quando le cose non vanno poi così bene.