In viaggio con CIP – Mazembe, gli “onnipotenti” di Lubumbashi

AFP PHOTO / FETHI BELAID (Photo credit should read FETHI BELAID/AFP via Getty Images)

“Dr. Livingstone, I presume?” (“Il dottor Livingstone, suppongo”) è la celeberrima frase pronunciata (forse) da Sir Henry Morton Stanley il 10 novembre 1871 quando, dopo tre anni di ricerche, incontrò l’esploratore David Livingstone a Ujiji, nell’odierna Tanzania.
L’episodio, unito a successive spedizioni nell’Africa centrale, fece la fortuna di Stanley, che si affermò come uno degli esploratori più in vista dell’epoca e nel 1877 fu scelto da Leopoldo II, re del Belgio, per condurre una campagna esplorativa del corso del fiume Congo.

La spedizione era parte dell’astuto piano architettato dal sovrano per istituire una colonia in quella zona. Nel giro di pochi anni infatti, Leopoldo II mise in atto una serie di strategie politiche e alla conferenza di Berlino, nel 1885, si assicurò il dominio dei territori acquisiti da Stanley per mezzo di trattati con i capi locali. Nacque così lo Stato Libero del Congo, a dispetto del nome possedimento personale di Leopoldo II, che nel 1908 passò sotto l’amministrazione del Belgio divenendo ufficialmente Congo Belga.
Due anni dopo, nel 1910, i belgi fondarono la città di Elisabethville, in onore della loro regina Elisabetta di Baviera. Situata nel sud del Paese, Elisabethville ha conosciuto un rapido e notevole sviluppo grazie alla presenza nei dintorni di ricche miniere di rame e di cobalto. Nel 1966, sei anni dopo l’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo dal Belgio, la città ha cambiato nome assumendo l’attuale Lubumbashi.

Oggi Lubumbashi è una delle principali città del Paese, un centro importantissimo per il commercio e l’industria, sede di diverse compagnie minerarie e facilmente raggiungibile grazie all’autostrada, alle ferrovie e all’aeroporto internazionale.
La presenza dell’università, fondata dai belgi nel 1955, e del museo nazionale di archeologia ed etnologia la rende un prestigioso polo culturale. Dal 2008, inoltre, vi si tiene la Biennale di Lubumbashi, mostra di fotografia contemporanea.
Il calcio è lo sport più praticato nella città, sede di grandi squadre come l’FC Saint Eloi Lupopo, il CS Don Bosco e soprattutto il Tout Puissant Mazembe, la squadra più vincente del Paese ed una delle più affermate di tutta l’Africa.

Murales a Lubumbashi dedicato al Mazembe (Photo credit should read AGNES BUN/AFP via Getty Images)

Dai monaci agli pneumatici

È il 1939 quando i monaci benedettini dell’istituto San Bonifacio di Lubumbashi decidono di creare una squadra di calcio per offrire un’attività ai giovani dell’istituto non intenzionati a prendere i voti. Il club viene chiamato Holy team Georges, Employer of the Troop, abbreviato in FC St. Georges. Iscrittosi al campionato della Royal Federation of the Native Athletic Associations, uno dei tanti presenti allora nel Congo Belga, conclude la prima stagione al terzo posto. Nel 1944 la squadra cambia nome in St. Paul FC. L’arrivo di diversi giocatori esterni all’istituto porta, pochi anni dopo, all’uscita dei monaci benedettini dalla squadra. A rilevarla è lo sponsor Englebert, un’azienda belga produttrice di pneumatici, che cambia il nome del club in FC Englebert. Nel frattempo è stato creato il campionato nazionale, la Linafoot. Il 1966 è un anno da incorniciare per il club, che piazza una storica tripletta: campionato provinciale, coppa nazionale e Linafoot. L’exploit convince la dirigenza ad aggiungere al nome della squadra la dicitura Tout Puissant, in Italiano “onnipotente”.

Sotto la dittatura

Il 25 novembre 1965 intanto con un colpo di stato è salito al potere il dittatore Joseph-Désiré Mobutu, che ha abolito i partiti ed esautorato il parlamento. In nome del concetto di “autenticità africana”, Mobutu impone i costumi, cambia il nome del Paese in Zaire ed il proprio in Mobutu Sese Seko Koko Ngbendu Wa Zabanga (“Mobutu il guerriero che va di vittoria in vittoria senza che nessuno possa fermarlo”). Grande appassionato di calcio, il dittatore vede nello sport un efficace strumento di propaganda ed acquista di tasca propria i migliori calciatori del Paese, che giocavano in Belgio, per trasferirli nelle squadre locali.

Ritratto di Mobutu esposto allo stadio della capitale Kinshasa (Photo by -/AFP via Getty Images)

Fra i principiali beneficiari di questa mossa c’è il TP Englebert, che apre un ciclo d’oro. Il campionato del 1966 viene prontamente bissato l’anno dopo, così come la coppa nazionale, e nel ’69 arriva anche il tris in Linafoot. Tra il ’67 e il ’70 il club inanella ben quattro finali consecutive di Coppa dei Campioni africana, vincendo le prime due. Nel 1971 il nome della squadra cambia nuovamente: il TP Englebert diventa il TP Mazembe, nome in uso ancora oggi. L’ascesa del Vita Club di Kinshasa interrompe l’egemonia bianconera, ma il Mazembe continua ad essere una squadra di grande livello e molti suoi giocatori fanno parte della Nazionale dello Zaire, che dopo aver vinto due volte la Coppa d’Africa conquista una storica qualificazione ai mondiali del ’74 in Germania Ovest.

Lo stadio del Mazembe (Photo credit should read AGNES BUN/AFP via Getty Images)

È proprio un ragazzo del Mazembe a compiere uno dei gesti più significativi della storia del calcio africano e mondiale. Alla terza partita del girone eliminatorio lo Zaire, reduce da uno 0-2 con la Scozia e da un disastroso 0-9 contro la Jugoslavia, affronta il Brasile campione in carica, che necessita di vincere con tre gol di scarto per passare il turno. All’80’ i verdeoro, in vantaggio per 3-0, beneficiano di un calcio di punizione dal limite dell’area. Si prepara a battere Rivelino, dotato di uno dei migliori piedi sinistri della storia, ed è facile immaginare che farà gol. Ecco però che, prima del fischio dell’arbitro, dalla barriera esce Joseph Ilunga Mwepu, 24enne difensore del Mazembe, che si avventa sulla palla e la calcia il più lontano possibile. Fra lo stupore e l’ilarità generale, Mwepu viene ammonito ma il suo gesto disturba la concentrazione di Rivelino, che sbaglia il tiro. L’opinione comune è che Mwepu non conosca bene le regole; solo nel 2002 il difensore rivelerà che, dopo le due sconfitte precedenti, Mobutu aveva fatto sapere ai ragazzi della Nazionale che se contro il Brasile avessero incassato più di tre gol loro e le rispettive famiglie sarebbero stati uccisi. Battendo “al contrario” quella punizione, Mwepu ha cercato di salvare delle vite, riuscendoci.

Dopo il Mondiale il Mazembe si impone nel campionato del 1976 e trionfa due volte in coppa nazionale (’76 e ’79), ottenendo l’accesso alla Coppa delle Coppe africana, vinta nel 1980. Questo successo risulta essere però il canto del cigno per il Mazembe, che da questo momento sprofonda in un lunghissimo periodo di anonimato, interrotto unicamente dalla vittoria della Linafoot nel 1987.

Il ritorno al vertice

Moise Katumbi Chapwe (Photo credit should read ISSOUF SANOGO/AFP via Getty Images)

L’uomo della riscossa del Mazembe si chiama Moïse Katumbi Chapwe. Ricchissimo proprietario di miniere di rame e di cobalto, attivo in politica, Katumbi ha origini italiane: suo padre Nissim Soriano infatti fuggì da Rodi (all’epoca colonia italiana) nel 1938 dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, in quanto ebreo, e si trasferì in Congo, cambiando poi cognome sotto la dittatura di Mobutu.
Diventato presidente dei bianconeri nel 1997 (anno della caduta di Mobutu), Katumbi inizia subito ad investire nel club, acquistando giocatori di valore dalle nazioni vicine e potenziando il settore giovanile. L’effetto si vede subito. Nel 2000 i corvi, come vengono chiamati nonostante sullo scudetto sia raffigurato un coccodrillo, si aggiudicano campionato e coppa nazionale, ripetendosi l’anno dopo in Linafoot.

Mbwana Samatta festeggia un gol (Photo credit should read JUNIOR KANNAH/AFP via Getty Images)

Passa qualche altro anno ed il Mazembe torna quello di fine anni ’60, dominando sia in campionato che nella Champions League africana, vinta due volte di fila nel 2009 e nel 2010. Proprio nel 2010 i corvi raggiungono uno dei punti più alti della loro storia: qualificati al Mondiale per club grazie alla vittoria in Champions, battono il Pachuca ai quarti e, a sorpresa, il ben più quotato Internacional di Porto Alegre in semifinale, arrivando a giocarsi il trofeo contro l’Inter reduce dal triplete. In finale i nerazzurri vincono 3-0, ma i bianconeri tornano da Abu Dhabi ampiamente soddisfatti dopo essersi fatti conoscere da tutto il mondo.
La finale mondiale si rivela tutt’altro che un punto d’arrivo per i corvi, che negli anni 2010 sfoderano una superiorità a tratti imbarazzante, tenendo fede al nome di onnipotenti. Il nuovo Stadio TP Mazembe, costruito grazie al presidente Katumbi, è il teatro di continue vittorie. Dal 2011 al 2020 arrivano infatti 8 campionati (che portano al record di 18 titoli), 3 supercoppe nazionali, 2 supercoppe africane ed un’altra Champions League, la quinta della storia bianconera.

Il Mazembe nel 2020 (Photo by STR/AFP via Getty Images)

Il presente ci parla di un Mazembe secondo in campionato con due partite in meno rispetto alla capolista Maniema Union, da cui dista tre punti. I bianconeri, guidati dal serbo Dragan Cvetkovic, sono in rimonta dopo un timido avvio ed hanno messo nel mirino il diciannovesimo titolo.
Si giocherà invece da febbraio 2021 la fase a gironi della CAF Champions League, dove il Mazembe punta ad arrivare fino in fondo per la sesta volta.
Altro che appagamento dopo più di un decennio di successi.
I corvi vogliono volare sempre più in alto.