In viaggio con CIP – Persija, la Tigre dell’Indonesia

17508. È questo il numero delle isole che compongono l’Indonesia, il più grande stato-arcipelago del mondo. Repubblica democratica presidenziale situata nel sud-est asiatico, l’Indonesia è al 16° posto nella classifica mondiale per Prodotto Interno Lordo. Un insieme di circa 400 gruppi etnici va a costituire una popolazione di più di 270 milioni di abitanti, la quarta più elevata al mondo. Fra le varie isole del Paese vi sono però numerose aree disabitate dove la natura si è sbizzarrita nel dare origine ad un vastissimo campionario di specie animali e vegetali, alcune delle quali, come l’orango ed il drago di Komodo, non si trovano in nessun’altra parte del mondo.
Milioni di turisti visitano ogni anno il Paese, attirati dagli affascinanti villaggi, dal bellissimo mare, dalle lussureggianti foreste, dalle spiagge dorate e dai suggestivi vulcani. Due di essi, il Tambora ed il Krakatoa, sono fa i più famosi del pianeta a causa delle catastrofiche eruzioni avvenute rispettivamente nel 1815 e nel 1883.
Cuore dell’Indonesia è l’isola di Giava, dove vive la maggior parte della popolazione e sorge Giacarta, la capitale.

I caratteristici colori di Lhokseudu, una delle principali mete turistiche indonesiane (Photo by CHAIDEER MAHYUDDIN/AFP via Getty Images)

Fondata nel V sec. d.C., in seguito ad un insediamento indù, la città viene inizialmente denominata Kalapa e basa la propria economia sul suo porto. Nel 1527 Kalapa viene conquistata da Fatahillah, comandante musulmano dell’esercito del vicino sultanato di Demak, che ne cambia il nome in Jayakarta. La ricchezza dell’Indonesia fa però gola agli olandesi che nel 1619, guidati da Jan Pieterszoon Coen, conquistano la città e la rinominano Batavia, rendendola capitale delle Indie Orientali Olandesi. Nel corso dei secoli Batavia diviene un fiorentissimo porto commerciale, attirando immigrati cinesi ed arabi. Durante la Seconda guerra mondiale i giapponesi prendono possesso della città e ne mutano il nome nell’odierno Jakarta (Giacarta per gli italiani). Dopo un ultimo tentativo olandese di riprenderne il controllo, l’Indonesia diventa ufficialmente indipendente nel 1949, con Giacarta come capitale.

Una splendida veduta aerea di Giacarta (Photo by FRED DUFOUR / AFP) (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP via Getty Images)

La plurisecolare storia della città si ritrova oggi nella sua architettura: Giacarta presenta infatti un assetto ubranistico eterogeneo ed composta da una parte moderna, di aspetto occidentale, ed una storica, dove si trovano edifici in stile giavanese, cinese, arabo ed olandese. Un giro a Giacarta è una vera e propria festa sensoriale per i visitatori, un percorso fra musiche, colori, profumi e sapori di diverse culture.
Giacarta infatti è una città cosmopolita dove convivono molti dei gruppi etnici che popolano l’Indonesia e comunità straniere come quella cinese. Massimo centro industriale, commerciale e finanziario del Paese, Giacarta è anche la casa della squadra indonesiana più titolata, il Persija Jakarta, nota come la Tigre di Kemayoran (un distretto di Giacarta).

La turbolenta nascita del calcio indonesiano

Il primo campionato amatoriale di calcio dell’Indonesia viene organizzato nel 1914, quando il Paese è ancora sotto il dominio olandese, dal Nederlandsch Indische Voetbal Bond (NIVB), federazione di chiara matrice europea. Le squadre del campionato sono aperte agli indonesiani, agli immigrati cinesi ed agli olandesi, ma questi ultimi sono decisamente privilegiati rispetto agli altri. L’orgoglio nazionale degli indonesiani porta, nel 1928, alla fondazione di una squadra d’ispirazione nazionalista che permetta agli indigeni di trovare maggiore spazio: nasce così il Voetbalbond Indonesish Jakarta (VIJ), l’odierno Persija Jakarta. I colori sociali sono il rosso ed il bianco, i colori dell’Indonesia. Due anni dopo, nel 1930, l’ingegnere indonesiano Soeratin Sosrosoegondo, in nome degli stessi ideali, incontra in segreto i rappresentanti delle principali squadre del Paese (fra cui il VIJ) e, d’accordo con loro, fonda la PSSI (Persatoean Sepakraga Seloeroeh Indonesia), la federcalcio indonesiana.
Nel Paese si viene così a creare uno scisma calcistico, con due campionati coesistenti organizzati da due federazioni diverse. Nel Perserikatan, il campionato della PSSI, gioca il VIJ. Anzi, domina. Oltre al titolo ufficioso del 1930, la squadra di Giacarta si porta a casa i campionati del ’31, ’33 e del ’34, concludendo al secondo posto nel ’32. Nel 1935 però la squadra decide improvvisamente di lasciare il Perserikatan, in seguito a delle polemiche con la federazione. Tre anni di esilio volontario, poi nel ’38 il VIJ torna e vince nuovamente.

La Nazionale delle Indie Orientali Olandesi schierata prima del match con l’Ungheria ai Mondiali ’38. In primo piano il portiere Bing Mo Heng (Photo credit should read STAFF/AFP via Getty Images)

Intanto la PSSI si è affermata a scapito della NIVB, che nel ’36 ha cambiato nome in NIVU (con il termine Unie che ha sostituito Bond). Il calcio è diventato un’espressione del sentimento di identità nazionale degli indonesiani, che si oppongono al controllo olandese. Il VIJ è la punta di diamante del movimento indonesiano. NIVU e PSSI si accordano nel ’37 per una pacifica convivenza, ma in occasione dei Mondiali del ’38 la federazione europea, forte del riconoscimento della FIFA, assume il controllo della Nazionale delle Indie Orientali Olandesi (qualificatasi per la manifestazione dopo la rinuncia delle avversarie Stati Uniti e Giappone), che in Francia si presenta sotto la bandiera della madrepatria e con una divisa che è tutta un programma: maglia arancione, pantaloncini bianchi, calzettoni azzurri, i colori dell’Olanda. L’avventura della squadra, composta da un mix di olandesi, cinesi ed indonesiani, finisce dopo la prima partita, persa 6-0 contro l’Ungheria, che sarà poi battuta dall’Italia in finale. Lo sgarbo della NIVU fa cessare i rapporti fra le due federazioni e fino alla dipartita degli olandesi nel Paese ci saranno due campionati distinti. La lotta degli indonesiani continua, con il VIJ in prima linea.

I successi

Con l’indipendenza dell’Indonesia il VIJ cambia nome in Persija Jakarta. Nella stagione 1953-54 la squadra, rinforzata dai giocatori arrivati dal VBO (Voetbalbond Batavia en Omstreken), che aveva dominato a lungo il soppresso campionato della NIVU, fa capire subito le proprie intenzioni con un sonoro 13-0 inflitto al malcapitato Persis Solo. La finale per la vittoria del Perserikatan vede di fronte i biancorossi e il PSMS Medan. Sul risultato di 2-1 per il Persija il PSMS esce clamorosamente dal campo per protestare contro l’arbitraggio, consegnando il titolo alla squadra di Giacarta.

(Photo by Robertus Pudyanto/Getty Images)

Passano dieci anni di anonimato, poi nel ’64 la Tigre torna a ruggire. Il nuovo allenatore Endang Witarsa rivoluziona la squadra, fino ad allora impostata sulle vecchie glorie come Tan Liong Houw e Bob Amundipujo, puntando con decisione su una serie di giocatori giovani, fra cui Soetjipto Soentoro e Kwee Tek Liong. Il risultato è eccezionale: il Persija stravince il campionato senza subire sconfitte, segnando 34 gol ed incassandone solamente 3, con Soentoro capocannoniere del torneo grazie alle sue 16 reti. Sembra l’inizio di un nuovo dominio, ma la squadra non riesce a ripetersi e per vedere un nuovo trionfo i tifosi devono aspettare nove anni. Nel ’73 il Persija, guidato da Sinyo Aliandu, arriva a giocarsi la finale contro il Persebaya Surabaya. Il calcio è diventato via via più popolare nel Paese e allo stadio c’è il tutto esaurito. La tensione si taglia con il coltello. Pochi minuti dopo il fischio d’inizio una brutta entrata di Suthan Harhara del Persija su Abdul Kadir scatena una colossale rissa che dura ben 10 minuti. Una volta calmati gli animi, un gol di Andi Lala consegna la vittoria alla Tigre.

Lo stadio Gelora Bung Karno, casa del Persija / AFP PHOTO / ADEK BERRY / TO GO WITH AFP STORY ASIAD-2018-INA-INDONESIA-OCA,FOCUS BY KIKI SIREGAR (Photo credit should read ADEK BERRY/AFP via Getty Images)

L’anno dopo il campionato non si svolge, poi nel ’75 il Persija si ripresenta in finale deciso a difendere il titolo. Dall’altra parte c’è quel PSMS Medan che 21 anni prima aveva abbandonato la partita decisiva. Ancora una volta però il nervosismo si impadronisce della sfida: il risultato è sull’1-1 quando in campo si innesca un’enorme zuffa fra le due squadre che porta alla definitiva sospensione della partita. Con una decisione salomonica, nonostante la riluttanza delle due squadre, la federazione dichiara campioni ex-aequo Persija e PSMS. Altri 4 anni e le due compagini si ritrovano nuovamente in un’attesissima finale. Stavolta la fortuna arride alla Tigre, che grazie al gol di Lala (ancora lui) conquista il suo 9° Perserikatan. Sarà l’ultimo trionfo del secolo.
Gli anni ’80 e ’90 sono infatti anonimi per il Persija, che raggiunge solo una finale nel 1988, perdendola contro il Persebaya Surabaya.

(Photo credit should read ADEK BERRY/AFP via Getty Images)

Il nuovo millennio

Nel 1994 la PSSI, decisa ad alzare il livello del calcio indonesiano, fonde l’amatoriale Perserikatan con il semiprofessionistico Galatama, campionato parallelo creato nel ’79. Dalla loro unione nasce la Liga Indonesia, il primo campionato totalmente professionistico del Paese. Il Persija, che nel ’97 cambia il colore delle maglie passando all’arancione simbolo di Giacarta, nel 2001 si ripresenta in finale a distanza di 22 anni dall’ultimo titolo, trascinato dalla giovane stella Bambang Pamungkas. La vittoria contro il PSM Makassar per 3-2 vale il 10° titolo nazionale, che rende il Persija la squadra più vincente dell’Indonesia.
Nel nuovo millennio però l’Indonesia del pallone si trova a dover fronteggiare diversi problemi. Nel 2011 si scatena un caos incredibile con la creazione di un campionato parallelo inizialmente non riconosciuto dalla federazione, il cambio di organizzatore del torneo principale, il tentativo della federazione di creare un nuovo campionato e le defezioni per protesta delle squadre, con la definitiva istituzione dell’Indonesia Super League unica solo nel 2014.

Addison Alves De Oliveira e Maman Abdurahman esultano durante un match di AFC Champions League / AFP PHOTO / ADEK BERRY (Photo credit should read ADEK BERRY/AFP via Getty Images)

Nel 2015 il campionato viene interrotto dalla FIFA dopo un lungo tira e molla fra PSSI e Ministero dello Sport relativo alle verifiche dei bilanci di Persebaya e Arema. A ciò si aggiungono i frequenti episodi di violenza fra i tifosi, che vedono coinvolti anche i Jakmania’s, i tifosi del Persija, con gli scontri che in varie occasioni registrano delle vittime.
Lo stop imposto dalla FIFA ha esiti costruttivi e nel 2017 il campionato viene riavviato. Un anno dopo la Tigre torna sul tetto dell’Indonesia. Il Persija, che dal 2016 è tornato a vestire il tradizionale rosso, il 9 dicembre 2018 batte per 2-1 il Mitra Kukar e, con un solo punto di vantaggio sui rivali del PSM Makassar, ottiene il suo 11° trionfo in campionato.

La situazione attuale

Rizki Ramdani Lestaluhu festeggia dopo aver segnato al Newcastle Jets nei preliminari della AFC Champions League (Photo by Ashley Feder/Getty Images)

Il presente del Persija è fortemente condizionato dalla pandemia di Covid-19, che ha costretto la federazione a sospendere il campionato 2020 ed a fissarne la ripresa, dopo una serie di rinvii, a febbraio 2021. Il club è guidato dal brasiliano Sergio Farias, noto per aver vinto tutto con i sudcoreani del Pohang Steelers. Fra i giocatori spicca una vecchia conoscenza della Serie A: Marco Motta, terzino ex Juve e Roma. Inoltre la squadra può contare sul bomber croato Marko Simic, già protagonista della vittoria del campionato 2018 con 18 reti ed autore di 28 gol nell’edizione 2019.
Nella prima partita della stagione 2020 il Persija ha battuto per 3-2 il Pusamania Borneo, con il debuttante Motta eletto Man of the Match, mentre la sfida con il Bhayangkara Solo si è conclusa con un pareggio. Poi è arrivato lo stop imposto dal Covid.
Nell’attesa di tornare in campo, il Persija sta affilando gli artigli.
La Tigre vuole tornare a colpire!