Inter-Barcellona, tutto quello che era possibile e anche di più

(Photo by Spada, LaPresse) Calcioinpillole.com
Ieri allo stadio Giuseppe Meazza di Milano si è assistito a qualcosa di clamoroso, ad una partita che in molti hanno già definito come la migliore dell’anno se non una delle più belle mai viste nel prestigioso palcoscenico della Champions League. Ad uscirne vincitrice dopo una battaglia in due atti e che ha avuto la sua catarsi nel prato di San Siro è stata l’Inter, con i nerazzurri che hanno eliminato il Barcellona con un complessivo di 7-6 e che hanno centrato la seconda finale di Champions negli ultimi tre anni e la settima totale nella loro storia.
Una partita che resterà nel cuore e nella memoria di tantissimi appassionati e tifosi, che ha scolpito il punteggio più iconico nel calcio. Un 4-3 che porta ovviamente alla memoria il tabellino della “Partida del Siglo”, la leggendaria sfida Italia-Germania nella semifinale del Mondiale del 1970. Chiaramente le similitudini finiscono qui, e probabilmente questo Inter-Barcellona non ha avuto quella mistica e non verrà ricordata su più generazioni, ma l’impressione di aver assistito a qualcosa di incredibile non è una sensazione sbagliata.

Inter-Barcellona, i nerazzurri ci hanno messo tutto quello che avevano: cuore, coraggio e lucidità tecnica per prendersi la finale
Parte II di una contesa che già nel suo primo spezzone aveva dato spettacolo, con il 3-3 con cui l’Inter era riuscita a reggere al clima infuocato del Montjiuc all’interno di una partita di grande sofferenza ma anche di coraggio nel non voler soccombere a priori ad una squadra molto più talentuosa. La condizione che si era andata a creare era quindi di una partita secca, dove chi vinceva si andava a prendere il biglietto per la finale di Monaco di Baviera del prossimo 31 maggio.
La calma della difesa nel primo tempo e la lezione del “non palleggio” dell’Inter contro il Barcellona
Come canovaccio tattico e come natura tattica, il match di ieri sera ha ricalcato in larga parte quello che si era visto in Spagna. Un Barcellona dal pressing furente che ha provato a non far respirare l’Inter nel proprio palleggio basso, con la squadra allenata da Flick pronta ad aggredire in zona alta i nerazzurri. Una delle lezioni messe in pratica dall’Inter è stata capire fin da subito che ieri mettersi a palleggiare, a manovrare o a costruire sarebbe stata la scelta peggiore possibile.
L’Inter nel primo tempo ha lasciato il controllo del possesso palla al Barcellona, comprendendo di non poter competere coi blaugrana sul piano della qualità tecnica e ha scelto giustamente di affidarsi ad una organizzazione difensiva attenta e accorta ma con un blocco medio per non concedere troppa profondità alle pericolose e taglienti giocate verticali della squadra spagnola. E sostanzialmente nella prima frazione di gioco e con questo atteggiamento guardingo ma non passivo, l’Inter rischia molto poco e gli unici brividi arrivano manco a dirlo, dal fiammante talento di Lamine Yamal, perennemente raddoppiato dal duo Dimarco-Mkhitaryan (se non triplicato con l’ausilo di Bastoni) a creare scompiglio ed ansia.
Una fase di copertura attenta e che era in parte mancata a Barcellona (soprattutto nel primo tempo), e una manovra offensiva comunque coraggiosa dell’Inter. La squadra di Inzaghi si è comunque assunta rischi, riuscendo più di una volta a superare il primo super pressing del Barça e a gestire con buona qualità il giro palla. Che va ricordato l’Inter ha capito che doveva durare molto poco e che l’arma era cercare la verticalità a punire la difesa alta del Barcellona, soprattutto con lo sfogo a destra su Dumfries, uno dei protagonisti assoluti di questo doppio confronto.
Non un caso che i due ganci assestati dall’Inter nel primo tempo abbiano questa linea di pensiero. L’1-0 nasce da un recupero alto di Dimarco ad intercettare la tela di passaggi catalana e che porta allo scambio Dumfries-Lautaro. Il rigore del 2-0 ha uno sviluppo simile con Mkhitaryan che trova la traccia in profondità per il numero 10 nerazzurro, messo uno contro uno contro un solo difensore avversario.
Gli errori e le ingenuità nerazzurre che rimettono in gara il Barça. La paura della beffa e il cuore e la bravura per evitarla
Contro questo Barcellona e contro una squadra con quella classe e con quel talento offensivo un 2-0 non è un porto sicuro, e ad inizio del secondo tempo l’Inter commette una serie di errori gravi che uniti alla qualità della squadra blaugrana creano sei minuti di panico e paura tra il 54′ e il 60‘. L’Inter si abbassa troppo verso la propria area, abbandona il funzionale blocco medio e lascia palleggiare troppo il Barcellona, che si infila anche nelle disattenzioni di reparto della squadra di Inzaghi con due cross tagliati dal centrosinistra di Martin che valgono le reti di Eric Garcia e Olmo.
L’Inter va in difficoltà psicologica e soprattutto fisica e il Barcellona prende il sopravvento e trova quegli spazi da prendersi che aveva trovato con più fatica nel primo tempo, sbattendo contro un grande Sommer che tiene a galla i suoi (prima del 2-2 miracolo su Garcia a porta spalancata su brutto contropiede concesso da palla persa). Come detto l’Inter sbaglia troppo in fase di un palleggio che non dovrebbe fare.
Un errore di Calhanoglu sulla trequarti quasi causa un rigore su Yamal e uno sbagliato controllo di Frattesi sul pressing del Barça apre la strada al 2-3 beffa degli spagnoli, che recuperano palla e al minuto 87 con il tap-in di Raphinha dopo una prima respinta di Sommer freddano il Meazza in un epilogo che sembrava il più amaro possibile.
Dal minuto 87 in poi accade qualcosa di poco spiegabile in Inter-Barcellona, in un clima che era diventato un mix tra lo sconforto generale di una rimonta subita e comunque il grande orgoglio di averci provato. Semplicemente l’Inter non molla, si oppone al fato avverso e ci mette tutto quello che ha e forse tutto quello che non aveva più.
L’azione di avanzamento quasi da football americano che porta al clamoroso 3-3 di Acerbi è una miscela di tante cose: c’è il cuore, c’è il carattere ma soprattutto l’Inter mantiene la lucidità di costruire una manovra intelligente. Spizzata di Thuram verso la corsa a destra di Dumfries, che va via di forza a Gerard Martin e mette in mezzo per Acerbi, spintosi in avanti con un moto tra il guerriero e il folle.
Le storie nella storia di un epilogo perfetto
Oltre alla sofferenza, alle difficoltà e oltre ai propri limiti l’Inter ri trascina dentro nell’arena gladiatoria di San Siro un Barcellona più talentuoso e tecnico, ma con meno certezze e un po’ impaurito. E l’Inter nell’epicità ovvia di un supplementare di una semifinale di Champions, ci rimette tutto quello che può e che non può.
Coraggio, pazzia ma anche la voglia di non fare le cose a caso ma affilando le sue armi che stanno ormai contraddistinguendo la squadra di Inzaghi da anni. Nell’azione del 4-3 ci sono dentro molte cose di grande forza tecnica: c’è una giocata individuale di Marcus Thuram che allo stremo delle forze riesce ad andare via a due marcatori e a servire in area Taremi: appoggio per Frattesi, che conferma il suo ruolo in nerazzurro da “Man in the moment” e trova il sinistro più importante della sua carriera.
Il tutto diventa narrazione calcistica ma anche romanzo di riscatto: Taremi oggetto colpevolmente non identificato della stagione nerazzurra che sceglie la scelta giusta al momenti giusto e Frattesi, in parte colpevole del 2-3 del Barcellona che sembrava aver chiuso la partita e che poi si trova lì, in uno dei suoi classici inserimenti in area come caratteristica peculiare.
Il secondo extra time è sofferenza pura, l’Inter sceglie di non attaccare più e di difendere il fortino questa volta a ragione con un blocco basso e regalarsi un’altra storia nella storia. Quella di Yann Sommer, autore del già citato miracolo su Garcia nel secondo tempo, ma non perfetto nel gol di Raphinha ma che riceve dal destino un’occasione di ulteriore riscatto.
Levando dall’angolino il mancino telecomandato da Yamal con una parata che entra di diritto tra le migliori dell’anno per difficoltà e gesto tecnico, e che a tanti tifosi dell’Inter ha riportato alla memoria la parata di Julio Cesar su Messi nella semifinale di ritorno del 2010 sempre contro il Barcellona. Reminiscenze e déjà vu storici di una serata che resterà nella storia.