Inter, le parole di Moratti su Conte, Superlega e Donnarumma

La festa scudetto in casa Inter non accenna a fermarsi. Dopo un decennio senza trofei, la Milano nerazzurra vuole godersi il più possibile questo trionfo, che ha oltretutto segnato la fine dell’egemonia Juventus sul campionato italiano. E, tra le centinaia di migliaia di tifosi che in questo momento stanno brindando al successo targato Antonio Conte, c’è anche Massimo Moratti, ex presidente del club e primo sostenitore della squadra. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il fautore dell’Inter del Triplete ha ripercorso la stagione dei nerazzurri con un occhio anche alla Superlega.

Sulla dedica dello Scudetto.

“Oltre a mio padre, a Facchetti e Prisco, ho pensato a Bellugi e a Corso, grandi interisti che avrebbero festeggiato come pazzi. Ma a tutti i nostri tifosi con condivido la gioia. E lo scudetto del ‘Finalmente!'”.

Su come abbia vissuto la stagione.

“Gli stadi chiusi sono un’ingiustizia, anche se necessaria. Il calcio è per la gente. Ho viste le partite in tv con i miei figli. Nessuna particolare scaramanzia, il Covid ha scombussolato le nostre abitudini al punto che è scomparsa pure quella”.

Sui ricordi dell’ultimo scudetto, vinto il 16 maggio 2010.

“Il clima meraviglioso che c’era a Siena, al termine di una partita che per tanti motivi risultò la più difficile di quel campionato. Riuscimmo a festeggiare malgrado il pensiero della finale di Champions che incombeva. Io ero tranquillo e sapevo che i giocatori non si sarebbero distratti più di tanto”.

Su quanto sia bello vincere uno Scudetto da tifoso e non da presidente.

“A livello di adrenalina, da primo responsabile non c’è paragone. Ma se pensi che nella vita c’è anche altro, stai più sereno”.

Se avesse pensato ci sarebbero voluti 11 anni per vincere un altro Scudetto.

“No, ma quello non succede mai perché ogni stagione che inizia si pensa che andrà bene”.

Sul possibile ciclo in partenza di questa Inter come la sua.

“Il primo scudetto servì a dare fiducia per avviare un quinquennio unico, culminato con l’apoteosi di Madrid. Credo che questa Inter abbia tutto per aprire un ciclo e fare bene anche in Champions”.

Se sia stupito dalle problematiche dell’attuale proprietà.

“Sì, perché Suning è una potenza. Ma le variabili Covid e le decisioni di Pechino non erano facili da immaginare. Ora però credo che sia tornato il sereno”.

Sulla prima proprietà straniera a vincere lo Scudetto.

“Credo che per loro sia motivo di grande orgoglio. In questi mesi difficili ne ho lette e sentite tante, ma posso garantire per la famiglia Zhang. Per loro l’Inter non è solo business. Ovviamente non possono avere quella fede calcistica che si tramanda per generazioni, ma col tempo si sono appassionati come matti”.

Sull’Inter e la Superlega.

“L’Inter ha sperato di entrarci senza farsi notare e di uscirne senza che nessuno se ne accorgesse… Non proprio il massimo”.

Su Andrea Agnelli.

“Mi è dispiaciuto perché lo stanno martellando tutti e in fondo è il presidente dei 9 scudetti consecutivi, ma Agnelli (insieme a Perez) ha fatto un gran pasticcio. Hanno sbagliato tempismo e comunicazione. Non hanno capito che i paragoni con basket e F1 non hanno senso. Il calcio è passione popolare, è sentimento. Lo spettacolo per la gente viene molto dopo”.

Sulla vicenda del nuovo stadio di Inter e Milan.

“Sono di parte. Per me basterebbe riammodernare il Meazza. Senza dimenticare che la nuova congiuntura economica non aiuta un progetto costosissimo come quello legato al nuovo impianto”.

Sulla passione per il “bel gioco” o per la ricerca del risultato.

“Io sono tifoso e l’unica cosa che temo è di annoiarmi. Con l’Inter di Conte non succede. Se poi vogliamo parlare di bel gioco, non vedo tutta questa differenza con le altre. Ad eccezione dell’Atalanta”.

Sull’importanza di Conte per la conquista del titolo.

“I suoi meriti sono enormi. Ci ha messo a lungo la faccia. E non era facile isolare la squadra dai problemi societari. Una situazione per lui nuova, mentre la capacità di tenere tutti sul pezzo anche quando giocano sempre gli stessi già gliela si riconosceva. Ma non per questo va sottovalutata”.

Sul contratto in scadenza di Conte.

“Faccio una premessa, con me le scadenze degli allenatori non erano così importanti… (ride, ndr.). Certamente però bisogna andare avanti con Conte. E’ un valore aggiunto, anche se bisognerà valutare diversi fattori. E capire cosa ne pensa anche lui”.

Sul paragone tra l’Inter di Mourinho e quella attuale.

“Fare questi paragoni è sempre difficile. Si tratta di anni, caratteri e storie diversi. Il tratto comune della squadra è che anche questi mi sembravano in missione. I due allenatori sono accomunati dalla grande professionalità e dalla passione viscerale per il calcio e per il loro lavoro”.

Sulla sfida di Coppa Italia contro la Juventus.

“Quella serata ha sancito la nascita del Conte anti juventino. Che soddisfazione! Anche per lui”.

Sulla partita che ha svoltato la stagione.

“Il 3-0 nel derby di febbraio. Sentivo che se avessimo battuto il Milan, al tempo l’unico avversario credibile, poi non ci saremmo più voltati indietro”.

Su Conte che ha indicato come svolta la partita contro la Juventus in campionato.

“Importante pure quella, certo. Ma questa è una stagione strana per la Juve. Tanto che penso che rischi di stare fuori dalla Champions. La qualificazione dell’Atalanta la do per scontata, il Napoli mi sembra che sia il più in forma. E credo che il Milan alla fine possa farcela. Anche se la rosa bianconera sulla carta è la più forte di tutte. Solo che non sempre a mettere insieme campioni il risultato è garantito”.

Sul parallelo di un giocatore del Triplete e uno attuale.

“Hakimi mi ricorda Maicon. Due armi improprie, bravi a difendere ma imprevedibili e micidiali quando attaccano”.

Sul giocatore che lo emoziona di più.

“Lukaku, non soltanto perché non credevo che potesse crescere ancora. La cosa bella è che quando parte da metà campo palla al piede ti chiedi cosa succederà e il 90% delle volte succede quello che ti auguri… A livello di attaccamento dico Barella. Si vede che l’Inter gli è entrata sotto pelle, che dà sempre l’anima”.

Sul peso di Eriksen nell’economia della squadra.

“Ha messo la squadra nella condizione di giocare con più semplicità. Credevo che fosse una causa persa, invece è stato bravo a fargli capire cosa serviva alla squadra ma anche il giocatore ha il merito di non avere mollato”.

Sul fatto che Ranocchia fosse l’unico giocatore in rosa ad aver già vinto un titolo con l’Inter.

“Un ragazzo d’oro, che per la pazienza ha meritato lo scudetto più di tutti. L’uomo spogliatoio che, con Darmian e gli altri, ha incarnato al meglio lo spirito di questa Inter”.

Sugli errori di Handanovic.

“Che la psicologia di un portiere è particolare. Già è solo, i suoi errori vengono sempre amplificati. Più degli incidenti con Napoli e Spezia, non so spiegarmi perché col Verona su quel pallone spiovente non abbia nemmeno saltato e alzato le braccia. Credo che non fosse sereno. Ma a chi gli dà contro ricordo quante volte ci ha salvato”.

Sul possibile acquisto di Donnarumma e Dybala.

“Forti entrambi, ma credo che sarebbe meglio investire i soldi su profili più funzionali, con un rinforzo per reparto. Dybala avevo anche provato a prenderlo quando era a Palermo. Ma non credo che la Juve lo cederebbe mai all’Inter”.