“Ho visto Kvaratskhelia”: il Napoli ha un nuovo idolo, genesi e sviluppo di un culto

rinnovo Kvaratskhelia

(Photo by Miguel MEDINA / AFP) (Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Il nome non è tutto, conta la sostanza: l’ha detto Umberto Eco. Anche se il nome identifica qualcosa, ciò che conta sono le emozioni che suscita. Vale per la rosa, in un libro che ha fatto storia, forse ancor più per il pallone. Kvaratskhelia non è, infatti, solo un nome impronunciabile per molti – al punto che nelle telecronache si fatica ancora a capire come gestire accenti e intonazione – ma anche un terremoto benevolo che si è scagliato nelle vie di Napoli. Georgia on my mind, verrebbe da dire.

Questa, però, non è una canzone ma un’esigenza: la stessa che i tifosi partenopei avevano e hanno dopo tanta sofferenza. Un inizio di mercato difficile su cui nessuno avrebbe scommesso dopo gli addii di Insigne, Koulibaly e Mertens. Squadra senza identità e da rifondare. Ci è riuscito, quando nessuno sperava più, De Laurentiis con Kvaratskhelia e non solo. Il georgiano venne inizialmente visto con sospetto. A inizio estate molti si chiedevano chi fosse: ora lo sanno bene. Colui che dimostra quanto sia possibile sognare ancora.

Kvaratskhelia, da campione a idolo: Napoli sogna insieme al georgiano

Lo fa in una data particolare: il compleanno di Diego Armando Maradona, con uno stadio pieno a rendere omaggio un D10S pagano che non è mai andato via dalla testa e dal cuore di un popolo ancora scottato per la sua assenza. Questo significa che il tempo non si può fermare, ma può essere vissuto senza remore. Così ha scelto di fare un giovane venuto dalla Georgia: giocata dopo giocata dimostra a tutti che la base nel calcio è il divertimento.

Giuntoli Kvaratskhelia
(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Si diverte lui e, cosa più importante, fa divertire gli altri. Colpi da incantatore. In grado di esaltare persino chi pensava al peggio. Invece il Napoli non solo è primo, ma è anche e soprattutto una macchina da gol e belle giocate. Il merito sicuramente è di Spalletti, ma è anche di chi – arrivato in sordina – ha saputo prendersi lo spazio vuoto che campioni in un tempo passato (tutt’altro che remoto) hanno lasciato: Kvaratskhelia ride, segna e ipnotizza. Come faceva un certo Diego in una Napoli che, come adesso, non chiede nulla se non la capacità di emozionarsi. Gliel’ha data un trequartista con i controfiocchi in grado di fare l’attaccante. Basta che si gioca, senza troppi pensieri con tanto amore e altrettanta determinazione.

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Concetti obsoleti che sono alla base del calcio, per ricordarlo basta uno stop in volo. Le leggi di gravità, davanti alla passione, talvolta fanno spallucce. Chiedere a Consigli che quel pallone lo sta ancora cercando: i partenopei, invece, hanno trovato il loro faro. Se anche Diego ha detto sì, nel giorno del suo compleanno, allora tutto è pronto per un lieto fine inaspettato che non si può dire ad alta voce per paura che sfugga. Come tutte le cose belle conquistate a fatica. I numeri parlano chiaro, le giocate anche. Persino sognare, a Napoli, diventa più facile.