L’ascesa silenziosa di Mkhitaryan

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La Roma non si ferma più. Dopo il successo sul Genoa, i giallorossi si affacciano alla sosta (quantomeno turbolenta…) al terzo posto in classifica.

Una squadra in costante crescita, che in tutto questo avvio di stagione ha ottenuto buoni risultati: l’unico ko è arrivato dietro la scrivania contro il Verona. E nei prossimi giorni anche questo caso potrebbe avere sviluppi.

Parlando di campo, sono tanti gli artefici di questo primo scorcio di stagione. Tra tutti, la menzione d’onore la merita sicuramente Henrikh Mkhitaryan. Il giocatore che più di tutti ha preso per mano la squadra dall’inizio della stagione.

Trequartista, seconda punta, ‘falso nueve’: dove lo metti, l’armeno sta. E sta bene. Soprattutto, è sempre al centro del gioco della squadra, cercato costantemente dai compagni,che ne colgono la qualità sopra la media.

Leader silenzioso ma tremendamente prezioso. Il rendimento di Mkhitaryan va di pari passo con le prestazioni della squadra. E poco importa se nell’avvio di stagione ha faticato a trovare la via del gol – diventando il giocatore con più tiri senza segnare, fino ad oggi, in Serie A -, se riesce a farla imbeccare agli altri. Quattro assist tradiscono una lettura di gioco a volte superiore, per non dire anticipata.

Il suo miglior beneficiario preferito è stato, fin dal suo arrivo a Roma, Edin Dzeko. Perché qualità chiama qualità, e l’intelligenza dell’uno ha trovato spesso e volentieri la resa pratica ideale nella concretezza dell’altro. Il feeling speciale tra i due in campo si è visto anche nel primo anno di ‘Mkhi‘ (come lo chiama Fonseca) in Serie A. Un anno difficile, per sua stessa ammissione, anche per un inizio a rilento causa infortuni.

Eppure, come spesso accade nel calcio, le prestazioni cancellano tutti i dubbi. E i gol scacciano via i tabù. La tripletta al Genoa segna una pagina importante per la stagione della Roma e per la carriera di questo giocatore arrivato forse tardi alla ribalta che il suo talento merita.

Per la Roma il successo di Genova trasforma in realtà l’ingresso in zona Champions League. Qualcosa importante per una squadra che in fondo, a vedere i cugini laziali volare in Europa, ci soffre.

Per Mkhitaryan stesso, perché rappresenta il primo hat-trick in carriera nei top5 campionati. E non è mica una cosa da poco, per uno che ha giocato con le maglie di Borussia Dortmund, Arsenal e Manchester United.

Con Dzeko fermo ai box, la Roma avrebbe potuto rischiare di trovarsi senza testa. L’armeno ha risposto presente, con 4 gol – compreso l’1-0 contro il Cluj- in 3 giorni. Mica male, per uno che segna poco. Meglio spiegarsi meglio: segna quando conta, perché sa comprendere il momento.

Nel postpartita del Ferraris ci ha scherzato: “Edin mi aveva chiesto di segnare, e l’ho fatto“. E giù le risate dei giornalisti. E soprattutto di Fonseca. Allenare campioni così è sempre un privilegio, farlo con due fenomeni che si intendono così bene è una fortuna.

La Serie A ora è il campo di battaglia della Roma. E la Roma, ma un po’ tutto il calcio italiano, ora è ai piedi di Henrikh Mkhitaryan. In classifica è davanti a CR7, Lukaku e Osimhen, e insegue Ibra. Con la promessa di non lasciar nulla per caso.

Piano piano, ma con grandi obiettivi. La pazienza, silenziosa, dei forti.