Mirante si prende la Roma: l’ascesa tardiva

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Queste ultime stagioni della Roma hanno fatto salire silenziosamente alla ribalta Antonio Mirante, 37 anni di Castellammare di Stabia. Portiere cresciuto nelle giovanili del Sorrento e della Juventus, ha una carriera nel professionismo nelle medio-piccole del calcio italiano. Dalla Juventus passa in prestito al Crotone nel 2004-05, in Serie B, e al Siena, nel 2005-06, in Serie A; si trasferisce, poi, a titolo definitivo nella Samp, dove resta dal 2007 al 2009; da lì andrà al Parma, dove si accasa per ben sei stagioni, fino al 2015. La sua ultima esperienza prima di approdare nella Roma, nel 2018, è un triennio al Bologna.

La carriera di Mirante, insomma, non vanta palcoscenici importanti, eccezion fatta per sette presenze nella Juventus nella stagione 2006-07. Due anni fa lo chiama la Roma per fare il secondo di Olsen. È la stagione successiva alla semifinale di Champions League persa contro il Liverpool, a cui aveva fatto da apripista la remuntada contro il Barcellona. L’entusiasmo della piazza è alle stelle, la voglia di salire nuovamente nell’Olimpo del calcio impone rigore.

Stagione 2018-19

Il principale artefice di quel percorso è stato Alisson, il portiere delle meraviglie volato al termine della stagione verso i Reds del Liverpool per 62,5mln di euro. Per sostituirlo la dirigenza giallorossa si fa sedurre da Olsen, 28enne portiere svedese del Copenhagen che aveva condotto la sua Svezia fino ai quarti di finale nei Mondiali di Russia 2018. Dietro di lui serve un vice solido e d’esperienza: la scelta ricade su Mirante, al tempo 35enne, prelevato dal Bologna.

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La stagione si rivelerà fallimentare rispetto a quella precedente: il tecnico Di Francesco viene esonerato a marzo, sostituito da Ranieri; la Roma esce agli ottavi di Champions League per mano del Porto e arriva solamente sesta in campionato, raggiungendo i preliminari di Europa League. Olsen non si dimostrerà all’altezza né di Alisson né di quanto visto nei Mondiali estivi, subendo in tutto 58 gol in 35 partite e lasciando solamente per sette volte la rete inviolata. Per questo nell’ultima parte di stagione Ranieri sovverte le gerarchie e schiera Mirante nelle ultime nove giornate. Il portiere campano dà subito un altro passo alla difesa, sia in termini di efficacia che di carisma: nelle nove partite giocate con Ranieri subisce solamente cinque reti e garantisce cinque clean sheets.

Stagione 2019-20

Tutto sembrerebbe far pensare che la Roma abbia trovato il suo titolare, ma nella stagione seguente – ossia la scorsa, 2019-20 – dal mercato arriva Pau López, portiere spagnolo di 28 anni giunto dal Real Betis. Mirante torna di nuovo, in silenzio, al suo ruolo di secondo. L’estremo difensore spagnolo si mette subito in mostra come un portiere dinamico e plastico, bravo con i piedi e tra i pali, ma sembra sempre stentare nel carisma. Nelle uscite non è molto sicuro, non comunica con i compagni, non ha la decisione adeguata per farsi rispettare in area di rigore.

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C’è una data che segnerà il destino di Pau López in maglia romanista: 26 gennaio 2020. È la domenica del derby di ritorno terminato 1-1. La Roma domina la partita ma sul finale di primo tempo l’estremo difensore spagnolo si prodiga in un’uscita imperfetta che costa il pareggio biancoceleste. Da quella partita il portiere iberico non si riprenderà più: giocherà altre 15 gare, concederà 25 reti e lascerà la porta inviolata solo per tre volte. Al termine della stagione i gol subiti sono 55: quasi la metà di questi è successiva al derby. La Roma si affida, quindi, ancora a Mirante, che giocherà sette partite in totale, di cui cinque dopo quella stracittadina: sette palloni in fondo al sacco a due clean sheets.

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Oggi

Quest’anno le gerarchie si sono nuovamente capovolte: Mirante e Pau López si sono scambiati le maglie. Il portiere campano è il titolare e difende i pali della Roma in Serie A, mentre allo spagnolo è affidata l’Europa League. Ciò che salta all’occhio della differenza tra i due sta proprio nel carisma: quando tra i pali c’è Mirante, i difensori della Roma sono più tranquilli, più ordinati. Nelle palle danzanti in area di rigore si nota come ci sia una protezione dell’uscita di Mirante, mentre con Pau López c’è un affollamento attorno alla sfera per spazzarla via.

Con gli stadi vuoti e le voci dei protagonisti in evidenza, l’accompagnamento costante per tutti i novanta minuti è la voce di Mirante che guida la difesa della Roma: chiama le diagonali di copertura, la linea del fuorigioco, l’uomo a pressare oppure la possibilità di giocare in tranquillità. Non meno importante è la chiamata della palla nelle uscite, che permette ai suoi compagni di lasciarlo intervenire in sicurezza. Con Pau López in campo, invece, la sponda giallorossa del rettangolo di gioco è molto più silenziosa e la difesa sembra faticare a fidarsi del suo modo di gestire le situazioni spinose.

Trova le differenze

Una fotografia della differenza di tecnica, ma soprattutto di sicurezza, tra i due sono le uscite alte. Mirante stacca sempre con un solo piede e tiene l’altro ginocchio sollevato a protezione contro gli avversari in contrasto aereo; Pau López, invece, lo fa molto meno. L’episodio contro la Lazio nel derby di ritorno deriva proprio da questo: saltando senza sollevare un ginocchio ha consentito ad Acerbi di sbilanciarlo in volo e ha potuto solamente respingere il pallone col pugno, anziché bloccarlo, facendolo restare in gioco.

La capacità di dare serenità ai compagni e di elevarsi al di sopra degli errori, che fanno parte del gioco e vanno accettati come tali, è la grande cesura tra Mirante e Pau López. Ora il classe ’83 sta avendo ciò che mancava alla sua carriera, ossia una grande piazza in cui essere protagonista. Eroe silenzioso, sempre al proprio posto senza mai sollevare una polemica, ha avuto un cammino molto al di sotto delle proprie possibilità e la sua meritata (ma tardiva) ascesa sarà un epilogo forse agrodolce per un professionista che avrebbe potuto avere molto di più.