Stadi, sponsor e stipendi: il calcio italiano è vicino al collasso

(Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

-71,4 milioni per la Juventus, -100 per l’Inter e -194,6 per il Milan. Così si sono chiusi gli ultimi bilanci delle tre big storiche del calcio italiano. Tutte e tre hanno registrato un rosso a bilancio e, come se non bastasse il segno meno davanti, anche abbastanza elevato. Una situazione indicativa per capire la salute del calcio italiano. Se questa, infatti, è la condizione attuale delle big, ci si può solo immaginare quella delle piccole.

Il calcio italiano, come ammesso anche dall’amministratore delegato della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, è vicino al collasso e le cause sono, essenzialmente, tre.

STADI

Partiamo da qui. Dagli stadi, una parte importantissima per lo sport in genere e a cui non fa eccezione certamente lo sport più amato al mondo. A marzo, quando vennero chiusi, infatti, ci chiedevamo tutti come si poteva giocare senza i tifosi che cantano, incitano la propria squadra al gol o anche la fischiano per un periodo negativo. Come si poteva andare avanti senza l’esplosione di gioia dopo un gol. Senza quell’emozione che rende questo sport meraviglioso e che porta milioni di persone a guardarlo e milioni di bambini a cercare di imitare i propri idoli. Senza alcuna emozione.

Eppure si è andati avanti, anche se questo ha creato e sta creando un grosso problema non solo romanticamente parlando. D’altronde, il romanticismo interessa alle squadre, ma non, poi, così tanto. Ciò che importa loro è il lato economico. La chiusura degli stadi, infatti, ha portato, solo in Seria A, a una perdita di ben 600 milioni di euro. Di questi, d’altronde, il 65% è dovuto ai mancati incassi dal botteghino. Il restante 35% è causato, indirettamente, sempre dagli stadi ed è legato alla seconda causa.

SPONSOR

Un’altra causa che sta portando al collasso il calcio italiano, infatti, è quella riguardante gli sponsor. Senza l’abituale visibilità, infatti, a che serve investire milioni e milioni di euro per comparire allo stadio o sulla maglia delle squadre? A nulla e, infatti, molti sponsor hanno ridotto o, addirittura, annullato gli accordi in essere. Ultimo esempio è rappresentato dall’Inter che ha visto rescindere la partnership con lo sponsor di manica. Un’altra conferma, questa, che non si tratta solo di romanticismo. Il calcio senza tifosi non è calcio.

STIPENDI

Infine, la causa più gravante: gli stipendi. Senza gli introiti dei biglietti, degli abbonamenti e degli sponsor, infatti, è difficile riuscire a pagare l’ingaggio ai calciatori in squadra. L’abbiamo visto durante il lockdown con la Juventus, la squadra più potente in questo momento, che ha chiesto un sacrificio ai propri tesserati.

Ora, però, la situazione è ancor più grave. Il prossimo 16 novembre, infatti, scade il termine per pagare gli stipendi di settembre e, stando ad alcune voci, almeno metà delle squadre di Serie A non sa come fare. Anzi, rischiano addirittura il fallimento. D’altronde, gli ingaggi si sono elevati sempre più negli ultimi anni diventando insostenibili in un momento di crisi come quello attuale.

Una voce molto pessimista, certo, ma confermata, tra le righe, dallo stesso Dal Pino che, alla domanda sulla probabilità che i club non riescano a versare gli ingaggi, ha risposto dicendo di lavorare su salary cap e su un ritardo nei pagamenti. Inoltre ha invocato aiuti dal governo (apertura degli stadi in primis).

Insomma, tre cause legate l’un l’altra che stanno portando il calcio italiano al collasso. Un collasso che, sicuramente, non farebbe piacere nè al governo che perderebbe 1,2 miliardi annui di contributi nè ai lavoratori-tifosi di tutta Italia a cui mancherebbe quell’ora e mezza di svago alla settimana in cui possono non pensare ai problemi veri.