Napoli, Mertens: “Esistono due strade, una è quella dell’addio”

Dries Mertens è il cuore di Napoli, ed ha il Napoli nel cuore. Il belga, con 143 gol con la maglia azzurra si è raccontato a 360 gradi in un’intervista al Corriere dello Sport. Si è parlato del Mertens calciatore e uomo, spaziando sulla sua vita privata ed arrivando fino al suo futuro coi partenopei.

Le parole di Mertens

Vita a Napoli

“Dal primo momento ho avvertito un’attrazione fatale per la città e per la gente. Qui ci sono nove anni ed un quarto della mia vita: ci sono stato, e ci starò, sempre bene, perché ho immediatamente avvertito affetto. Sono stato fortunato nella scelta. Non sapevo che sarei andato ad abitare a Palazzo Donn’Anna e per chi conosce quel luogo c’è poco da spiegare. È un posto che ti prende l’anima, io al mattino mi sveglio e vedo il mare, ho un orizzonte che ti conquista, se è possibile posso salire in barca, andare ad Amalfi o a Capri, respirare, immergermi in acqua, vivere. Nella drammaticità del Covid e di questa fase del mondo ho potuto scoprire altro, ho apprezzato ancora di più quel luogo, che è casa mia. Napoli mi ha conquistato, d’impatto. Ho un rapporto speciale con chiunque, il ragazzo del bar di via Posillipo, quello dove vado a mangiare la pizza, perché c’è empatia con la natura stessa di questa gente. Io sono sempre Dries, mai Mertens, quando vado in giro a gustarmi le bellezze di Napoli”.

La nascita del figlio

“Sono cambiato profondamente da quando ho saputo che sarei diventato papà. Come uomo mi sento diverso, più attento e più responsabile, anche più sensibile. Ho sempre ritenuto di essere sufficientemente maturo, pur sentendomi un ragazzo, ma adesso è arrivato un momento nuovo, in cui sono chiamato a completarmi. E mi è venuta naturale questa trasformazione. Sento ingigantirsi il mio rispetto verso le donne, che ho sempre guardato con ammirazione, però la gravidanza di Kat ha accentuato questo lato teneramente sconosciuto della mia personalità”.

Il futuro

“Io sto qua. Ho un contratto con opzione a favore del club. Aspetto e poi si vedrà. So che esistono due strade, una è quella dell’addio. E so anche che nel momento in cui sarà inevitabile salutarsi, a casa Mertens piangeranno tutti, io, Kat, anche il bambino, mi creda. Io qui sono un uomo felice e lo è la mia famiglia. Ma bisogna essere realisti e pratici: il Napoli potrebbe non avere più bisogno di me, e spero non accada subito, però nel caso in cui questo si dovesse verificare, io tenderò la mano, sarò grato per avermi dato la possibilità di appartenere a questo mondo e di avermelo fatto apprezzare. Non dimenticherò un solo istante”.

Questione rinnovo

“Segnare tanto, così De Laurentiis sarà costretto a tenermi. Più gol faccio e più lui capirà che varrà la pena farmi firmare. E poi ho l’asso nella manica… Invece di andare in giro a buttare soldi, per compare un attaccante nuovo, gli concedo la possibilità di tesserare mio figlio. Ha un centravanti giovane, con una carriera lunga davanti a sé. Ed io non devo mollare né la casa, né tantomeno Napoli”.

Il Napoli più forte in cui Mertens ha giocato

“Quella del secondo anno di Sarri, quella che andò vicinissima allo scudetto, ché se fai 91 punti ti tocca quasi per diritto”.

Il Napoli di oggi

“Abbiamo buttato via troppi punti e ci sono stati tolti tanti giocatori, nei momenti-chiave. Se il secondo Napoli di Sarri è stata la squadra più bella, questa lascia dentro di sé tante domande: dove saremmo se Covid, infortuni e Coppa d’Africa non ci avessero sottratto tutti quei compagni?”

Il gol più bello

“Devo mettere al sicuro il mio record e quindi se De Laurentiis vuole e me lo consente, mi piacerebbe arrivare a 250. Però posso dire che la prima rete, quella a Firenze, il duetto con il Pipita, ha un posto particolare. Giocavo poco, in quei momenti, o io o Insigne, e dopo aver segnato andai ad abbracciare Colombo, il nostro terzo portiere, che tempestavo di tiri in allenamento. Lui mi teneva su: aspetta e vedrai. Ebbe ragione lui”.

Cosa farà Mertens dopo aver smesso

“Viaggiare tanto e poi impegnarmi con i giovani calciatori. Ho letto che sei su dieci, quando lasciano, si accorgono di aver dilapidato la loro ricchezza e parecchi si ritrovano in difficoltà. Io ho avuto una famiglia che mi ha illuminato e una moglie che ha condiviso con me il processo di crescita. Non posso pensare che si buttino via così i propri sacrifici. Non sarei un manager, chiariamolo, ma mi vorrei inventare una figura nuova, fedele e rassicurante, che sappia consigliarti e garantire un gioioso distacco dalla carriera”