Nato il 27 settembre 1976, a Roma, Francesco Totti ha legato la sua intera carriera ad una maglia e ad una città, quella, appunto, della Roma. In giallorosso arriva da ragazzino, nel 1989, e a neanche 13 anni faceva già parlare molto di sé. L’anno prima, il Milan provò a portarlo in rossonero, e il suo passaggio alla Roma l’anno successivo è tutt’altro che semplice. La Lodigiani, che ne deteneva il cartellino, l’aveva venduto alla Lazio. Quando sembrava tutto fatto un blitz dei giallorossi convince la famiglia del giovane Totti a fare dietrofront.

Sarà l’inizio di una storia bellissima. Iniziata con l’esordio ufficiale in Serie A, il 28 marzo 1993, nei minuti finali di un Brescia-Roma. A farlo alzare dalla panchina, e gettarlo nella mischia, ad appena 16 anni, è Vujadin Boskov, certo non un allenatore qualunque. Il debutto da titolare, però, arriva solo l’anno successivo, quando a guidare la Roma c’è Carlo Mazzone. Il 15 dicembre 1993, in Coppa Italia contro la Sampdoria, partita che la Roma vince, uscendo però ai rigori. Curiosamente, anche la prima di Totti in Serie A da titolare è contro i blucerchiati, il 27 febbraio 1994 all’Olimpico.

La prima rete in maglia giallorossa arriva nella stagione successiva, il 4 settembre 1994, contro il Foggia. L’anno successivo, con il 20 sulle spalle, conquista definitivamente una maglia da titolare, giocando da fantasista dietro a Balbo e Fonseca. Finirà con 28 presenze e 2 reti, mentre la Roma chiude al quinto posto in campionato.
Sono i primi passi di una storia infinita, o quasi, che faranno di Francesco Totti il capitano più amato, vincente e longevo della storia romanista. La fascia la riceve nell’ottobre 1998 direttamente da Aldair, per lasciarla solo al momento del suo ritiro dal calcio giocato, nel 2017. Con Zeman in panchina, nonostante il 10 sulle spalle, si scopre anche uomo-gol, oltre che rifinitore: ne segna 13 nella stagione 1997/98 e 12 in quella successiva. Il consenso intorno al Pupone, soprannome che non amerà mai particolarmente, si fa unanime, e per lui si aprono le porte della Nazionale.

La Roma di Franco Sensi, intanto, è decisa a sfidare le grandi del Nord e la Lazio, puntando al terzo scudetto. Che arriva nel 2001, con i giallorossi guidati da Fabio Capello e presi per mano dal loro carismatico capitano, alla testa di un trio offensivo di caratura mondiale insieme a Batistuta e Montella. In quello stesso anno, Totti arriva quinto nella classifica finale del Pallone d’Oro. È, a tutti gli effetti, uno dei migliori calciatori in circolazione a livello internazionale.

Da lì in poi sarà una carriera sempre, o quasi, ad altissimo livello, anche se con la Roma non riuscirà più a ripetersi in vetta al campionato, sfiorando lo Scudetto in diverse occasioni negli anni successivi. Alla fine, porta in bacheca anche due Supercoppe Italiane e due Coppe Italia, oltre ad una serie impressionante di record personali.
In Serie A è il calciatore ad aver segnato più gol con la stessa maglia: 250. Quello che ha segnato più doppiette: 46. Più calci di rigore: 71. Unico ad aver segnato per ben 23 stagioni consecutive. Unico giocatore ad essere andato in doppia cifra per 13 stagioni con la stesa maglia. Ed unico, insieme a Paolo Maldini, ad aver giocato 25 stagioni con la stessa squadra. Con la Roma come seconda pelle è anche recordman assoluto di presenze (786) e gol (307).

Sotto alla maglia giallorossa, ovviamente, Totti indossa quella della Nazionale, con cui ha avuto un rapporto assai altalenante. È stato tra i protagonisti del vittorioso Mondiale di Germania nel 2006, cui arrivava dopo un lungo infortunio. Segna su rigore la rete che ha permesso all’Italia di superare l’Australia negli ottavi di finale, ed è tra i titolari della finale contro la Francia.
In Azzurro però metterà a segno appena 9 reti in totale, in 58 presenze. Come numero 10, la competizione è stata sempre serrata, prima con Baggio, poi con Del Piero. Agli europei di Portogallo del 2004 finisce al centro delle critiche dopo uno sputo al danese Poulsen. Ai Mondiali di Giappone e Corea del 2002 si fa espellere nella gara degli ottavi di finale contro la Corea del Sud dal famigerato arbitro Moreno. Nulla, però, che possa scalfire una carriera straordinaria, dedicata in toto alla sua Roma, di cui è e resterà simbolo a volte persino più grande del club.