Nati oggi: Vittorio Pozzo, il ct dei primi due Mondiali azzurri

Vittorio Pozzo alla guida della Nazionale

(Immagine utilizzabile in Italia)

Il 2 marzo 1886, a Torino, nasce Vittorio Pozzo, l’allenatore che ha guidato l’Italia ai suoi primi due Mondiali. Dopo gli studi, gioca a calcio in Svizzera e Inghilterra, prima di tornare a casa e contribuire alla fondazione del Torino. Terminati gli studi, diventa dirigente della Pirelli, e nel 1911 abbandona l’attività agonistica, ma non il calcio. Nel 1912 guida per la prima volta la Nazionale Italiana, in occasione delle Olimpiadi di Stoccolma. Una parentesi brevissima, durata giusto il tempo della sconfitta contro la Finlandia, dopo la quale la Nazionale torna in mano alla commissione tecnica. Vittorio Pozzo tornerà sulla panchina azzurra una prima volta nel 1924, di nuovo per le Olimpiadi, di scena a Parigi. L’Italia esce ai quarti di finale, eliminata dalla Svizzera, e Pozzo torna al suo lavoro e alla sua famiglia.

Poco tempo dopo, perde sua moglie, e si trasferisce a Milano. Nel 1929, il potente presidente della Figc, il gerarca fascista Leandro Arpinati, gli affida nuovamente la guida della Nazionale. Le cose, nel frattempo, sono cambiate: le squadre italiane hanno fatto notevoli passi avanti in termini di tattica, e Vittorio Pozzo replica gli schemi della Juve di Carlo Carcano anche all’Italia. Così, inizia il ciclo più vincente della storia del calcio azzurro e non solo. La Nazionale azzurra vince due mondiali consecutivi, quello del 1934, giocato in casa e battendo in finale la Cecoslovacchia, e quello del 1938, ospitato dalla Francia, superando l’Ungheria.

La storia del calcio italiano, in Vittorio Pozzo, ha una pietra miliare e un punto di riferimento. Ma anche una figura sfaccettata, troppo spesso raccontata, superficialmente, come un uomo del regime. In effetti, è stato prima di tutto un uomo del suo tempo, ligio al dovere, austero e ben lontano dalla politica di palazzo e dal potere. Di lui, scrive lo scrittore e giornalista Gianpaolo Ormezzano nel 1989, in “Il calcio: una storia mondiale”: “Vittorio Pozzo era riuscito a gestire la nazionale, che pure il regime voleva usare come strumento di propaganda, tenendola abbastanza lontano dalle pressioni e dalle tresche dei gerarchi. […] Pozzo non fu antifascista, né mai pretese di esserlo, ma non fu nemmeno banditore troppo strumentalizzato da parte del potere. […] Forse quello fu l’unico modo per evitare che la sua squadra diventasse la Nazionale di Mussolini”.