Oh capitano, mio capitano (per una sera)

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Quella tra Federico Chiesa e la Fiorentina, o meglio, tra i tifosi della Fiorentina e Federico Chiesa, è una storia destinata a finire male. Comunque vada a finire. Questi ultimi giorni di calciomercato, probabilmente, sono quelli in cui lascerà la squadra che l’ha cresciuto, e la città che lo ha coccolato ed amato per anni. Destinazione Torino, sponda Juventus, strada già percorsa da tanti prima di lui. Il più clamoroso è senza dubbio il caso di Roberto Baggio, che nell’anno dei Mondiali di Italia 90 fu ceduto dai Viola proprio alla Vecchia Signora. L’ultimo, in ordine di tempo, a lasciare Firenze e cercare fortuna sotto la Mole, è stato Federico Bernardeschi, ex compagno di squadra ed omonimo di Chiesa, senza grossa fortuna.

FLORENCE, ITALY – SEPTEMBER 12: Federico Chiesa of (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Quello che brucia, e che suona come una beffa, è la fascia da capitano che Chiesa portava al braccio ieri sera, nella sconfitta casalinga del Franchi contro la Sampdoria. Una partita che condensa una carriera, per quanto ancora gli albori. Neanche Chiesa è riuscito a salvare questa Fiorentina, ed il palo, colto a pochi secondi dalla fine, è emblematico. Così come lo è la fascia che portava: quella della Lega Serie A, non quella storica del capitano Astori, con la scritta “DA 13”, il giglio fiorentino e gli stemmi dei quattro quartieri della città. Quella, i tifosi della Fiorentina, hanno caldamente consigliato di lasciarla stare.

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Vero che nel calcio ormai vale tutto, e che le bandiere non esistono più da decenni, al netto di qualche eccezione. L’ambizione, la voglia di far carriera, più che legittima nel mondo del professionismo, spinge anche chi nel vivaio della squadra del cuore è entrato che era bambino, a guardarsi intorno. E a puntare a vincere ed a monetizzare il proprio talento. Non fa eccezione Federico Chiesa, e per questo non va certo giudicato. Però, il tifoso, al di là della retorica, ha le sue buone ragioni: se non ci fosse il tifoso non ci sarebbe il calcio. Un’ovvietà, certo, ma mai veritiera come oggi, perché nel calcio degli stadi vuoti, che si regge esclusivamente sui diritti televisivi, la passione è ancora il motore di tutto.

Ed è quella passione che i tifosi della Fiorentina, per Federico Chiesa, hanno smesso di nutrire già da un po’. Del resto, l’esterno già un anno fa avrebbe fatto carte false pur di lasciare Firenze. Il presidente Rocco Commisso, però, appena sbarcato nella culla del Rinascimento, ne fece una questione di orgoglio: vendere il miglior giocatore della rosa sarebbe stato un pessimo biglietto da visita. I malumori, i mal di pancia e le ambizioni, però, in questo anno sono rimasti gli stessi. E l’unica squadra in grado di puntarci davvero, seppure con un pagamento, a quanto sembra, dilazionato in due anni, è proprio la Juventus.

Sarà il punto esclamativo al primo mercato dell’era Pirlo, che nelle intenzioni del tecnico andrà ad occupare il posto di Douglas Costa. L’esterno alto brasiliano non dà garanzie, troppo fragile fisicamente, e chissà che non trovi, nelle ultime ore del mercato, una collocazione diversa da Torino. Capire l’impatto che Federico Chiesa avrà in questa Juventus, è difficile. Davanti, Cristiano Ronaldo e Dybala sono intoccabili, Kulusewski sembra già aver conquistato la fiducia del Maestro. E Chiesa? Vincolato ad un ruolo ben preciso, di esterno destro, può giocare come terzo nel tridente offensivo o come quinto di un centrocampo a cinque. Solo Pirlo ha la chiave.

E i tifosi Viola? Lo rimpiangeranno molto meno di altri campioni passati da Firenze. E non per una mancanza di empatia, ma più per qualcosa che spesso vengono accusati di non avere: la razionalità. Chi non ci ama non ci merita: questo, alla fine, è il senso dell’addio della piazza fiorentina al loro capitano di una sera. Senza troppi rimpianti, e con al speranza e la consapevolezza che, con quei 60 milioni di euro, si può ricostruire un attacco all’altezza dei sogni europei della città.