Parte il countdown, non è stata (solo) la Mano di Dio

A +18 su chi sta dietro e a 12 giornate dalla fine, si può anche dire addio alla scaramanzia. Nessuna profanazione, nessun incartamento divinatorio. Solo cooperazione. Khvicha Kvaratskhelia e Victor Osimhen hanno preso parte a 43 degli 84 gol segnati dal Napoli in questa stagione in tutte le competizioni: il 51% del totale, secondo i dati Opta.

Parte il countdown, non è stata (solo) la Mano di Dio

Il Napoli di Luciano Spalletti è una squadra completa, forte e, soprattutto, sempre più consapevole dei propri punti di forza. Il georgiano e il nigeriano hanno costruito il 64% dei gol azzurri, tra reti personali e assist. Il resto lo fa il collettivo di Spalletti, un mix che è quasi un manifesto programmatico tra collettivo e individualità. C’è gloria anche per Pierluigi Gollini. Cinque minuti prima del calcio d’inizio, Spalletti perde Meret per un dolore al polso. Gioca l’ex atalantino appunto. Che di fatto, contro la squadra orobica non tocca palla per più di un’ora. Poi viene chiamato in causa e compie due parate importanti. Nel Napoli tutto funziona e tutti si fanno trovare pronti quando sono chiamati in causa. È un collettivo che Spalletti ha sincronizzato con precisione svizzera.

Nei duecento giorni che vanno dal debutto estivo di Verona alla sconfitta con la Lazio, il Napoli non ha mai seriamente vissuto un vero appannamento, né apparente e né passeggero, s’è spinto oltre limiti umani, con disinvoltura ha separato se stesso da qualsiasi altro pretendente al trono: è una squadra paziente e feroce, che non lascia scampo con la sua intensità, e ha due fuoriclasse là davanti. Un freak atletico, Victor Osimhen “il mascherato”, che grazie alle sue capacità fisiche e dinamiche è in grado di piegare le difese avversarie che si trovano costrette a fare i conti con la sua velocità e i suoi continui attacchi alla profondità e che la piazza se lo gode dedicandogli uova pasquali, pizze, torte, cappuccini. E il magico Kvara, distributore georgiano di sogni, che sembra Diego anche se è giusto mantenersi sull’unicità delle epoche, delle individualità, delle responsabilità. Se gli azzurri dovessero mantenere almeno 16 lunghezze di distanza sul secondo posto, potrebbero dunque festeggiare la vittoria del campionato con cinque giornate d’anticipo, l’endgame più giusto di questo universo narrativo che parte (come sempre) dalla Mano de Dio(s).