Roberto Mancini, il ct Azzurro fuori dal campo di calcio

Roberto Mancini

foto Daniele Buffa/Image

Intervistare il commissario tecnico degli Azzurri, Roberto Mancini, senza parlare di calcio. Sfida quasi impossibile, raccolta da “Sportweek“, l’inserto del sabato della Gazzetta dello Sport. Il risultato, è un ritratto ricco di sfumature, di un uomo, prima ancora che di un calciatore o di un allenatore, con i suoi punti di riferimento e le sue passioni, anche lontane dal calcio. Tra pregi – su tutti “l’onestà” – e difetti – come “la troppa sensibilità in certe situazioni”. E se il primo ricordo, inevitabilmente, è “un pallone di cuoio”, l’ultima gioia è “la laurea di mia figlia Camilla”.

Un uomo, come detto, con le sue fragilità e i suoi dolori:Vedere morire troppe persone al mondo, tutti i giorni, e non solo ora per la pandemia. Sapere che ancora oggi, nel 2021, i bambini in Africa muoiono di fame: questo mi addolora davvero tanto”. Ma anche con le sue passioni, a partire dalla lettura, con l’ultimo libro letto che, inevitabilmente, è “e La bella stagione, che è appena uscito, dove con Gianluca (Vialli) raccontiamo la nostra storia più bella, lo scudetto con la Samp 1991.Eavevo appena letto, Soli al comando di Bruno Vespa“.

E se nel mondo dello sport l’idolo è “Michael Jordan, nel mondo è Papa Woijtyla“. Sì, perché Roberto Mancini è “cattolico, sono cresciuto in una parrocchia, all’oratorio San Sebastiano e sono anche cresciuto bene“. Abbastanza da riconoscere il giusto valore alla libertà, di fare ed essere ciò che si vuole, in ogni ambito, a partire dalla sessualità: “L’omosessualità è come l’eterosessualità. Io sono per la libertà, in tutte le cose della vita. Ho vissuto molto male quest’ultimo anno di limitazioni, malissimo. E oggi penso, ancor più di quanto già pensassi, che le persone debbano essere libere, sempre. Non ho nessun
tipo di problema“.

E poi il rapporto e le paure per i figli, la riconoscenza per gli insegnamenti dei genitori e per la fortuna avuta nella vita. Con un solo rimpianto, tornando per un attimo sul prato verde: “il rifiuto di andare ai Mondiali del ’94”… Ma anche un sogno: “L’Italia che batte il Brasile 1-0. Ma non so dove fossimo. Non può essere l’Europeo…”. Chissà che non fosse un sogno premonitore, con vista sui Mondiali del Qatar, prossimo grande obiettivo di Roberto Mancini, timoniere di un’Italia che fa sognare come non accadeva da anni.