(Photo by MIGUEL MEDINA / AFP) (Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Ha suonato le sue prime note a Crotone l’ottava di Serie A. In Calabria dove la Lazio ha superato i padroni di casa con una facilità da sgambata, nonostante un diluvio che avrebbe complicato qualsiasi picnic. Non c’è stata storia, non c’è stata partita. Ragazzi d’Inzaghi in dominio dal primo all’ultimo minuto, guidati da un Immobile desideroso di riprendersi le copertine per meriti e non per polemiche e da un Correa che se inizia a fare anche gol diventa un giocatore di valore assoluto. Restano sul fondo gli uomini di Stroppa, ne sono incollati per manifesta inferiorità. Ancora una volta ci provano, sembrano mettere tutto ciò a loro disposizione, ma è un tutto che è poco e che non basta. Il Crotone resta il peggior attacco del campionato e mostra limiti difensivi da arrossire.

Non arrossisce mai lo Spezia, qualunque sia l’avversario che si trova davanti. I liguri galleggiano, infatti, a metà classifica e conquistano punti nonostante abbiano già incontrato Atalanta, Juve, Milan e Sassuolo. La squadra d’Italiano ha personalità, coraggio, gioca un calcio concreto. Non è un caso che l’Atalanta all’Orogel Stadium non riesca a strappare più di un pareggio. I nerazzurri commettono un altro mezzo passo falso, come falsa è la partenza degli uomini di Gasperini: senza intensità si dimostrano ancora una volta una squadra più che normale, sono prevedibili, facili da disinnescare. È il prezzo pagato per fare la grande in Champions, la speranza è che il gioco valga la candela.

Bello, efficace, pulito, coinvolgente e convincente, invece è stato il gioco mostrato dalla Juventus nell’anticipo serale dell’ottava di Serie A, che l’ha vista di scena con il Cagliari. Protagonista assoluto, naturalmente, il Re, Cristiano Ronaldo. Sembra che Pirlo sia stato bravo a convincerlo a giocare più da punta e in quella posizione, con lui, non si parte dall’uno a zero, ma dal due a zero. Bianconeri che ritrovano la vetta e la pace legittimata da una crescita, ora sì, evidente. Nessun punto per il Cagliari ma anche nessun rammarico, perché i rossoblù non hanno fatto da sparring partner, ci hanno provato sempre, ha convinto nell’atteggiamento: tornerà utile.

Utile dovrà, per forza di cose, tornare questa settimana di lavoro a Prandelli per mostrarci alla nona una Fiorentina migliore. La prima della domenica ha visto, infatti, la Viola cadere sotto i colpi del Benevento, e non è stato un bello spettacolo per l’ambiente. L’ha decisa Improta, che ha regalato ai suoi la terza vittoria in campionato dopo quattro KO di fila. È stato, tutto sommato, un successo giusto perché frutto di una prestazione di rilievo e soprattutto di una solidità difensiva e una compattezza raramente viste nel Sannio. Della Fiorentina colpisce la sterilità dell’attacco: manca un gol viola in Serie A da 309 minuti. Firenze, ad oggi, ci sembra un buco nero, come fosse sotto effetto di una maledizione.

Maledizione che di certo ha colpito il Verona. L’ottava di Serie A è stata anche la giornata della partita delle sorprese, se ancora le possiamo chiamare tali. Verona contro Sassuolo. Ci aspettavamo tanti gol da una parte e dell’altra, sono arrivati solo quelli del Sassuolo, perché i legni (ben 4) hanno impedito quelli dei padroni di casa. Fatto sta che i neroverdi, imbattuti da otto gare (mai successo nella loro storia in A), sono ancora secondi in classifica e hanno tenuto stretto questo onore dando prova di grande maturità. L’intensità della squadra di Juric ha spezzato la manovra e il gioco degli ospiti, allora De Zerbi ha modellato l’approccio tattico alle esigenze della partita, quasi avesse una big tra le mani, e le statistiche sono dalla sua parte.

Da primi titoli di giornali anche la vittoria della Roma, netta, senza appelli. I giallorossi hanno dominato il Parma, dall’inizio alla fine, e lo hanno fatto divertendo, giocando in velocità e in profondità, muovendosi, dando ampiezza. Ciò che Fonseca vuole è un ordine e come tale è eseguito dai suoi. C’è totale armonia e non è mai scontato trovarla nella Capitale. Quando c’è stata, in passato, ha spesso portato a grandi cose. Cose alle quali questo gruppo sembra destinato, se pensiamo che mancano all’appello Dzeko, Smalling, Pellegrini e Zaniolo. Dall’altro lato i demeriti del Parma: disastroso. A fine primo tempo il mantra era già quello di non prendere imbarcate. La filosofia generale è primo non perdere, e non sta pagando. Un numero impietoso inchioda i gialloblù: hanno effettuato un solo tiro nei minuti di gara, è un record negativo per i ducali in Serie A da quando Opta raccoglie questo tipo di dato (nel 2004/05).

Record negativo e storico di cui si macchia l’altra squadra emiliana: il Bologna. I ragazzi di Sinisa vincono a Marassi contro la Samp, 2 a 1, ma si ricorderanno di questa ottava giornata di Serie A, anche per la 41esima partita di fila in cui hanno subito gol: nei maggiori campionati europei ha fatto cosi male il Gimnastic de Tarragona nel 1950 e peggio solo il Bordeaux nel 1960. È stato, però, un incontro rocambolesco ed entusiasmante. Hanno trovato il vantaggio i blucerchiati poi si sono sciolti e questo ha fatto imbestialire Ranieri, cultore dell’equilibrio. Ne hanno approfittato gli ospiti. La metà classifica sa restituire emozioni.

Emozioni che non sono mancate a San Siro, dove i nerazzurri hanno suonato l’ottava a ritmo di “Pazza Inter”. Abbiamo goduto di un 4 a 2 pirotecnico. Meglio il Torino per tutto il primo tempo, autore per lunghi tratti della migliore prestazione del suo campionato. Una prova, quella dei granata, per un’ora di un’intensità elevatissima, peccato sia bastata un pizzico di Inter per ribaltare il finale. Quando i padroni di casa sono entrati in partita e hanno ritrovato l’orgoglio non è bastata la generosità e la voglia del Toro. La rimonta era nell’aria. Resta un partita che deve far riflettere Conte, perché i suoi, come ha detto giustamente Lukaku, non si comportano da grande squadra e il vanto di essere la squadra che ha recuperato più punti da situazione di svantaggio in questa Serie A non può bastare a chi vuole vincere. Serve un tavolo rotondo sulle intenzioni e un buon mix di carota e bastone.

Il primo posticipo dell’ottava di Serie A, invece, ha visto l’Udinese superare in casa il Genoa e trascinarsi fuori dalla zona retrocessione. La vittoria è stata il frutto di una partita noiosa, quasi c’era la sensazione che le due squadre non volessero farsi male perché già ferite. Tanti ribaltamenti di fronte e nessuno che affondava. L’artiglio che graffia è stato, però, quello di De Paul, giocatore differente, che ha deciso con un colpo dei suoi la gara. Non l’avesse fatto lui staremmo qui a parlare di un pari. Nessuna emozione, ma tre punti per Gotti e zero per Maran, il quale deve cominciare a fare i conti con la realtà. In tre delle ultime quattro stagioni (inclusa quella in corso) il Genoa ha collezionato esattamente cinque punti dopo le prime otto partite giocate in campionato. A tirare troppo la corda prima o poi si spezza.

Si è spezzato l’equilibrio al San Paolo, nell’ultima dell’ottava di Serie A, grazie a Zlatan Ibrahimovic: doppietta e prestazione da accentratore di meriti, sguardi e record. Un quarantenne, o quasi, che mette da solo in difficoltà quella che era la miglior di difesa del campionato non si vede tutti i giorni. Ma per Ibra il tempo sembra non passare mai: 10 gol nelle prime otto giornate, solo due giocatori nella storia del Milan hanno fatto almeno come lo svedese nelle prime 8, Van Basten 12 nel 1992/93 e Nordahl 10 nel 1950/51. Per il resto quella tra Napoli e Milan è stata una partita equilibrata, tra due squadre che relativamente si equivalgono. Ha prevalso quella più pragmatica, semplice e quadrata. Il Napoli ha gravi problemi di personalità, i rossoneri li hanno risolti con Zlatan. 

Lo svedese che suona e chiude con l’ottava.