Il Beitar Gerusalemme, club israeliano salito alle luci della ribalta per i cori razzisti inneggianti slogan come “morte agli arabi” dai suoi sostenitori accaniti, ha confermato con un comunicato ufficiale di essere in trattative avanzate per assicurarsi un “grande investimento” dagli Emirati Arabi Uniti, mentre le due nazioni suggellano una pace storica che muta il panorama delle relazioni internazionali in Medio Oriente.

Secondo Al Jazeera News, il presidente del Beitar, Moshe Hogeg, sarà nei prossimi giorni ad Abu Dhabi per portare avanti l’accordo. Dopo anni di legami discreti e sempre più stretti, infatti, gli Emirati Arabi Uniti hanno firmato solo poche ore fa un accordo con Israele a Washington D.C., alla presenza del Presidente Usa Donald Trump, per normalizzare le relazioni, diventando la terza nazione del Middle East a riconoscere formalmente lo stato a maggioranza ebraica: “Questa è un’opportunità per trasformare il Beitar Gerusalemme in un club dominante, potente in Israele e nel mondo, che fungerà da simbolo tangibile dei nuovi venti di pace che stanno soffiando in Medio Oriente”, si legge nella comunicazione del club che, con questa mossa, cerca di dare una svolta a favore dell’internazionalizzazione del suo main business.

Svolta fortemente voluta dal presidente Hogeg che, quando rilevò il Beitar nel 2018, dichiarò che la religione non avrebbe più rappresentato un criterio nella scelta dei giocatori, cercando poi di fermare i canti razzisti durante varie partite casalinghe. Ora, con questo nuovo accordo, il calcio rappresenterà sempre più una leva di soft power nella Regione.

Anche l’emittente pubblica israeliana Kan News ha riferito pochi giorni fa che un uomo d’affari di Abu Dhabi, Sulaiman Al Fahim, già portavoce dello sceicco del Manchester City Mansour bin Zayd Al Nahyan, sta considerando di investire nel Beitar che, per ora, sta cercando di focalizzarsi sul prossimo impegno di Ligat ha’AL contro il Kiryat Shmona. Covid permettendo, of course.