Calcio e Storia: le origini del calciomercato

Foto LaPresse - Vince Paolo Gerace - OneFootball

Il periodo più chiacchierato della stagione calcistica è senza dubbio quello delle trattative, dei contratti, degli accordi, delle “fumate”: il calciomercato. Nella storia, però, il calciomercato non è stato sempre così seguito. C’è stato un tempo in cui di calciomercato non si occupavano i giornali né le conversazioni dei tifosi.

Il calciomercato è quel temporaneo limbo in cui le rose delle squadre perdono e immettono petali, vengono innaffiate e portate a maturazione. Solitamente la finestra estiva è quella più gradita, tra un gelato e un bagno al mare; quella invernale, il cosiddetto mercato di riparazione, è meno affascinante, scalzata da panettoni e torroni.

Oggi i mezzi tecnologici hanno reso il calciomercato facile da studiare, seguire, condurre; in passato, però, era molto diverso. Già, perché tutto, anche il calciomercato, ha una storia.

Il pioniere: Archie Goodall

Le origini del calciomercato vero e proprio si attestano intorno agli anni Cinquanta, ma il primo trasferimento ufficiale di un calciatore da una squadra a un’altra si colloca mezzo secolo prima. Non poteva che essere l’Inghilterra, la patria del calcio, a fare da apripista.

Nel 1888 successe un fatto strano per l’epoca: Archie Goodall, centrocampista offensivo del Preston North End, passò all’Aston Villa. Era il 30 settembre 1888, poche settimane dopo l’inizio della prima stagione professionistica in assoluto della Football League – che fu anche il primo campionato professionistico di sempre -. La cifra di tale trattativa è ignota ancora oggi, ma quello fu il primo colpo di calciomercato della storia.

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La storia del calciomercato in Italia

Il calcio impiegherà ancora svariati anni prima di arrivare nella penisola dello stivale. Il calciomercato, dunque, non può che affermarsi solo a Novecento inoltrato.

La prima trattativa di calciomercato della storia italiana risale al 1913 con il passaggio di Attilio Fresia dall’Andrea Doria al Genoa per 400 lire. Fu un atto rivoluzionario per l’epoca, in quanto pose l’accento sul tema del professionismo in Italia, al tempo proibito. La Federazione propose addirittura la radiazione per la società, rea di aver infranto il dilettantismo con il pagamento per le prestazioni di un calciatore.

Qualche mese più tardi le stesse due squadre si resero protagoniste di un altro caso simile, più noto dell’altro per motivi di fama dei calciatori coinvolti. Aristodemo Santamaria ed Enrico Sardi fecero il medesimo percorso di Fresia per 1500 lire. I rossoblù vennero multati di mille lire e i due calciatori squalificati per un anno.

L’origine del calciomercato in Italia è, convenzionalmente, collocata in questi trasferimenti. Al tempo si trattava di “accordi tra gentiluomini“, senza passaggio di denaro da una società all’altra. Le trattative erano concepite come scambio di favori tra un presidente e l’altro, con la promessa che se, in futuro, si fosse verificata la situazione a parti invertite, l’atteggiamento accondiscendente sarebbe stato ricambiato. Ai calciatori, invece, era promesso un impiego fisso o la residenza in città. Sono, questi, i famosi “trasferimenti aziendali”.

Il medium con cui si portavano avanti le trattative era lo scambio epistolare. Una modalità di espressione ormai tramontata e lontana, ma al tempo era l’unica “tecnologia” in uso.

Il caso Rosetta

L’antefatto al professionismo è quello che nel 1923 passò alla storia come il caso Rosetta, difensore della fortissima Pro Vercelli. La società piemontese era in difficoltà economiche e invitò i suoi calciatori che non volessero giocare gratuitamente, cioè senza quei “rimborsi spese” che rendevano il dilettantismo spurio, a presentare lettera di dimissioni.

Tra i calciatori che raccolsero l’invito ci furono Gustavo Gay e Virginio Rosetta. Gay fu subito contattato dal Milan, che gli promise un lauto stipendio (naturalmente “mascherato”, come si usava all’epoca per non tradire il dilettantismo). Per essere trasferito, però, Gay doveva figurare nell’elenco degli svincolati della Pro Vercelli e doveva risultare residente a Milano, dal momento che a quel tempo i calciatori potevano militare solo nella città di residenza. L’accettazione delle dimissioni risolse il primo ostacolo; il secondo fu aggirato da un certificato di un’azienda di Milano che sanciva che Gay lavorava lì già da due anni.

La parte assurda di tutto questo è che quel certificato avrebbe potuto invalidare tutte le partite della Pro Vercelli con Gay in campo nelle precedenti due stagioni, ma alla fine il passaggio venne avallato dalla Lega Calcio Nord, che si occupava del campionato di calcio nelle regioni settentrionali.

A questo punto anche Rosetta chiese di poter essere inserito nella lista degli svincolati, essendo stato contattato dalla Juventus.  Il passaggio di Gay al Milan, tuttavia, provocò furiose reazioni della tifoseria vercellese e il Presidente della Pro Vercelli, Bozino, inoltrò ricorso alla FIGC per invalidarlo; Bozino, però, era anche a capo della FIGC e, quindi, in palese conflitto d’interessi, si dimise.

Il caos era totale e la Lega Calcio Nord non autorizzò il passaggio di Rosetta alla Juve per non incappare in ulteriori proteste. La società bianconera, comunque, forte della precedente autorizzazione al Milan per Gay, iniziò a schierare in campo il difensore ex Pro Vercelli. La Lega Calcio Nord, però, stabilì la sconfitta a tavolino di quelle partite, così la Juve presentò ricorso alla FIGC e lo vinse, recuperando quelle vittorie date per sconfitte a tavolino.

Il professionismo

La svolta epocale nel nostro calcio, che sancisce la nascita del vero e proprio calciomercato, si intreccia fortemente con la storia del nostro Paese. È il 1926 e l’Italia si trova sotto il regime fascista. Viene firmata la Carta di Viareggio, che apre, di fatto, al professionismo. Il documento suddivide i calciatori in dilettanti e non-dilettanti, avallando in sostanza quei trasferimenti, ormai divenuti comuni, di “dilettantismo sporco”.

Introduce, poi, la possibilità di cambiare squadra in caso di “dissensi morali” con la società e di “messa fuori rosa”; in più. abolisce la limitazione di giocare solo nelle squadre della città di residenza. In sostanza vengono a cadere le costrizioni alla mobilità dei calciatori. La Carta stabilisce anche un veto: proibisce l’impiego di atleti stranieri nel campionato italiano.

Il calciomercato, allora, si apre agli oriundi: calciatori stranieri con origini italiane, spesso sudamericani. Vengono esaminati i registri anagrafici per scovare qualche campione con parenti italiani e i prezzi, di conseguenza, lievitano. Nasce la figura del mediatore, cioè colui che osserva i talenti altrove e li porta in Italia su rotte navali lunghe giorni.

Il campionato italiano si popola così di profili del calibro di Julio Libonatti, attaccante prima del Torino tra il 1925 e il 1934, poi del Genoa nella stagione 1935-36; Raimundo Mumo Orsi, ala della Juventus tra il 1928 e il 1935; Enrique El Indio Guaita, esterno d’attacco della Roma tra il 1933 e il 1935.

Raimondo Lanza di Trabia, Paolo Mazza, Gipo Viani

Nel secondo dopoguerra il blocco degli stranieri cade, in modo da rimpolpare le rose delle squadre rimaste senza i troppi calciatori non più tornati dal fronte. Il calciomercato diventa libero e assume i contorni di come lo intendiamo oggi. La figura a cui si fa risalire l’invenzione del calciomercato moderno è il principe Raimondo Lanza di Trabia, un nobile di Palermo che vuole lanciare la squadra rosanero nell’alto calcio. Personaggio stravagante, Lanza si reca spesso a Milano e rende l’Hotel Gallia il centro nevralgico di tutte le trattative. Aneddoti singolari raccontano che ricevesse allenatori e presidenti nella vasca da bagno della sua suite oppure in vestaglia o completamente svestito.

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La storia del calciomercato moderno inizia da qui. Accanto al principe di Palermo sono altri due a muovere le fila delle trattative di mezza Italia: Paolo Mazza, presidente della Spal, e Giuseppe Gipo Viani, del Milan. In questo contesto il calciomercato diventa fenomeno mediatico, di cui scrivono i giornali e parlano le persone.

Arrivano in questo periodo campioni della levatura di Gren, che nel Milan forma il trio Gre-No-Li con Nordahl e Liedholm; i due Hansen, John e Karl, che si distinguono nella Juve insieme a Præst; Nyers, che trova spazio nell’Inter per sette stagioni.

Nonostante questo momento della storia per l’Italia non fosse di prosperità, nel calciomercato i prezzi salgono vertiginosamente. Un trasferimento emblematico è quello di Jepsson, centravanti svedese portato in Italia dall’Atalanta di Tentorio nel 1951. La stagione successiva la sua destinazione è il Napoli del Presidente Achille Lauro, il quale paga 105 milioni di lire per averlo.

La comproprietà

A questi anni si deve anche l’introduzione della comproprietà nel caso di Dell’Angelo, centrocampista della Fiorentina conteso anche dal Prato. Non trovando accordo sulla cifra, il mediatore della trattativa, Giacchetti, suggerì alla società pratese di acquistare solo la metà del calciatore.
Il vincolo di comproprietà doveva essere risolto entro un anno tra le due squadre; in caso di mancato accordo si ricorreva all’offerta in busta chiusa.

Nelle buste chiuse si potevano trovare cifre esorbitanti, ma anche ridicolmente basse. Per non rischiare di trovarsi in rosa un calciatore indesiderato, infatti, le società riportavano offerte prossime allo zero. L’episodio che valse l’introduzione di una cifra minima è quello di Tumburus nel 1971. Difensore cresciuto nel Bologna, con cui conquistò lo scudetto nel ’64, era in quell’anno in comproprietà tra il Vicenza e il Rovereto. Il suo destino fu deciso alle buste con offerte al ribasso: il Vicenza offrì 175 lire, il Rovereto 25. Questo spinse la Lega a fissare l’offerta minima a 100mila lire. Oggi la comproprietà non esiste più, abolita nel 2014.

Nel corso dei decenni i costi dei calciatori sono cresciuti a dismisura. La cifra di 105 milioni di patron Lauro per Jepsson venne superata dieci anni dopo da Italo Allodi, DS dell’Inter, che nel 1961 sborsò 280 milioni di lire per Luis Suárez. La stampa, a questo punto, indice lo scudetto del Gallia, riconoscimento per chi mette a segno il colpo di calciomercato più grosso.

Il calciomercato attuale

La storia del calciomercato ripercorre tappe che ci portano fino all’odierna concezione delle trattative e di ciò che viene ritenuto “normale”, cioè che non impressiona più. Le lunghe ed estenuanti settimane di attesa per la conclusione di un affare ricalcano lo scambio epistolare con cui tutto è iniziato; i prezzi da capogiro sono una diretta – ed estrema – conseguenza del lievitare dei costi; la ripresa mediatica del fenomeno continua il focus che si è andato accendendo nel corso dei decenni.

Sono circostanze oggi considerate normalissime, ma sono frutto di un’evoluzione graduale del calcio e delle normative che lo inquadrano. Il calciomercato non può prescindere dalla storia che lo permea e dalle consuetudini dei suoi fruitori. Riscatti di 100mila lire oggi suonano ridicoli; personaggi stravaganti come il principe Lanza di Trabia oggi fanno sorridere. Il costume dell’epoca è distante anni luce da quello di oggi: il calcio e il calciomercato non ne sono che lo specchio.