Elliott e il Milan, binomio di interrogativi e arcane supposizioni

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13 aprile 2017. Da quel giorno il Milan non è stato più lo stesso. No, tale considerazione non riguarda il forte ridimensionamento sportivo, malauguratamente, sofferto dal club rossonero. Non riguarda neppure qualche ricorrenza illustre. Il 13 aprile 2017, Silvio Berlusconi, più precisamente la sua holding Fininvest S.p.A., dopo tre decenni alla guida dell’A.C. Milan, cedeva uno dei propri capolavori imprenditoriali alla Rossoneri Sport Investment Lux. Una società-veicolo appositamente costituita, al fine di acquisire e detenere il 99,93% (lo 0,07% appartiene all’Associazione piccoli azionisti dell’A.C. Milan S.p.A, ndr) dell’ex club più titolato al mondo. Dopo mesi di grotteschi dietrofront e slittamenti a suon di caparre, il 13 aprile del 2017, il Milan passa nelle mani di un misterioso broker cinese, noto come Yonghong Li, affiancato da un consulente di nome Han Li. L’operazione si può concludere, solo ed esclusivamente, grazie all’ingresso di Elliott Management Corporation, un potente fondo d’investimento statunitense che, coadiuvato dal partner londinese Blue Skye finanzia l’acquirente cinese prestandogli 303 milioni, con scadenza 18 mesi. Pena: la perdita del controllo del club appena acquistato. Da quel momento, la proprietà del Milan, diviene spunto per interrogativi e perplessità, nella morsa di figure mai viste prima, come lo stesso fondo Elliott.

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L’avvento di Elliott

Nei mesi a seguire, di avvenimenti “particolari”, ne avvengono a iosa. Il Milan viene escluso dalle competizioni Uefa. Oltre al forte deficit lasciato in eredità dalla precedente gestione, acuito dai pesanti investimenti sul mercato della nuova dirigenza, il pool del CFBC della Uefa pone un preoccupante quesito. La Camera Giudicante sostiene che il Milan non possa offrire la garanzia di “continuità aziendale”, vale a dire, non c’è certezza che la proprietà in capo ai rossoneri possa adempiere ai propri doveri finanziari. La Uefa decide pertanto di sanzionare il Milan.

Si apre una profonda crepa negli equilibri del Milan. Così profonda da riaprire il casting degli acquirenti, tra cui figura anche l’attuale proprietario della Fiorentina Rocco Commisso. Le indiscrezioni sostenevano che Elliott, al tempo creditore di Yonghong Li, non avesse alcun’intenzione di discostarsi dal suo core business di fondo speculativo, gestendo un club calcistico. Nel luglio 2018, a seguito di un mancato rimborso di 32 milioni di euro, richiesto da Yonghong Li a Elliott per coprire un aumento di capitale a favore del Milan, il fondo americano sbaraglia la concorrenza ottenendo l’escussione del pegno sulla Rossoneri Sport Investment Lux, fugando gli interrogativi sul futuro del Milan. Dunque, Elliott diventa il nuovo proprietario dell’A.C. Milan. Yonghong Li sparisce dalla scena e, entra nelle mire della Procura di Milano, nonché del Corriere della Sera che apre un’inchiesta su di lui.

Nuovo proprietario, vecchi interrogativi
Imago – (Photo by Spada/LaPresse)

Elliott applica celermente i cambiamenti di rito nell’organo controllante del Milan. Paolo Scaroni, da membro del CdA, diviene presidente del club e AD ad interim, in attesa che si insedi Ivan Gazidis come CEO. Il dirigente sudafricano, in arrivo dall’Arsenal, è una specifica richiesta del fondo americano, più precisamente dell’uomo che, secondo i rumours, porta la parte passionale verso il Milan: Gordon Singer (in foto), figlio del proprietario del fondo Elliott Paul Singer. Il Milan sembra aver riconquistato quell’aristocrazia manageriale, nonché gli equilibri necessari ma, i soggetti che aprono nuovi interrogativi non mancano.

Dopo una lunga fase, contraddistinta dai dubbi inerenti all’organigramma e le nozioni legate al valore del progetto di rinascita rossonera, l’inchiesta di Report, nonché la posizione primeggiante assunta da Scaroni nella questione del nuovo stadio, hanno riaperto dubbi e fantasmagoriche ricostruzioni sulla proprietà in capo all’A.C. Milan. In attesa del servizio di Report che, andrà in onda domani sera, non sono mancate le prime azzardate conclusioni sulla macchina di controllo, che ha reso il Milan uno dei pochi club senza debiti finanziari. Senza entrare nel merito del servizio, ancora non noto, da parte della redazione di Report, è opportuno fare alcune fondamentali precisazioni.

Chi gestisce i fondi e chi li immette

Innanzitutto, vanno distinti coloro che gestiscono gli investimenti e coloro che li apportano. Alcuni mezzi d’informazione, un po’ per aumentare la ridondanza, un po’ per tirare ad indovinare, hanno individuato in Salvatore Cerchione e Gianluca D’Avanzo i veri proprietari del Milan. Errato. Questa azzardata convinzione, nasce probabilmente dall’analisi dei documenti in cui vengono indicati i diritti di voto relativi. Con la “presa del potere” di Elliott, la controllante Rossoneri Lux sopracitata, è passata sotto il controllo di un altro veicolo: la ProjectRedBlack che, contrariamente a quanto riportato da alcuni, non è nata di recente ma, fu costituita già nel 2017 dalla Blue Skye, per veicolare i prestiti alla holding di Yonghong Li.

Dai documenti pubblici, emerge che la proprietà del Milan è così distribuita: 95% facente capo ad Elliott e il 5% alla Blue Skye. Eppure ciò che acuisce i dubbi riguarda, come anticipato, dai diritti di voto. Infatti, essi sono distribuiti equamente (50-50) tra Elliott e Blue Skye, dei noti Cerchione e D’Avanzo. Non si tratta di una novità, sia per quanto riguarda il modus operandi di Elliott, sia per ciò che concerne il normale flusso di capitali dei fondi d’investimento. Infatti, siamo dinanzi ad una joint venture in cui Blue Skye propone un investimento ad Elliott, poi Elliott apporta i capitali.

Una situazione analoga, si è verificata relativamente all’operazione con cui Blue Skye ed Elliott si sono resi protagonisti dell’acquisto dell’hotel Bauer a Venezia. Dove seppure il veicolo costituito (Project Venice) fosse controllato al 51% da Blue Skye e al 49% da Elliott, dai bilanci di Blue Skye Financial Partners del 2017, si è potuto apprendere che il 95% dei fondi, pari a 81,4 milioni di euro fossero stati immessi da Elliott nella Project Venice, contro i 4,27 della Blue Skye.

Se qualcuno avesse già mal di testa, si può semplicemente riassumere che nozioni di questo genere, rappresentano l’essenza dell’attività dei fondi finanziari d’investimento. Limitarsi a dire che Cerchione e D’Avanzo siano i veri proprietari del Milan è un’inesattezza grossolana. Si può affermare che Cerchione e d’Avanzo siano coloro che coadiuvano Elliott e amministrano i flussi di capitali immessi nel Milan da Elliott, il proprietario a tutti gli effetti. In parole povere, Elliott trova il grano, lo gira e Cerchione e D’Avanzo, i due lo girano al Milan, senza troppi interrogativi.

Le vere domande da porsi

I soldi immessi nel Milan sono tutti di Elliott? 

Probabilmente no, ma è impossibile dire altro. Elliott è un fondo d’investimento, non una società manifatturiera, pertanto la sua stessa attività si fonda sulla gestione di capitali ed investimenti proficui. I fondi amministrati da Elliott e Blue Skye rispondono a soci che non sono noti e difficilmente lo saranno. Inoltre, è opportuno sottolineare come i soci possano essere anche centinaia e Elliott e Blue Skye siano coloro che li veicolano nel Milan. Ciò è la base dell’attività di fondi che si occupano di Private Equity, non solo Elliott. Non solo Blue Skye.

La stessa Project Red Black, sopracitata, oltre a Blue Skye, è detenuta da Elliott tramite due società del Delaware note come King George Investment LLC e Genio Investment LLC. Lo stesso Delaware dove risultano investimenti di Arnault, che insieme alle congetture su Braida e Allegri hanno alimentato per mesi, le voci ancora non spente di un ingresso nel Milan. Un meccanismo complesso e articolato a dismisura che rende impossibile l’individuazione esatta della sorgente dei fondi d’investimento, Elliott come qualsiasi altro al mondo, senza necessità di aprire strani interrogativi sui fondi immessi nel Milan.

Perché si parla di riciclaggio? 

Quando non si può identificare con precisione la sorgente centrale dei capitali, le ipotesi sono tante, tra cui quella del riciclaggio. Nascondere una fonte può avere fini illeciti, come l’evasione dei regimi fiscali così come l’occultamento di fondi che non provengono da attività legali. Tuttavia, è praticamente impossibile porsi certi tipi di sospetti su Elliott. Fondo che da anni lavora in realtà note e in colossi industriali come Tim e Ansaldo. Un fondo con una reputazione a livelli eccelsi, che noi abbiamo conosciuto solo grazie al Milan, differentemente da altri paesi, Stati Uniti su tutti. I dubbi dovrebbero più essere indirizzati verso la figura di Yonghong Li. Da dove venivano quei fondi con cui ha versato le prime caparre a Berlusconi? (250 milioni di euro, ndr) Perchè ha trovato 250 milioni e non 32 per un aumento di capitale perdendo il Milan?

Ecco. Questi sono interrogativi sui cui un po’ di chiarezza non guasterebbe, scindendo dall’attività di Elliott che, purtroppo, mette in luce l’impreparazione generale italiana sulle attività dei fondi d’investimento, aprendo ad interrogativi sul Milan che non trovano riscontro.